«È partito tutto dalla domanda di uno degli utenti del “Milky Way Project”. Era proprio il primo giorno, quello in cui lanciammo il progetto, e lui mi chiese: “che cos’è questa?”. L’oggetto che lo incuriosiva aveva proprio l’aspetto d’una palla gialla, così non sapendo bene cosa rispondere gli ho detto, un po’ scherzando, che si trattava d’una #yellowball. Su talk.milkywayproject.org, la bacheca di discussioni del progetto, usiamo gli hashtag, e nei mesi successivi quell’utente e alcuni altri presero a taggare centinaia di oggetti. Ebbene, prima ancora di rendercene conto, ne avevamo un intero catalogo».
Così ricorda oggi a Media INAF Robert Simpson, ricercatore all’Università di Oxford nonché ideatore del progetto di citizen science The Milky Way Project, la scoperta delle yellowballs: conformazioni galattiche così chiamate, appunto, per la loro forma sferica e per il colore con il quale appaiono nelle immagini a infrarossi del telescopio spaziale Spitzer della NASA (esito cromatico dovuto alla sovrapposizione fra l’emissione da molecole e quella da polveri, rappresentate rispettivamente in verde e in rosso).
Nato nell’ambito di Zoouniverse (una suite di progetti di citizen science che invita gli utenti ad analizzare immagini astronomiche e altri dati tramite interfacce web dedicate), The Milky Way Project fa esplicito appello alla collaborazione del pubblico sin dal banner del portale. Che recita: “Vi chiediamo d’aiutarci a passare in rassegna decine di migliaia d’immagini del telescopio spaziale Spitzer. Dicendoci cosa vedete in questi dati raccolti nell’infrarosso, ci aiuterete a comprendere meglio come si formano le stelle”.
Detto fatto: appassionati da tutto il mondo hanno raccolto l’invito con entusiasmo, e a oggi sono quasi un milione e mezzo le classificazioni proposte “dal basso”. Fra queste, appunto, le yellowballs: da quel primo fatidico giorno, i “cittadini scienziati” hanno continuato a trovarne di nuove, arrivando a taggarne circa 900. Ma decifrare la loro esatta natura non è stato affatto semplice: ci sono voluti quattro anni, e un’analisi spettrale condotta per 138 yellowballs su più cataloghi, prima che un team di astronomi professionsiti, guidato da Charles Kerton della Iowa State University e da Grazia Wolf- Chase dell’Adler Planetarium di Chicago, arrivasse a concludere che le “bolle gialle” – grandi ciascuna centinaia, se non migliaia, di volte il nostro Sistema solare – individuate dai colleghi citizen scientists altro non sono se non una sorta di precursori di altre bolle (quelle dette “verdi”) che rappresentano a loro volta una tappa nel percorso che porta all’accensione delle stelle
Detto altrimenti, là dove oggi vediamo una bolla gialla assisteremo, in futuro, a un processo di massiccia formazione stellare. Non male, come risultato. E tutto grazie anche all’impegno e all’entusiasmo di semplici appassionati. “Scienziati per caso” che Kerton e gli altri autori dell’articolo scientifico che ne è derivato, pubblicato sull’ultimo numero di The Astrophysical Journal, hanno ringraziato citandone i nomi nelle conclusioni del paper: Sandy Harris, Ipspieler, Greg Galanos e Larry West. «Essere guidati dai volontari che collaborano ai progetti di Zooniverse», dice Roberto Simpson, «è un’esperienza fantastica: tutte le nostre scoperte migliori sono veramente loro, dunque facciamo il possibile per riconoscerne sempre il merito».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The Milky Way Project: What Are Yellowballs?“, di R. Kerton, G. Wolf-Chase, K. Arvidsson, C. J. Lintott e R. J. Simpson
- Partecipa a The Milky Way Project
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina