Più che una dieta si trattava di una rieducazione alimentare, ovvero un qualcosa che “educasse” il mio essere alla coscienza del cibo che veniva introdotto.
Parte di questo processo consisteva nel cosiddetto “diario alimentare”. Per quelli che non lo conoscessero questo termine indica una procedura attraverso cui, chi lo redige, tiene traccia su un qualsiasi supporto (carta o elettronico) di ciò che mangia, in maniera dettagliata. Questo con un duplice scopo: se da una parte serve allo specialista per capire le nostre abitudini alimentari (correggendo quelle sbagliate), dall’altra è altrettanto utile a Noi per capire se ci sono comportamenti “migliorabili” in termini di quantità ma soprattutto QUALITÀ’ della “benzina” del nostro corpo.
Questa leggera modifica dello stile di vita, implica che quotidianamente dovremo dedicare il tempo per ricordare cosa abbiamo mangiato.
Questa procedura ha portato, a chi vi scrive, un miglioramento personale, oltre ad una controllata perdita di peso senza troppe rinunce.
E se pensassimo di applicare la stessa procedura alle restanti abitudini del vita?
Se pensassimo cosa potrebbe accadere nell’annotarsi emozioni, sensazioni, stati d’animo?
Ancora meglio, se fossimo così coscienti da raccogliere questi dati durante un periodo di malattia?
Sarebbe come mettere a disposizione alla scienza una grandissima banca dati, completa e soprattutto “statisticamente coerente”, in quanto si potrebbero avere delle terapie che possono essere studiate su larga scala, partendo da soggetti con sintomatologie simili.
Tutto quanto fin qui descritto, ovvero la possibilità e la volontà di tenere traccia del proprio “sè” è in realtà già una “disciplina” chiamata self tracking. Letteralmente “tenere traccia di se stessi” ci può aiutare a comprendere l’insorgenza di segnali di stress psicofisico, basati su stati d’animo o semplicemente sintomatologie esplicite. Già PHILIPS ha svelato il suo interesse in questo campo mostrando il prototipo di un braccialetto che riesce a “sintetizzare”(partendo dalle nostre funzioni biologiche) i nostri stati d’animo, trasmettendoli (oltre che registrandoli) ad una speciale “lampada ambiente” che ci informa quando (spesso inconsciamente) ci stiamo spingendo oltre.
Eccovi il video
In realtà il self tracking è già molto utilizzato in ambito sportivo, per il monitoraggio dei progressi e degli “stati biologici” che fanno sì, dopo opportune analisi, che si possano migliorare le prestazioni atletiche.
In giro per il mondo, già oggi, centinaia di self tracker con una spiccata passione alla statistica, annotano costantemente quanto gli accade.
La prossima (in realtà già attuale) frontiera sarà quella che ci consentirà di compire studi medici “di massa” o ancora meglio di condividere terapie studiandone i sintomi su larga scala.
Estendendo il concetto a fenomeni come Facebook, Foursquare, Twitter,esse sono in un certo senso piattaforme di SELF TRACKING, che non fanno altro che tenere traccia (in questo caso più agli altri che a noi stessi) di quello che stiamo facendo.
Questo in seconda analisi certamente servirà a chi fa marketing per essere ancora più “efficiente” nel proporci ciò che ci piace (GOOGLE dote).
Un consiglio: provate a rileggere “in blocchi” i vostri post sui vostri social networks preferiti. Potreste scoprire cose interessanti….Ripartendo da Voi.