Fibre sintetiche, trattamenti chimici e colorazioni artificiali sono ormai la norma, nell’abbigliamento moderno. Senza contare l’impatto ambientale causato all’origine dalla coltivazione intensiva delle piante richieste dall’industria tessile. In India i pastori si lamentano delle morie di pecore e capre che vanno a brucare nei campi di cotone Ogm. C’è chi dice che è colpa del fatto che sono piante transgeniche, c’è chi dice che è colpa dei pesticidi. Fatto sta che sono letali. E che il 50% delle migliaia di tonnellate di pesticidi a livello globale vanno nelle piantagioni di cotone del Sud del mondo, dove regole e controlli sono labili e dove vengono tollerati
trattamenti molto inquinanti, proibiti nei Paesi occidentali.
A questo s’aggiunge in tutta la catena produttiva dei tessuti un campionario di trattamenti da far invidia a un petrolchimico. Secondo un’inchiesta pubblicata su “Aam Terranuova” – settembre 2002: cromo (utilizzato come mordente e colorante), nichel e cobalto (finissaggi e coloranti), formaldeide (finissaggio di stampa colorata), colophone, trietanolammaina (finissaggio), profumi sintetici, composti ammoniacali, composti di mercurio (antimicrobici), bagni di teflon (appretto e antipiega)… E ancora apteni, Apeo, Dtdmac, Dsdmac, Dhtmac, Edta…
Nulla di tutto ciò è scritto sull’etichetta dei vestiti.
In compenso lo si trova “impresso” sulla pelle, dato che proprio al prolungato contatto con simili sostanze s’imputa la crescente diffusione delle
dermatiti allergiche da contatto. È da notare che le reazioni paiono provocate soprattutto dai colori aptenici usati per ottenere il “blu scuro”, infatti molta parte delle
persone allergiche sembrano non tollerare proprio i capi tinti di questo colore. Come per l’agricoltura biologica qualche anno fa, stanno nascendo realtà
produttive e imprenditoriali volte alla ricerca delle soluzioni più naturali, aggregando realtà produttive, agricole e industriali d’avanguardia con la sensibilità per la natura. In tutte la fasi della filiera tessile, coltivazione delle piante, produzione e raccolta delle fibre, filande, produzione d’abbigliamento e imprese di apprettatura, la natura viene rispettata seguendo nuove norme produttive e nuove strade commerciali
Il cotone è per questo la coltivazione principe, e sempre più ampie regioni nel bacino Mediterraneo sono oggi coltivate a cotone con le pratiche dell’agricoltura biologica. Certificate dopo il raccolto, le fibre vengono filate e tinte esclusivamente con puro indaco e trattate con processi in linea coi dettami del più grande e rigoroso standard internazionale, l’Oeko-Tex 100, che garantisce la totale assenza di rilascio per sfregamento di sostanze tossiche. Perfino il filo per cucire, il cosiddetto cucirino, deve essere in puro cotone, così come bottoni, cerniere e rivetti sono privi di contaminanti. Nei capi trattati con queste tinte, il colore non è mai
netto, ma questo, specialmente nel caso dei jeans, non è un difetto. Anzi. Con il lavaggio si ottiene un effetto molto apprezzato, da capo vissuto, Vivo. È la
vita, la chiave di tutto, il desiderio di riscoprire l’autentico rispetto della natura anche nel vestirsi, di sapere che anche il gesto dell’indossare un paio di jeans può essere latore di un messaggio culturale, e che sulla pelle portiamo solo la trama di una storia di armonia con l’ecosistema L’agricoltura biologica rappresenta la soluzione ideale per tutelare salute, ambiente e qualità della vita, e può offrire grandi possibilità di sviluppo economico e sociale sano e duraturo.
Inoltre si usano antiparassitari naturali come macerati di piante o sistemi che impediscono la riproduzione degli insetti nocivi, e si arricchisce il terreno con letame o compost. Il risultato sono alimenti non solo privi di residui tossici, ma anche e soprattutto molto ricchi dal punto di vista nutritivo.
Anche i vantaggi per l’ambiente sono notevoli. Si pensi ad esempio agli insetticidi di sintesi: quando vengono spruzzati sulle piantagioni, solo l’1 per mille del prodotto agisce effettivamente sugli insetti nocivi, mentre il restante 999 per mille contamina tutto l’ambiente circostante (piante, suolo, acque, persone, animali, uccelli e così via) oltre ad uccidere anche gli insetti utili che potrebbero favorire lo sviluppo delle piante coltivate. Nel calcolo dei costi/benefici dei diversi sistemi di agricoltura, bisogna tener conto anche delle ricadute negative dovute all’inquinamento, come ad esempio la contaminazione delle acque potabili, e i costi sociali di un’agricoltura industrializzata e disumana che allontana l’uomo dal rapporto con la terra.
Tutt’altro che “primitiva”, l’agricoltura biologica è un sistema articolato ed efficiente che sfrutta al massimo le risorse naturali del terreno e dell’ambiente, offrendo anche interessanti opportunità di ricostruzione di un tessuto sociale legato al territorio. Chi coltiva biologico ha l’opportunità e il compito di essere preparato e cosciente, attento alla natura e alla tradizione ma anche alle innovazioni tecniche e scientifiche, per sviluppare in modo sano e duraturo le potenzialità di un sistema di agricoltura veramente “globale”. Chi non ha mai pensato che vestirsi con indumenti in cotone 100% significasse indossare il tessuto più naturale presente sul
mercato? La realtà, però, sembra essere assai diversa. Il cotone, ancora oggi la fibra tessile maggiormente prodotta sul pianeta, soddisfa il 47% del fabbisogno
mondiale di fibre. Solo il 2,4% dei terreni agricoli sono deputati alla sua coltivazione, per la quale però viene utilizzato il 25% di tutti gli insetticidi chimici consumati nel mondo. L’uso di tali sostanze produce numerosi effetti collaterali sia sull’ambiente sia sull’uomo:
diminuisce la fertilità del terreno;
inquina le falde acquifere;
riduce la biodiversità del pianeta;
danneggia la salute dei coltivatori.
Ma l’utilizzo di prodotti chimici non si esaurisce con la fase del raccolto. Una volta trasformato in fibra e tessuto, infatti, il cotone iene sbiancato, lavato con detergenti, colorato (molti coloranti contengono metalli pesanti e sostanze chimiche che non si sciolgono in acqua ed essendo liposolubili vengono assorbite dalla pelle), brillantato e, per essere ben presentato al consumatore, trattato con sostanze come formaldeide, ammoniaca, resine plastiche ecc.* Quando compriamo una maglietta in cotone domandiamoci quindi se si tratta di cotone “puro”! La produzione del cotone da agricoltura biologica, spesso anche biodinamica, invece, è realizzata tramite l’utilizzo di metodi e sostanze naturali che non danneggiano l’ambiente.
Lavorare con e non contro la natura è il principio che sta alla base della filosofia, del vivere e dell’operare biologico.
In quest’ottica, la produzione del cotone biologico prevede:
l’utilizzo soprattutto di fertilizzanti di origine animale;
l’eliminazione di parassiti che danneggerebbero le coltivazioni tramite l’uso solo degli insetti che sono in grado di mangiarli;
la rimozione delle erbe infestanti tramite trattori, zappe o a mano;
l’uso esclusivo di semenze che abbiano subito almeno quattro germinazioni in assenza di trattamenti chimici.
La certificazione di cotone biologico viene conferita solo dopo tre anni consecutivi di coltivazione senza l’utilizzo di sostanze chimiche. Con periodicità gli organi certificatori effettuano severi controlli. Dopo il raccolto e la sgranatura il cotone viene filato e tessuto: anche in queste fasi di lavorazione non vengono usate sostanze chimiche che altererebbero le proprietà organolettiche della fibra.La colorazione, infine, avviene senza l’utilizzo di metalli pesanti né di formaldeide o altre sostanze chimiche antiparassitarie per il finissaggio.
In parte tratto da :universoecologico.it