Magazine Diario personale

Riscoprire le cose più semplici.

Da Gattolona1964

 

Un mese oggi che sono in villeggiatura a Cervarezza. Nei primissimi giorni riconosco che ho fatto molta fatica ad abituarmi ai ritmi diversi, morbidi e lenti della vita di montagna. Certo che dopo quaranta estati circa, che i mesi caldi li trascorro qua, dovrei esserci abituata! Eppure no, ogni estate è diversa dalle altre, ogni anno mi sembra che sia la prima volta che vengo quassù…L’aprire casa, lavare i vetri, le tende, estrarre la biancheria dai cassetti, grembiuli compresi, igienizzare la cucina ed il bagno, fare la spesa grossa, mettere il primo giorno “i preti a letto”, per togliere l’umidità dell’inverno, sono tutti gesti nuovi eppure conosciuti a menadito. Sempre gli stessi, ma compiuti con mani e spirito diverso. Uso occhi che finalmente riescono a soffermarsi su quello che fanno, senza metterci la solita frenesia che mettevo in ogni gesto che compivo a casa. Non so se sono gli anni e di conseguenza, le estati e le primavere che passano, ma mi rendo conto che sono presente a quello che faccio, infatti non mi brucio quasi più in cucina e non mi taglio per distrazione. Voi direte, ma è pazza Fabiana? Dice che è presente a quello che fa, tutti siamo presenti e sappiamo ciò che facciamo in quel determinato momento. Sbagliato, erratissimo! Tante volte il nostro cervello è così saturo di informazioni che mentre taglia le fettine di carne, ha la testa da un’altra parte ed ecco che ci si taglia un dito. Di colpo si riemerge da quella specie di letargia che ci ha distolti con il pensiero, perchè il dolore fisico ha preso il sopravvento. Si sposta così l’attenzione di colpo, dal pensiero, non sempre positivo per stare “sul pezzo”, cioè essere presenti a se stessi e a quello che si fa in quell’istante. Se fossimo più spesso presenti, qui e ora, eviteremmo di fare anche un mare di cazzate, di dire sproloqui e di offendere, senza volere qualcuno, per poi riprenderci e capire ciò che abbiamo fatto. Il passeggiare per Cervarezza, guardare quei tre negozietti di sempre, il mercato del martedì, i giardini di ogni abitazione ricamati con fiori ovunque, facendo a gara a chi ha i fiori più belli, mi fa spalancare gli occhi e vedo le antiche ortensie, con occhi e spirito diverso. Ora le apprezzo, mi fanno innamorare e ne vorrei piantare a quintali a Canali, anche se per essere così panciute e fiorite necessitano di un mare d’acqua. Ora, che il mio corpo e le mie membra si sono lasciate cullare da questo ritmo montano, come farò una volta tornata nel ritmo pressante della città? Sono tempi e metodi che non fanno più per me, ora l’ho capito, non sopporto nemmeno il condizionatore e tutti gli agi che ho in casa mia, preferisco improvvisare e impastare una pizza a mano, tirandola con una bottiglia di vetro, perché quassù ho dimenticato di portare il mattarello. Poco importa, ieri sera è venuta squisita lo stesso! Cervarezza, paesino senza pretese, quattro anime a riempire la Chiesa, due negozi,qualche orchestrina suona un vecchio Casadei,  ma pace ed rmonia animano le mura delle vecchie case. Se vado a comperare un etto di crudo e lo chiedo in fretta, oppure mi muovo con nervosismo, i negozianti mi osservano e mi domandano”Fabiana, cos’hai? Non stai bene oggi, ti vedo nervosa?” Sono altri ritmi, altri tempi, non sento logorrea nelle parole degli abitanti e al bar un caffè si beve seduti, ci si impiega mediamente mezz’ora, facendo in tempo a fare una briscola, leggere tre quotidiani ed informarci su tutte le news ed i gossip più piccanti. Sto imparando da loro, sono un po’ dura di comprendonio, ma mi stanno attaccando la “lentaggine” e l’arte di compiere ogni gesto con calma, presenti a noi stessi. C’è modo e modo anche di salutare una persona, si muove la mano lentamente, come la regina Elisabetta. Non c’è bisogno di sbracciarsi e di muovere mano e braccio come se si volessero lavare i vetri di cucina! Imparai anni fa, da un mio caro amico psichiatra, morto, guarda caso, di un tumore al cervello,( lui che ha curato tanti cervelli..)  tra i più aggressivi, questo esercizio:

prendete in mano un alimento, frutta, verdura, pane, yogurt ciò che più vi piace.

Mettete un timer di trenta minuti

Prendete in mano ad es. la mela, osservatela attentamente, pesatela, guardatene i colori, assaggiatela, chiudete gli occhi, cercate di sentire cosa succede all’interno della vostra bocca. Ascoltate il rumore dei denti, la saliva se abbonda o se è poca, datele un sapore ben preciso, soppesatela ancora, guardate il punto dove l’avete addentata, osservate se il colore e l’odore sono cambiati, riguardatela e pensate a quando avete morso l’ultima..

Tutti questi gesti precisi, scanditi ed eseguiti correttamente vi costringeranno ad essere presenti a questo banale gesto. Facendolo tutti i giorni per almeno un mese, con un alimento diverso, vedrete i risultati e magari, mentre cuocete la pasta eviterete di rovesciare il sugo o di  bruciarvi, per aver preso la pentola senza le presine.

Sappiatemi dire com’è andata. Un bacio affettuoso, fabiana.



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