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Riot Act

Creato il 09 agosto 2011 da Lacocchi @laCocchi
Vi dirò, che l'altra mattina quando mi sono alzata pensavo a tutt'altro rispetto a quello che stava succedendo nella città in cui vivo da un anno. In questa città che mi ha dato mille idee e possibilità. Che sa essere cattiva e dolce allo stesso tempo. Che sa farti sentire sola e un secondo dopo non più. Che sa farti sorridere e incazzarti.
La città in cui ho scelto di vivere perché mi fa essere viva.
Non avevo capito la gravità della situazione. Non avevo capito quanto era latente questa battaglia.
Avevo un po' di postumi quando mi sono svegliata domenica mattina. Mi sono dimenticata di guardare il sito della BBC.
E di certo non pensavo che nella notte si fosse scatenato quello che si è scatenato.
Britons are on fire. London is on fire. Scene apocalittiche.
E' il "Teen age riot" di cui parlavano i Sonic Youth nella loro canzone. Anche se forse chi sta facendo la battaglia nemmeno lo sa.
E' la rabbia di tutti quei teenager dei quartieri lontani ma non troppo da Londra, lontani dalla ricca City, dai tacchi alti e dalle Ferrari. Dai soldi della finanza e delle banche, dalla vita facile.
E' la rabbia di tutti quei teenager  incappucciati e mascherati che rubano, distruggono, giocano con il fuoco e con la città come fosse fatta di niente, come se fosse fatta di carta.
E giocano con tutto quello che non è loro, prendono quello che non hanno mai avuto, senza ritegno. Distruggendo. Saccheggiando. Bruciando.
E' la rabbia di tutti quelli che sono stati messi da una parte, emarginati, che vivono ma vivono a fatica, che non hanno prospettive. Perché nella loro vita manca sempre qualcosa. E quel qualcosa che manca viene spesso riempito dalla violenza.
La rabbia di alcuni di quelli che dopo un inizio pacifico, con una protesta contro la morte di uno di loro, di uno che veniva da una delle centinaia di migliaia di gang delle periferie londinesi, ora, con quel pretesto, stanno mettendo a ferro e fuoco la città.
Disprezzando e distruggendo ogni cosa gli si faccia davanti.
Tre giorni.
Sabato: Tottenham, Wood Green, Islington.
Domenica: Brixton, Enfield, Oxford Circus.
Lunedì: Hackney, Peckham, Croydon.
E se ci sarà un quarto giorno, cosa succederà?
E la polizia, dov'è? Cosa fa? Picchia, ferma, oltre 225 arresti. Corre con le macchine, marcia con i manganelli per le strade di una Londra che sembra uscita da quelle canzoni dei The Clash e dei Sex Pistols.
Anarchy in the Uk e London is burning.
E' abbastanza per fermare tutta questa rabbia?
Si da la colpa ai social media. Alla tecnologia. Ai cellulari e ai ragazzini che sanno mandare messaggi così in fretta, milioni di messaggi. Ai Blackberry. Si da la colpa a chi ha sparato. A chi ha lanciato la prima bottiglia. A chi ha dato il primo cazzotto.
Si da la colpa e si parla. Mentre loro continuano ad andare avanti imperterriti con la loro rivolta.
La mia vicina è scappata alle 10 da casa sua con la famiglia, in macchina, correndo.
I miei amici sono chiusi in casa, allibiti e ammutoliti davanti alle immagini che scorrono alla tv.
Un mio amico è chiuso nel suo pub da qualche ora. La battaglia è arrivata a Portobello. Si sposta verso Camden.
Io sono chiusa in casa, sento sirene della polizia, voci in lontananza e elicotteri.
Mentre io non dormirò sonni molto tranquilli, la battaglia si sposta in giro per le città dell'Inghilterra.
Li chiamano London riots. 2011.
"So who’s to take the blame for the stormy weather
You’re never gonna stop all the teenage leather and boozeIt’s time to go round
A one man showdown
Teach us how to fail
We’re off the streets now
And back on the road
On the riot trail."


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