Non credo di essere il più adatto a scrivere queste righe ma in questo momento ne avevo la possibilità solo io. E quindi. Oltretutto non si tratta neanche della dipartita dell’ultimo componente del più sfigato dei gruppi di periferia, bensì di Lemmy Kilmister, ovvero di uno che non ha semplicemente fatto la storia, ERA la storia.
Non sono mai stato un amante spassionato dei Motorhead. Mi piacevano, certi album anche molto, però, come dire, non è che fossero realmente imprescindibili per me. Ovviamente è un discorso assai personale, oltre che ozioso, perchè sull’influenza dei Motorhead all’interno del metal (speed/thrash, come meglio preferite) non è che si possa discutere granchè. Qui parliamo un attimo di Lemmy.
Quello che mi piaceva di Lemmy era il suo essere unico, il fatto di essere inconfondibile, di aver creato quel personaggio coi baffoni e le croci uncinate che poi alla fine di personaggio manco si trattava ma bensì proprio di lui, un tizio che dai trent’anni in poi (e secondo me pure da prima), per decadi, ha scolato almeno una bottiglia di Jack Daniel’s al giorno, che si è pippato di tutto, che a quasi settant’anni era ancora in giro a fare tourneè, che aveva pubblicato un album di inediti giusto pochi mesi fa, che sembrava essere immortale, diamine. Io non avevo idea che avesse appena compiuto settant’anni, la scorsa vigilia di Natale. Va bene, non sarò stato il suo più grande fan, ma realmente pareva eterno, di un’età indefinibile tra i quaranta ed i chi può dire quanti. Mi piaceva perchè era unico, iconico, anche se lontanissimo da me come atteggiamento e stile di vita, ma non fa niente. Non è importante quanto avessi in comune io con Lemmy quanto piuttosto cosa Lemmy stesso abbia trasmesso di sè, e se oggi in moltissimi lo piangono evidentemente lo amavano proprio perchè era quello che era, il rock n’roll incarnato, un’icona come poche altre ne rimangono ancora, il simbolo di un’era che sta evidentemente arrivando al termine, se non è già terminata.
Mi spiace più che altro proprio per quello: lui, RJ Dio, Jon Lord, tanto per nominare qualcuno di scomparso in questi ultimi anni, non hanno un equivalente oggi. Nel panorama odierno non c’è nessuno che possa anche solo vagamente succedervi. Questo è un discorso che qui sopra credo abbiamo affrontato varie volte, ed il succo è che se oggi il grosso del pubblico si muove per i Black Sabbath, o per i Judas Priest piuttosto che per gli Iron Maiden, anche come vendite, evidentemente più che l’importanza dei nomi citati è che non c’è un equivalente odierno, un’alternativa, un ricambio generazionale. Finiti loro, finito tutto. Sì vabbè, i Metallica, gli Slayer direte voi. Eh, no. Per niente.
E quindi, ecco, oltre all’umano dispiacere per Lemmy c’è anche, più pungente, il triste pensiero che non c’è altro. Ma, dopotutto, a Lemmy stesso probabilmente non importava granchè.
Riposa in pace, vecchio.
(Cesare Carrozzi)