I tipi tosti questa volta sono i cinquanta giovani ricercatori dell’Università di Firenze, per lo più precari, che hanno messo a punto il Multi Hazard Information Gateway, un cervellone in grado di prevedere frane.
Si tratta di geologi, ingegneri, fisici, informatici e laureati in lingue, lettere e storia dell’arte, guidati da Nicola Casagli, nato a Livorno nel ’65, professore del Dipartimento Scienze della terra dell’Ateneo fiorentino.
“Ci abbiamo messo tanto impegno – spiega il docente – dopo mesi di lavoro è venuta fuori una scoperta di cui siamo orgogliosi: un algoritmo che incamera informazioni sulle aree a rischio frana e fornisce previsioni sui movimenti della terra. Obiettivo: proteggere e dare maggiore sicurezza ai cittadini. L’idea è nata sull’isola d’Elba. Stavamo seguendo una zona a rischio quando i sensori installati hanno fatto scattare l’allarme rosso. Così abbiamo avvertito le autorità che hanno chiuso un tratto di strada. Dopo una settimana quel tratto di strada ha subito un profondo avvallamento. E’ la prima volta al mondo che una cosa del genere accade”.http://www.youtube.com/watch?v=snAKKNhX8nU&feature=youtu.be
Ma come funziona il Mhig o, come preferite chiamarlo, il Mig?
Intanto occorre dire che funziona con differenti modalità e grado di precisione, su scala nazionale, regionale e locale. Funziona aggregando i dati di migliaia di sensori distribuiti sul territorio, migliaia di notizie recuperate da web, migliaia di immagini radar acquisite da sensori satellitari o a terra, con aggiornamenti ogni 15 minuti, tutti i giorni, 24 ore su 24.
Serve, diceva, a prevedere con una certa precisione il rischio frane.
Sì, é utile a migliorare le attuali capacità di monitoraggio dei dissesti associati a movimenti del terreno, quali frane, colate detritiche, subsidenza e sprofondamenti del suolo. È bene sottolineare che la previsione e il monitoraggio degli eventi non servono a niente, se queste attività non sono strettamente legate a piani di prevenzione. Dare allarmi serve solo se le comunità locali e i cittadini sono informati sui rischi del territorio, sulle incertezze, sulle norme di comportamento. Servono degli adeguati Piani di Protezione Civile a livello comunale che, peraltro, sono previsti dalla legge. Questi piani, però, non devono essere intesi come l’ennesima pratica burocratica, bensì come strumenti condivisi e operativi, da mettere continuamente a punto anche con esercitazioni pratiche. Un’altra cosa.
Dica
È necessario essere consapevoli che le frane, come altri rischi naturali, sono eventi ad elevatissimo grado di incertezza. Una previsione perfetta, senza falsi allarmi, è semplicemente impossibile. Possiamo fare previsioni migliori combinando tecnologie nuove in modo originale, ma non sarà mai possibile avere delle previsioni certe e infallibili.
Come si è arrivati al Mig?
MIG è stato sviluppato da noi dell’Università di Firenze, tenendo conto delle migliori esperienze condotte anche da altri centri di ricerca in Italia e all’estero. Prevedere le frane era considerato impossibile fino a pochi anni fa. Monitorare il territorio era molto difficile e costoso. Di fatto non esistevano strumenti idonei per questi scopi. Negli ultimi anni c’è stato, in altri contesti, un enorme sviluppo tecnologico nel campo delle previsioni meteorologiche, nelle misure, nei sensori, nelle tecniche di mappatura via web, nelle tecnologie di osservazione della Terra con i satelliti. La nostra idea innovativa è stata quella di mettere insieme metodi e tecnologie differenti, sviluppati in altri contesti, per un obiettivo comune: migliorare le capacità previsionali e di monitoraggio dei dissesti del territorio.
Quindi è uno strumento originale ?
Nel suo complesso MIG è assolutamente originale perché, come ho spiegato, è una combinazione di diversi moduli che operano su scala diversa e con strumenti e tecnologie diversi. Per ciascuno dei singoli moduli esistono, in Italia e all’estero, strumenti simili. La forza del nostro sistema è l’aver messo insieme tutti questi strumenti.
In altri Paesi quindi non c’è niente di simile?
Il MIG è un sistema in corso di sviluppo, nato in Italia e limitato, per ora, al contesto nazionale. Sembrerà strano, ma l’Italia è il Paese all’avanguardia nel mondo per la ricerca e lo sviluppo nel settore della previsione dei rischi idrogeologici. E questo grazie a investimenti lungimiranti fatti, a partire dagli anni ’70, dal CNR e dalla Protezione Civile. La Protezione Civile italiana è la migliore del mondo proprio perché, fin dalla sua nascita, si è sempre affidata al supporto tecnico e conoscitivo della comunità scientifica. In altri Paesi non esistono cose simili.
E’ costato molto mettere a punto il cervellone?
Tanta fatica, tanto lavoro e tanto entusiasmo da parte di un team di giovani e giovanissimi ricercatori, purtroppo in gran parte precari. Tutti i ricercatori del nostro gruppo sono stati selezionati esclusivamente per le loro capacità e il merito. Tutti vengono mandati all’estero per specializzarsi nei migliori centri di ricerca internazionali. Tutti svolgono, o hanno svolto, almeno un percorso di specializzazione post laurea con il dottorato di ricerca. Un contributo fondamentale è stato dato dal Dipartimento della Protezione Civile, dai dirigenti e dai funzionari dell’Ufficio Rischio Idrogeologico. Sono loro che ci hanno dato l’idea di questo progetto e ci hanno stimolato a realizzarlo. I finanziamenti della Protezione Civile sono stati ovviamente determinanti. In questo campo solo la Protezione Civile investe in ricerca, sviluppo e innovazione. Non si capisce perché né il Ministero dell’Università e della Ricerca né la Commissione Europea abbiano mai inserito tali tematiche nei loro piani di sviluppo della ricerca, tranne episodiche eccezioni.
Il Mig viene usato da tempo?
Il sistema è in uso, a costo zero, già da tre anni, in modalità sperimentale, presso il Centro Funzionale del Dipartimento della Protezione Civile. Alcune delle componenti sono utilizzate anche dalla Protezione Civile di alcune Regioni, come Toscana ed Emilia-Romagna. E’ destinato al Servizio Nazionale della Protezione Civile che, in base alla legge istitutiva numero 225 del 1992, prevede la collaborazione tra Stato, Regioni, Province, Comuni, strutture operative nazionali e regionali, organizzazioni di volontariato e comunità scientifica.
Sono arrivate richieste anche dall’estero?
Il sistema MIG è attualmente strutturato solo per il territorio italiano. Con piccole modifiche potrebbe essere adattato ad altri Paesi.
Altre applicazioni del Mig in futuro?
Mah, penso, per esempio, che potrebbero essere interessate all’utilizzo le assicurazioni o le società immobiliari. Il Mig potrebbe essere soggetto a costi di utilizzo in forma che, al momento, non so prevedere. Noi abbiamo sviluppato il sistema per la Pubblica Amministrazione e non abbiamo pensato per ora ad altre applicazioni.
Cinzia Ficco
Ps In alto 2 mappe del Mig con le frane (simboli rossi) e alluvioni (simboli blu) dall’inizio del 2014 (meno di 2 mesi oltre 500 eventi).