Martedì 16 giugno, nella Sala del Refettorio del Palazzo di San Macuto – Camera dei Deputati, ha avuto luogo la conferenza organizzata dall’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica del Kazakhstan in Italia dal titolo «Contro terrorismo ed estremismo. Risultati e prospettive del Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali in Kazakhstan».
I lavori sono stati aperti dai saluti dell’On. Paolo Grimoldi che ha ringraziato i presenti e gli organizzatori rimarcando la grande attualità della tematica discussa. In un periodo che vede l’integralismo religioso protagonista sulle pagine di cronaca è un grave errore, secondo l’On. Grimoldi, escludere la Russia e i Paesi dello spazio post-sovietico dalla lotta allo Stato Islamico perché questi potrebbero rappresentare dei potenziali partners strategici. È stata ribadita, poi, la necessità di ricorrere al dialogo per una risoluzione della crisi ucraina e la totale contrarietà all’attuale regime di sanzioni anti-Russia che l’Italia sta accettando passivamente non tutelando gli interessi nazionali, proprio come nel caso South Stream. Il Presidente dell’IsAG, Tiberio Graziani, ha dato il suo benvenuto ai presenti facendo cenno all’importanza del dialogo inter-religioso e della stabilità interna per regolare i rapporti con l’esterno. Un modello esemplare, da questo punto di vista, è rappresentato dal Kazakhstan e dalla politica di dialogo intrapresa dal suo Presidente, Nursultan Nazarbaev.
Il Dott. Dario Citati, Direttore del programma «Eurasia» dell’IsAG, nonché moderatore del dibattito, è entrato nel vivo della tematica discussa illustrando le due linee guida dei lavori: un primo panel impegnato a fare il punto della situazione religiosa del Kazakhstan e a commentare la V edizione del Congresso dei Capi delle Religioni Mondiali e Tradizionali tenutosi il 10-11 giugno ad Astana; un secondo panel per riflettere su come il modello di dialogo inter-religioso kazako possa ispirare anche l’Europa. Tutto ciò dopo aver ribadito il ruolo di prestigio attualmente occupato dal Kazakhstan (il quale, secondo Citati, non è più un Paese emergente, ma «già emerso») e il successo della sua politica di dialogo tra le innumerevoli etnie e religioni che lo compongono e che contribuisce a fare dello stesso uno «Stato laico, ma capace di recepire le istanze religiose nello spazio pubblico».
La parola è poi passata all’Ambasciatore della Repubblica del Kazakhstan in Italia, S.E. Andrian Yelemessov, il quale ha colto l’occasione per sottolineare l’importanza del lavoro svolto dall’IsAG in chiave anti-integralismo religioso. Il Kazakhstan è stato per anni un vero e proprio «laboratorio di convivenza» tra varie culture, il tutto dovuto anche alla politica di terrore prima zarista e poi stalinista che ha fatto delle steppe kazake la meta di deportazione per tantissimi cittadini sovietici di ogni etnia. Ciò ha facilitato il contatto tra varie culture rendendo il Kazakhstan un modello di studio per il resto del mondo, un Paese che oggi vanta 17 religioni registrate e più di 3000 luoghi di culto nel suo grande territorio. Il dialogo inter-culturale è fortemente richiesto, secondo Yelemessov, in virtù dell’indebolimento del regime di sicurezza globale, dell’aumento esponenziale del numero di conflitti interni e dell’avanzare del terrorismo internazionale, come nel caso dello Stato Islamico. Le cinque edizioni del Congresso dei Capi delle Religioni Mondiali e Tradizionali non solo hanno contribuito fortemente ad incrementare il prestigio del Kazakhstan presso l’estero (considerata anche la presenza al V congresso del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon), ma rappresentano anche «un ulteriore passo verso la comprensione e l’armonia reciproca». Il Kazakhstan, ha assicurato Yelemessov, farà il possibile per incentivare il dialogo multiculturale, ricordando anche la necessità di impegno e partecipazione attiva da parte di ciascuno di noi per costruire la pace futura.
Con l’intervento del Dott. Alessandro Lundini, che ha seguito ad Astana la quinta edizione del Congresso nel giugno 2015 in qualità di inviato dell’IsAG, si è passati ad analizzare nel dettaglio le tematiche trattate e gli obiettivi perseguiti attraverso una testimonianza diretta: quest’ultima edizione, secondo Lundini, non ha soltanto tentato di unire le varie parti coinvolte, ma, a differenza delle scorse edizioni, ha avuto anche il merito di aver stilato delle proposte concrete per implementare il dialogo tra culture diverse. Questa edizione del Congresso ha rimarcato, in modo particolare, il ruolo decisivo delle nuove generazioni, dell’educazione e dell’istruzione che dovrebbe essere finalizzata all’allontanamento dei giovani dall’estremismo, ma ha anche stabilito la necessità di una maggiore sinergia tra gli organi che incentivano il dialogo inter-religioso. In un contesto geopolitico del genere, ha aggiunto Lundini, il dialogo risulta utile per sventare le crisi o per attutirne le conseguenze, e il Congresso di Astana è prova dell’impegno assunto dal Kazakhstan per promuovere la comprensione reciproca e creare una «piattaforma di dialogo per scoprire valori condivisi».
Il Dott. Emmanuel Dupuy, Presidente dell’Institut Prospective et Sécurité en Europe di Parigi, ha, invece, inquadrato la status geopolitico odierno del Kazakhstan: parliamo di un Paese dalla grandissima importanza geo-strategica che possiede in sé tutte le qualità per essere potenza (estensione, confini, crescita demografica, etc…) e che appartiene ad almeno tre aree di espressione geopolitica quali quella eurasiatica, quella centro-asiatica e quella caspico-caucasica. Quest’ultima lo rende strategicamente importante in vista del progetto cinese della «Via della Seta», conferendo, dunque, al Kazakhstan non solo responsabilità regionale, ma anche globale. Il Presidente Nazarbaev sta attuando una «politica religiosa» considerando che nel nuovo sistema internazionale, secondo Dupuy, la risoluzione delle crisi non è più ad esclusivo appannaggio degli Stati nazionali o delle organizzazioni sovranazionali. Anche altri elementi, come il patrimonio culturale e la religione, possono costituire delle forze adeguate a leggere le relazioni internazionali e a pacificare i vari soggetti.
La parola è quindi passata al Dott. Eliseo Bertolasi, ricercatore associato dell’IsAG, che ha tracciato una panoramica delle religioni presenti in Kazakhstan. Dopo la dissoluzione dell’URSS, i valori culturali (in modo particolare religiosi) precedentemente oscurati dal potere centrale sono stati recuperati in molti Paesi dello spazio post-sovietico. Nel caso del Kazakhstan, l’Islam (culto predominante con i suoi 11 milioni di credenti), non si presenta come un’entità monolitica, ma risulta concretizzarsi in almeno tre forme: un Islam tradizionale, frutto di un sincretismo tra i dettami coranici tradizionali ed elementi pagani di origine nomade, un Islam statuale, di eredità sovietica, praticato nelle moschee di Stato e predicato da muftì di Stato, e infine un Islam di ultima generazione, più radicale, diffuso per lo più grazie a predicatori stranieri. L’Islam tradizionale e quello radicale di ultima generazione, ha aggiunto Bertolasi, costituiscono la principale contrapposizione odierna caratterizzando, rispettivamente, le aree rurali e quelle più urbanizzate. Il rapporto tra Islam e modernità rappresenta il nodo chiave di quest’area strategica: spetterà, infatti, alle nuove generazioni decidere di dare una svolta radicale all’Islam kazako o di proseguire lungo il sentiero tracciato dai nonni sovietici e dai padri post-sovietici.
Dopo una breve pausa, i lavori sono ripresi con la presentazione del secondo panel e con l’intervento della Prof.ssa Flavia Monceri, docente di Multiculturalismo e comunicazione interculturale presso l’Università di Campobasso. Secondo la professoressa, il «dialogo» multi-religioso non sempre garantisce una vera e propria comprensione della parte con la quale andiamo a raffrontarci. Questo perché quando si dialoga, secondo la Monceri, si ricercano, in prima istanza, sempre gli elementi che ci accomunano (il concetto di Dio, di peccato, di fede, di bene e male) facendo leva sulla comparazione. Ciò può rendere molto complicato il rapportarsi nei confronti di quelle culture molto lontane dalla nostra, come nel caso di quelle orientali dove tali elementi sono assenti. Sarebbe auspicabile, invece, la ricerca di una «traduzione culturale» che metta in discussione i dogmi sui quali le parti dialoganti si fondano. Dialogare, ha aggiunto la Prof.ssa Monceri, è mettere in discussione i propri dogmi spezzando, in tal modo, una lancia a favore del sincretismo: a una società multiculturale deve necessariamente corrispondere una religione multiculturale.
La parola è passata, successivamente, a Padre Luciano Larivera, redattore esteri per la rivista «La Civiltà Cattolica», il quale ha rimarcato l’importanza del tema dell’educazione ricordando come anche le Nazioni Unite abbiano incentivato quest’aspetto. In maniera particolare, i centri di educazione religiosi svolgono un compito di importanza primaria nell’istruzione in tante diverse aree del mondo. La violenza veicolata dalle guerre, secondo Padre Larivera, contribuisce a distruggere i luoghi di culto che rappresentano non solo dei centri di preghiera, ma anche di educazione e di aggregazione. In altre parole, le guerre contribuiscono ad escludere delle possibilità di arricchimento per le comunità. Ed è per questo motivo che risulta importante incoraggiare la sostenibilità contro ogni forma di violenza e a favore dell’educazione delle nuove generazioni, al fine di «educare al mondo che verrà». A tal proposito, ha aggiunto Padre Larivera, è sempre più auspicabile l’intervento di uno Stato «equilibratore» tra varie culture, come nel caso del Kazakhstan.
L’intervento del Dott. Federico Cenci, giornalista dell’agenzia di stampa ZENIT, si è incentrato sul concetto di «ragione naturale», cioè sulla possibilità delle diverse religioni di insistere su valori umani condivisibili a prescindere dalla dimensione propriamente confessionale. Cenci ha rammentato ad esempio di come la cura del prossimo sia una prerogativa umana che prescinde dall’aspetto religioso e confessionale, portando a riprova alcuni versi estratti dal famoso «Giuramento di Ippocrate». Le più grandi catastrofi prodotte dal genere umano, secondo Cenci, si sono verificate proprio quando un atteggiamento di tipo «prometeico» ha preteso di sostituire valori consolidati da secoli, e spesso cementati proprio dalla religione, con quell’arbitrio umano individualista e relativista che ha preteso di creare il paradiso sulla Terra (caso esemplare furono i totalitarismi, interpretabili anche come una volontà di emanciparsi totalmente dalla volontà divina). L’eutanasia, l’eugenetica, il fenomeno degli «uteri in affitto» sempre più diffuso nelle aree del mondo meno avanzate, nonché l’affermarsi della «ideologia gender» in Occidente: tutto ciò rappresenta una minaccia per l’umanità nella misura in cui incarna questa tendenza a sbarazzarsi dei valori tradizionali. È proprio della religione, ha aggiunto Cenci, il compito di «vigilare su queste derive» e di far valere il rispetto per la natura umana, accennando anche al discorso pronunciato da Benedetto XVI al Bundestag tedesco nel 2011.
I lavori si sono conclusi con l’intervento del direttore generale dell’IsAG, Dott. Daniele Scalea, che ha ribadito l’importanza di trattare tematiche connesse al dialogo fra civiltà ricordando come l’IsAG sia stato il primo istituto ad aver organizzato un convegno sul Congresso in Italia. Decisiva, secondo Scalea, per l’affermarsi di un Kazakhstan multiculturale e, al contempo, stabile, è stata la steppa, genius loci del popolo kazako, nonché palcoscenico di unione tra i tanti clan familiari presenti nell’Asia Centrale. In altre parole, un luogo di incontro tra culture diverse, considerando anche le caratteristiche fisiche dello stesso. Il Kazakhstan odierno è contrassegnato dalla più civile convivenza tra musulmani e cristiani, dove non sono presenti tracce di estremismo o jihadismo, essendo stato definito, quello kazako, un «Islam gentile» con il quale è un piacere poter dialogare. Proprio in virtù di ciò, ha ricordato Scalea, l’Occidente dovrebbe abbandonare la pretesa di ergersi a «maestro di democrazia» per il resto del Pianeta, poiché dove l’ha fatto recentemente ha portato solo il caos.
(Giannicola Saldutti)