Ristabilire l’identità russa, parte 5: religione, età e Nuovi Russi

Creato il 07 gennaio 2013 da Conflittiestrategie


[traduzione di Piergiorgio Rosso da: Reassessing the Russian Identity, Part 5: Faith, Age and the New Russian | StratforNovember 30, 2012]

Nota dell’Editore: questa è la 5.a parte di una serie sulla società ed identità russa. La parte 5 discute le attuali divisioni religiose e generazionali in Russia e la creazione di una nuova identità russa. Leggi part1, parte2, parte3, parte4.

La posizione secolare di Mosca su religione e stato si è sviluppata in modo meno definito per alcune semplici ragioni. Durante la guida di Boris Eltsin della Federazione Russa lo stato non ha messo in atto delle politiche nei confronti della religione. Eltsin voleva porre limiti alla religione, preoccupato che l’influenza estera potesse diffondersi nel paese attraverso i vari gruppi religiosi. Egli impedì a molti gruppi religiosi stranieri di entrare nel paese a meno che non fossero ortodossi, islamici, buddisti o ebraici ma, al di là di questo, la religione non era una priorità per Eltsin.

Il leader russo Putin ha intensificato il ritorno della fede ortodossa nel paese, utilizzandola (proprio come fecero gli zar) come forza unificante delle genti di etnia russa. Ma negli ultimi anni questo supporto agli ortodossi ha scavalcato il controllo del Cremlino. Durante l’era di Putin inoltre la xenofobia – in particolare contro qualsiasi etnia musulmana – è esplosa e si è sovrapposta alla neonata fedeltà alla chiesa ortodossa. Inoltre, anche se molte popolazioni musulmane riuscirono a stare insieme ai tempi della guerra contro lo stato – come si vide nel Caucaso del Nord a metà degli anni 2000 – ora ci sono divisioni anche all’interno delle popolazioni islamiche russe. In generale il paese sta vivendo una instabilità sociale fondata sulle affiliazioni religiose che non si vedeva da tempo in Russia.

La crescita degli ultra-ortodossi

Per quanto la questione sia quasi impossibile da quantificare, sembra che ci siano episodi che evidenziano una sensibile escalation estremistica fra gli ortodossi russi. Circa il 70-80% dei russi si dichiara ortodosso, sebbene la maggioranza non sia praticante (un lascito dell’era sovietica). Sia Putin che il precedente Presidente Dmitri Medvedev hanno promosso intensamente gli ortodossi e la chiesa è diventata uno dei principali strumenti che il Cremlino ha usato per unificare la società, almeno all’interno dell’etnia russa. Ma ora che il Cremlino ha spinto la chiesa a giocare un ruolo più importante nel paese, una parte dei sentimenti russi pro-ortodossi stanno assumendo caratteri estremistici, mentre la popolazione reagisce ai cambiamenti generazionali e demografici del paese. Più ferventi sentimenti russo-ortodossi sembrano crescere insieme ad una generale xenofobia. Il movimento tradizionale “Russia per i russi” risorge continuamente in periodi di crisi in Russia, così come fece quando l’etnia russa si aggregò durante le guerre in Cecenia. Eppure l’attuale movimento non avviene in un periodo di crisi reale, è riapparso negli ultimi due anni. Nel novembre 2011 centinaia di migliaia di russi hanno marciato protestando contro la crescente immigrazione e contro l’impegno del governo a sussidiare le repubbliche musulmane del Caucaso del Nord. Il fondamentalismo ortodosso è rispuntato ancora nell’estate 2012 quando il gruppo punk anti-Cremlino Pussy Riot ed i suoi sostenitori hanno tenuto una serie di manifestazioni profanando chiese e simboli ortodossi. In risposta alle dimostrazioni contro la chiesa ed il crescere del sentimento anti-islamico, dei volontari hanno formato delle cosiddette Brigate Ortodosse per vigilare le strade in difesa della chiesa. Queste brigate – molte ospitanti giovani con addosso magliette nere con la scritta “Ortodossia o Morte” – sono state viste in dozzine di città attraverso la Russia nell’ultimo anno ed hanno creato allarme fra le minoranze etniche. Il governatore di Krasnodar, Alexander Tkachev, ha già formato una brigata di 1000 componenti, dicendo che l’avrebbe aiutata finanziariamente e che i suoi membri avrebbero collaborato con la polizia locale per controllare le strade. Il parlamento ceceno ha espresso opposizione alla mossa di Tkachev. Il Ministero degli Interni russo ha liquidato le brigate, affermando che il governo russo non avrebbe lavorato con esse. In realtà il Cremlino sta cercando di imbrigliare l’entusiasmo delle brigate spostando il loro impegno dalle questioni puramente ortodosse, creando “Brigate Internazionali” che pattuglino le strade ed aiutino a mantenere l’ordine. L’obiettivo è di cooptare le brigate ortodosse ed espanderle includendo altri gruppi etnici – qualcosa cui l’Unione della Gioventù Cecena ha dichiarato di unirsi. Questo in teoria dovrebbe aiutare a eliminare l’estremismo delle brigate ortodosse.

Fratture dentro le comunità islamiche

Ci sono stati anche slittamenti dentro le comunità islamiche indigene russe. Come notato sopra crescono le popolazioni etniche musulmane chiave, come Ceceni, Ingushi e Dagestani – che subiscono la xenofobia delle popolazioni musulmane di etnia russa. C’è una storia di violenza fra queste popolazioni che abitano la stessa regione del Nord Caucaso. Fu l’invasione cecena del Dagestan nel 1999 che accese la seconda guerra cecena con lo stato russo – una guerra che non finì ufficialmente se non nel 2010. La Russia ancora oggi effettua importanti operazioni militari nel Caucaso, focalizzate soprattutto sul Dagestan ora che la Cecenia è in gran parte stabile. Ma le spaccature fra questi gruppi sono ben presenti al Cremlino mentre le questioni di potere dentro quella regione si riaffacciano. Il Presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha dichiarato di essere il protettore delle popolazioni del Caucaso e vuole fare leva su questo per ottenere più terra per la Cecenia, nella speranza che la Cecenia possa farsi un boccone prima dell’Ingushezia e poi magari di altre repubbliche del Nord Caucaso.

Un’altra questione è l’aumento di tensione fra i vari clan delle popolazioni sufi e salafite. La gran parte dei musulmani russi appartiene alla setta islamica liberale del sufismo. Durante le guerre russe nel Nord Caucaso degli ultimi due decenni, si è maggiormente affermato un elemento radicale chiamato sia wahabismo che salafismo. Durante la seconda guerra cecena i russi hanno giocato gli islamici che combattevano più per ragioni nazionalistiche contro quelli più orientati verso l’ideologia islamista – una tattica di grande successo che ha creato una popolazione islamica nazionalista nel Caucaso desiderosa di lavorare con Mosca. Ma con la fine della guerra ed in presenza di una regolare attività estremistica ancora in corso nel Nord Caucaso, stanno crescendo i problemi fra le diverse etnie e fra sufi e salafiti. Questi problemi si stanno anche spostando fuori dal Caucaso. Quattro importanti trame sono state intrecciate dall’ottobre 2011 contro imam sufi di alto livello in Dagestan e tre dei quattro imam presi di mira sono stati uccisi. L’ultimo leader sufi preso di mira in agosto, Sheikh Said Afabdi, stava lavorando ad un accordo di pace fra i due gruppi. Un incidente simile è occorso in Tatarstan in luglio, quando un attacco coordinato ha preso di mira il capo mufti del Tatarstan ed il suo vice. L’interpretazione corrente è che l’attacco era motivato dalla spaccatura sufi-salafiti in Tatarstan. Questo tipo di incidenti non sono solo di natura religiosa ma hanno anche motivazioni politiche. C’è anche la questione di quanto la nuova generazione di musulmani russi sia influenzabile dai sentimenti esterni o radicali. Con il 20% di russi (di etnia russa o meno) nati dopo la caduta dell’Unione Sovietica, una bella fetta dei musulmani appartenenti a quella classe di età ha conosciuto solo conflitti, dato che una serie di guerre si sono giocate nella loro regione per circa 20 anni. Questo potrebbe renderli più vulnerabili davanti a sentimenti stranieri o radicali. D’altro canto quella generazione potrebbe invece volersi lasciare alle spalle velocemente questi conflitti ed adottare un atteggiamento più russificato come ha fatto la Cecenia sotto la guida del leader pro-Cremlino Kadyrov. Un tentativo di combattere l’estremismo fra musulmani nel Caucaso è l’instaurazione, da parte del governo ceceno (in tandem con il Cremlino) di un suo proprio insegnamento islamico nelle scuole per bambini e studenti adolescenti. Questo piano è solo all’inizio ed utilizza materiale didattico preparato dai leader religiosi locali. Praticamente tutti gli studenti ceceni stanno ora frequentando corsi sull’islam e su come comportarsi da musulmani. L’obiettivo per il Cremlino e per il governo di Kadyrov è instillare una versione dell’islam che possa isolare quelle visioni estremistiche contrarie al governo ed alla società sancita dal Cremlino. Molti in Cecenia sostengono che il piano rafforza la posizione di Kadyrov nel Nord Caucaso russo, da quando egli sta supervisionando le questioni religiose, e che Kadyrov stia cercando di fare di Grozny il centro degli affari islamici russi. E’ troppo presto per valutare quali effetti avranno questi programmi educativi. L’islam non è stato mai insegnato nelle scuole prima d’ora, così [il piano Kadyrov – NdT] potrebbe sia unificare la nuova generazione di musulmani in una singola visione dell’islam, oppure potrebbe indurre movimenti più radicali che volessero insegnare la loro versione dell’islam.

Cambiamenti politici e generazionali

Se i sentimenti etnici e religiosi sono cambiati, lo stesso ha fatto l’umore politico di base – sebbene molto di esso sia legato alle precedenti questioni, dacché sono tutte questioni intrecciate. Il panorama politico russo, usualmente stabile, è stato smosso a dicembre 2011 quando sono iniziate una serie di proteste di massa in tutta la Russia. Le dimostrazioni all’inizio erano contro i risultati elettorali, ma sono continuate lungo marzo e poi alle elezioni presidenziali. Ora numerose proteste accadono con regolarità e si stanno formando nuovi partiti e coalizioni – e tutto sta accadendo in modo del tutto pubblico.

Dopo un decennio di caos in Russia, Putin ha stabilizzato gran parte del paese con una serie di ampie riforme politiche, sociali ed economiche centrate sulla sua leadership. Ma quando le serie di crisi – come quella economica del 1990 e le guerre del Nord Caucaso – che avevano aiutato l’affermarsi di Putin e rinforzato la sua abilità di guidare il paese, hanno cominciato a spegnersi, il paese ha cominciato a prosperare e il bisogno di un leader dalla mano salda si è attenuato. In più sta avvenendo in Russia una svolta generazionale. Della popolazione attuale, più del 20% è nato dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Questa popolazione non è mai stata “sovietizzata” o unita dentro una singola identità. Gran parte di questa popolazione ha inoltre vissuto i suoi anni formativi in una Russia stabile e rinvigorita sotto Putin. E’ proprio una parte di questa popolazione che spinge contro il controllo del paese da parte del governo. Il Cremlino ha già cominciato a rispondere a questa cosiddetta ribellione, cooptando una parte dei movimenti anti-Cremlino, battendone altri e dividendo molti di loro. Tra l’altro il Cremlino non sta provando ad usare un singolo partito per governare il paese ed unificare politicamente gli elettori, come fece il Partito Comunista nel periodo sovietico. Al contrario, Putin ha portato avanti l’idea di una coalizione di partiti, gruppi e sindacati a coprire lo spettro politico – anche se tutti sotto la guida di Putin. Il Fronte Popolare PanRusso in linea di principio può includere ogni persona o entità del paese che abbia a cuore il miglioramento della Russia. Conosciuto anche come Fronte Popolare, il movimento c’ha messo del tempo a guadagnare consensi, nonostante Putin abbia evidenziato un nuovo entusiasmo nei mesi passati nel promuoverlo. Il dissenso politico in Russia è sempre nato e poi rifluito, e sebbene molti russi hanno militato con Putin come il “sapiente” della nazione un decennio fa, quel sentimento è ora diminuito. Putin sta usando tattiche diverse per contrastare questo fatto, dalla repressione alla creazione di nuovi movimenti politici. Inoltre Putin ed il suo governo stanno cercando un modo nuovo per unire il popolo – in particolare una modalità che trascenda le personalità e diventi parte dell’anima nazionale. Putin vuole creare una nuova identità russa.

Formulare una nuova identità per i russi

Con così tante e serie divisioni fra la gente russa – demografiche, etniche, religiose, politiche e generazionali – una volta ancora è ritornato il dibattito sulla necessità di una identità russa unificata che possa superare tutte quelle differenze. In agosto Putin ha dichiarato: “ In epoca sovietica sono stai fatti molti errori, ma sono state inventate molte cose nuove. Per esempio c’era il concetto di popolo Sovietico, una nuova comunità storica”. Da allora è cresciuto il dibattito su come formare una nuova identità per l’attuale insieme di diversi popoli nel paese. Putin ha promulgato un decreto presidenziale ordinando al suo Gabinetto di proporre entro il 1.o dicembre [2012 – NdT] una Strategia Nazionale di Politica Sociale ed Etnica. I due personaggi del Cremlino incaricati di questa impresa sono il Presidente della Duma dello Stato Russo, Sergei Naryshkin e il Vice Premier Vladislav Surkov. Naryshkin è uno degli alleati di Putin più affidabile. Ha servito nel KGB per poi entrare con Putin nel circolo san-pietroburghese degli attuali strateghi del Cremlino. Naryshkin è solitamente piazzato dove Putin ha bisogno di un serio stratega, ha servito come consigliere in Gazprom, consigliere militare navale, capo comunicazione e responsabile delle relazioni economiche con la CSI, l’Unione Europea e l’Estremo Oriente. Surkov è un cremliniano più controverso. Non solo è mezzo ceceno e mezzo ebreo, ha anche guidato in precedenza il clan dei “civiliki” dentro il Cremlino. Sukov ha esperienza nel dare forma ad importanti iniziative come il programma per la gioventù Nashi e le relazioni del Cremlino con la Cecenia. La nuova politica sociale intende sostituire la debole strategia implementata nel 1996 da Boris Eltsin. La prima bozza della nuova strategia dice che la Russia è “una singola entità civile socio-culturale, formata dalla multi-popolare nazione russa”. Da notare che la bozza della loro nuova politica ha rimosso il concetto dell’importanza dell’etnia russa nella nazione. Invece la sottolineatura andrà verso una nazione multi-etnica, proponendo una strategia di politica etnica che comporti un patto fra tutte le nazionalità russe. Il documento sta già suscitando molta attenzione ed è supportato dai musulmani – dagli imam ai gruppi sociali – in Cecenia, Tatarstan e nella diaspora armena. Hanno invece stroncato la strategia i gruppi ortodossi ed etnici russi più nazionalisti, in quanto essi non vogliono una politica di inclusione dei gruppi stranieri e di etnia non russa. Il deputato della Duma e membro del Consiglio Presidenziale per le Relazioni Etniche, Alexei Zhuravlev ha proposto di sottoporre l’intera strategia a referendum popolare nel 2013. Esporre la questione al voto pubblico sarebbe rischioso a causa delle divisioni sociali, politiche ed etniche fra le diverse popolazioni russe. Queste divisioni sono proprio quelle che questa nuova strategia tenta di affrontare, sebbene nella storia russa non siano mai state trovate risposte durevoli a tali dilemmi, tranne che la “sovietizzazione” forzata e brutale dei popoli sotto Stalin.

Ma con le fratture fra popoli che si approfondiscono come mai prima, il Cremlino non ha altra scelta che cercare di unificare il paese, anche se il piano dovesse avere successo solo marginalmente.


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