Magazine Diario personale
La storia di Rina prende il via in tempi lontani e meditabondi, tempi durante i quali la gente buona e quella cattiva parevano avere molte più cose comuni. Rina nacque in una famiglia nobile ma decadenza, una famiglia che conosceva i fasti della ricchezza solo per sentito dire, eppure, donna Gilda, la mamma di Rina, non rinunciava a vestito buono e servitù, come se fosse la cosa più naturale al mondo, e se lo potesse permettere. Rina crebbe bella come il peccato che sua madre non confessava [essersi unità ad uno stalliere per pura cupidigia dei sensi] e forte [come il toro che aveva visto la scena ma si era ben guardato dallo spifferare.]Con una sordomuta per amica, Rina non disdegnò mai il silenzio, e per molto tempo scordò di poter parlare, dato che in famiglia nessuno mai le rivolgeva la parola, ne la servitù irosa per i mancati pagamenti e tantomeno non la famiglia, che non si capacitava di questa bella figliola mai indolente e sempre in moto. Un bel giorno, passate diciassette primavere da quell'impeto nella stalla, giunse nel paese un forestiero di passaggio, scampato [o scappato?] dalla guerra in corso, che si premunì di capire come raccimolare il denaro bastevole a rientrare nel suo regno, non più da soldato di ventura, ma da ricco qualcosa.Cadeva quell'oggi, il giorno di Ognisanti, ed il soldato pensò di pararsi innanzi alla casa che la madre di Gina aveva portato in dote sposando, ahi lei, quel beone snaturato del Signore di Lombrico, con la certezza, quello, fosse il luogo adatto per chiedere udienza senza essere scacciato. Il Signore della magione era chissà dove [alla locanda della Bellodonna della contea vicina] e donna Gilda in visita da parenti [del nuovo stalliere, a considerare la prestanza dei fratelli minori dell' amante che fu], così venne fatta chiamare Rina, che ormai vantava un'età ragguardevole per esser detta padrona di casa. Rina veniva dalle campagne, dove aveva aiutato le serve a raccogliere mele e carote, era sporca di terra e con una cuffia logora, eppure il Soldato avrebbe giurato per tutta la vita di non aver visto angolo di paradiso più illuminato del di lei sguardo.Era usanza al paese non cacciare un servitore della patria a prescindere dall'aspetto mostrato, tanto meno era disponibile a farlo la Rina mentre osservava rapita ed emozionata quel uomo scarnificato dal sacrificio, che aspettava davanti alla soglia. Rina fece il suo compito di ospite, accomodando il soldato, ed implorando la vecchia cuoca di frazionare ulteriormente la zuppa di cipolle, ella lo fece, divertita da quella civetta infante che la pregava con occhi di stelle. Il soldato chiese al Dio che aveva difeso con coraggio ed eruenza, di far si che le ginocchia reggessero il peso di un'anima che vola.La zuppa di cipolle freddò nelle ciotole consunte, mentre i due giovani parlavano d'amore senza sosta e ragione. "Io non ho nulla da offrire." disse lui con vergogna."Ed io nulla da portare con me." ammise lei desolata. Si trovarono d'accordo anche nella miseria comune: erano giovani e in salute, avrebbero lottato per portare in tavola sempre un piatto caldo, e per guadagnarsi un lembo fruttuoso di terra da coltivare.
In quattro e quattr'otto era esploso il gioco del sentimento, uno sfarzo di emozione che balenava nell'aria, degno di Stilnovo e sonetti shakeasperiani. Rina attese di chiedere il consenso alla madre, la quale si oppose solo il tempo necessario per non essere detta degenere, poi finse una benevolenza che non le apparteneva, carezzò la figlia e le regalò una spilla di perle buona per i robivecchi, oltre alla sua benedizione. Folli di gioia i due giovani partirono alla ricerca di un prete che volesse maritarli così com'erano: poveri, soli e colmi di speranza ed amore. Ebbero fortuna, nel mezzo dei festeggiamenti per qualsiasi uomo e donna meritevole il Signore avesse chiamato a sè nei secoli dei secoli, trovarono un vecchio santone rinnegato dal clero, ma ancora capaci di dichiarare marito e moglie, e fu così che lo divennero. E' una di quelle storie che finiscono con il "...e vissero per sempre felici e contenti", senza altre spiegazioni, che non sono quelle che si va cercando qui.
Qui ci si lascia ispirare dalla folle felicità altrui, quella pregna d'amore e senza paura, quella che non racconta di draghi e spade, ma di un focolare e di un bacio.
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