Un grande affresco neorealista sulla vita delle mondine, su un mestiere infame, uno dei più infami … con le donne a testa china, le gambe in acqua otto ore al giorno a prender su riso nella palude, in mezzo alle zanzare.. Ma era anche un melo … eccessivo, sopra le righe, pieno di stereotipi, che tenta, senza riuscire convincente, la via del noir, fra colei che si perde, colei che si ritrova, il cinico seduttore, il bravo ragazzo.
Poteva essere uno di quei film di serie B degli anni ’50, che non superarono mai le frontiere nazionali… Invece era “Riso Amaro” e ne nacque un’icona a se stante, che valicò i destini del film e rimase simbolo di bellezza, di sesso e di femminilità per più di un decennio. Anche la storia della location, è quanto meno insolita. Il filn fu in buona parte girato a Venaria, nella tenuta di Gianni Agnelli che fu felicissimo di prestarla per un film di protesta sociale a quel rigido comunista che era il regista Giuseppe De Santis.Quando Silvana Mangano si presentò ai provini, Giuseppe de Santis la scartò… Troppo truccata, troppo costruita per la parte di una contadina… poi la incontrò per caso in un giorno di pioggia e quella ragazza dai capelli bagnati e senza un filo di trucco ottenne immediatamente la parte.
Con quel film dunque la nuovissima attrice diventa un fenomeno esplosivo… E impone il successo internazionale del film … Qualche anno dopo i critici cinematografici ancora cercavano di spiegarselo “E’ un fatto fuori dal normale la consacrazione di un mito con un solo film… E’ indiscutibile che fra tutte le scoperte quella di Silvana Mangano rimanga ancora oggi la più suggestiva. Fu un imporsi di colpo e la ragione fu il legame al personaggio, misteriosamente suo…Complici le risaie della piana vercellese che furono lo splendido scenario dove gli inediti corpi delle mondine potevano spiccare in tutta la loro sensualità”
Erano tempi di maggiorate fisiche e l’Italia imponeva le sue migliori Sofia Loren, Gina Lollobrigida… anche Silvana Mangano sembrava una di loro… Invece il suo fu un percorso tutto alla rovescia.
Il produttore di “Riso amaro” si chiamava Dino de Laurentis e quando si sposarono tutti pensarono che lei l’avesse fatto per la carriera… solo dopo, molto dopo si capì che con quel matrimonio si voleva mettere al sicuro, uscire di scena. Invece non le fu possibile… Incredibilmente e per diverso tempo furono proprio i suoi
film a dare forza a denaro alla produzione di suo marito, che forse, altrimenti non avrebbe retto. I melo seguitavano ad andare di moda e lei diventò “Anna”, la ballerina ceduta alla vita monastica in un film tutto strappalacrime, ma di grande successo finanziario… L’unica cosa bella del film è Silvana Mangano che balla il Mambo in un mix incredibile di tecnica, innocenza e consapevolezza… come del resto seguiterà a fare anche in “Mambo…All’apparenza sembrava che tutto andasse bene… in pochi anni lei avrà quattro figli e un affetto immenso da parte del marito che la vizia e la coccola. In realtà Silvana Mangano non voleva più recitare… Chissà quando e perché, ma in lei si era rotto qualcosa … Un dramma che non le darà più pace… Si sentiva inadatta e seguitava a negarsi attrice “Non ho mai avuto nessuna scuola alle spalle… Io improvviso ” Ma c’erano gli interessi di famiglia e lei doveva seguitare a lavorare. Su questo la produzione … e il marito, erano inflessibili.
C’è da chiedersi come abbia fatto con tutta la sua insicurezza e la sua paura a interpretare per anni e così bene i ruoli più diversi. A parte i film ”Peplum,” come Ulisse, di cui anche lei fu vittima, nei ruoli inespressivi di Circe e Penelope , ma c’è per esempio l’umanissimo ritratto della prostituta Costantina de “La Grande
Guerra” dove lei è spigliata, un po’ aggressiva, a tratti comica e non lascia assolutamente sospettare l’insofferenza e il disagio di cui era vittima. Anche in un film dolente come “La diga sul Pacifico” è di nuovo una scatenata e disinibita ballerina al fianco di Anthony Perkins e tutta la Francia si infiamma per lei… C’era solo un fatto che poteva far capire la nevrosi che l’agitava, ma all’epoca non c’erano i dati per interpretarlo. Era il suo fisico in metamorfosi… Qualcosa che cominciò quasi in sordina e ad un certo punto nei primi anni ’60 divenne evidentissimo… In lei non c’era più niente della ragazza dal fisico esuberante, che l’aveva lanciata in Riso Amaro”. Quel fisico lei aveva imparato a disprezzarlo e odiarlo come qualcosa di volgare, di contaminato.. e un po’ per volta divenne una signora diafana, estremamente magra, quasi esile e senza più nessuna delle sue curve leggendarie… Era bellissima, ma non era più lei… Ormai la chiamavano l’antidiva per quel suo modo di sottrarsi, di non apparire, di vivere sempre più appartata. Ma anche questo non era possibile…La volevano i più importanti registi e non perché era la moglie del produttore, ma solo perchè era Silvana Mangano, anche se lei faceva fatica a capirlo. Però quando saliva sul set si trasformava, si identificava, si dava completamente al personaggio. Spesso è strepitosa, anche in un dubbioso film di Pasolini come “Teorema”. Sono tanti i personaggi che affollano la trama, ma è solo lei che dà credibilità alla storia, in un ruolo difficile… Quello della signora borghese che si abbandona a tante esperienze sessuali in cerca di un’improbabile salvezza. E’ felice anche la collaborazione con Visconti … Sorprende la verve con cui si cala, lei così timida e introversa, nell’ esuberante, eccessiva affittuaria che sconvolge la quiete del solitario professore in “Gruppo di famiglia in un interno”… E già prima Visconti doveva averla amata alla follia quando interpretò la madre del giovane Tazio in “Morte a Venezia”. Per capire tutto Visconti basterebbe solo guardare lei, eterea, distante, splendidamente seduta al caffè fra i suoi veli e i grandi cappelli… in quella magica e torbida atmosfera di Venezia.Poi ci fu la terribile disgrazia del figlio e lei non voleva più saperne di cinema e di nessuno. Ancora una volta fu il marito, quasi a costringerla, perché accettasse un ruolo in Dune, il film di fantascienza che produceva con la figlia Raffaella… Stavolta Dino non la voleva usare, come lei troppe volte, forse a torto aveva pensato… La voleva solo aiutare, ma forse lei nemmeno lo capì.
L’ultima interpretazione “Oci Ciornie” con Mastroianni invece fu quasi un dono… Per lei che non aveva avuto quasi mai voglia di recitare… Adesso invece ne era felice. Si ritrovava, ora che il suo ciclo stava per finire e lei lo sapeva, proprio con Marcello, l’amore della sua prima giovinezza, il ragazzo che la baciava su una panchina dei giardinetti di San Giovanni solo di pomeriggio, perché il padre siciliano non voleva che la figlia uscisse di sera… E’ bello sapere che alla fine, almeno in parte si è riconciliata con se stessa e forse ha capito, lei che non ci voleva credere, quante persone l’hanno ammirata e le hanno voluto bene.
Sarà ovvio ma è anche giusto dedicare a Silvana una ricetta a base di riso, quel riso che lei ha reso tanto famoso in ”Riso Amaro” e “La diga sul Pacifico.” E’ solo un piccolo omaggio ma lo facciamo tutti di cuore.RISOTTO AL BAROLO
INGREDIENTI per 4 persone: 350 grammi di riso, 1 cipolla, 1 sedano, 500 ml di brodo vegetale, 70 grammi di burro, 2 bicchieri di vino barolo, 1 carota, parmigiano reggiano a piacere, olio extra vergine di oliva,sale e pepe q.b.
PREPARAZIONE: tritate la cipolla, il sedano e la carota e fate appassire in un tegame con olio e circa 20 grammi di burro a fuoco molto basso. Quando le cipolle sono appassite, aggiungete tutto il vino Barolo e fate evaporare. Versate quindi il riso e portatelo a cottura aggiungendo poco alla volta il brodo vegetale caldo. Mescolate spesso per non farlo attaccare e aggiustate di sale solo verso la fine della cottura. Quando il riso sarà cotto aggiungete il burro, il parmigiano e una spolverata di pepe.