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Madre, moglie, sorella, amanti, ex amanti e altre donne, con le loro storie, sono sullo sfondo: vi si allude, le si nomina, le si racconta: la femminilità è anzi il segno più lampante di un'assenza parecchio più radicale, funge da alibi per coprire una soluzione di continuità tra padre e figlio. Attese, ricordi, attaccamento alla vita e al presente, tutto sembra essere scivolato via e incapace di sostenere questo rapporto.
La breve visita a Loredana (la bellissima Anne Parillaud) e altri rapidi schizzi (compreso il cammeo di Lou Castel, nei panni del pescatore muto) mostrano che non sono le cose a mancare tra Marcello e il figlio, bensì la presa di ciascuno sulla vita dell'altro: in Che ora è di Ettore Scola, la realtà si sottrae alle domande, a una presa sicura, non si lascia indagare oltre. Brevi battute evocano un intero mondo, ma è un'evocazione sdrucciolevole ed evanescente, in quanto si sottolinea in modo irrimediabile la distanza di Michele e il padre.
Il figlio vuole tenersi tutte le sue domande, senza vederle soffocate dalle possibilità offerte dal padre. Perché nelle domande c'è del buono che non va perso, e soprattutto c'è un'urgenza che nessun bene materiale può soddisfare. Dei mille costosissimi regali, Michele apprezza solo l'orologio da ferroviere del nonno, così bello che, da bambino, chiedeva l'ora solo per vederlo comparire e schiudersi al suo cospetto. "Che ora è" smette di essere mera domanda per svelarsi quale richiesta di un conforto, di gioco, di bellezza.
Non c'è un generico rimpianto per il passato, Scola sembra mostrare che le cose sembrano più facili prima, ma portano già i semi delle ferite che serpeggiano lungo la pelle che cresce, fino a perdere il turgore dell'età giovanile. Che ora è si mostra, piuttosto, quale "romanzo a tesi" di quel noto rimpianto per il futuro che, solo, segna il passaggio da una generazione all'altra; un rimpianto scandito da tappe esplorative di una progressiva iniziazione al presente del figlio: il padre vede il futuro filtrato dalle sue attese, al figlio incantato non resta che chiedere: "Che ora è", così, senza un punto interrogativo alla fine, come se non importasse sapere, ma puntellare il presente, inchiodarlo stretto e, magari, tenerlo infine tra le mani e condividerlo giocosamente con il padre.
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