di Alberto Giusti
Le elezioni sono un momento magico. È la magia della democrazia che, in non più di 36 ore, trasforma le preferenze di decine di milioni di individui, disseminati su un grande territorio nazionale, in un numero limitato di seggi concentrati in un unico punto, nel Parlamento. A volte, la magia riesce bene, e si creano una maggioranza e un governo. Ieri, invece, è riuscita male.
Il paese esce dalle urne peggio di prima, se questo era possibile. Degli scenari delineati pochi giorni fa, sembra andarsi avverando il terzo caso: quello di una Camera con maggioranza di Centrosinistra, e un senato completamente privo di maggioranza.
Alla Camera, il centrosinistra di Bersani, dato largamente in vantaggio per mesi e mesi, riesce a strappare la maggioranza e a guadagnare il premio di 340 seggi con uno scarto sul centrodestra di soli 124.000 voti. Nel 2006 erano stati soltanto 24.000, ma non c’è certo di che rallegrarsi per aver guadagnato 100.000 voti in più. Perché non sono affatto guadagnati. Tra poco vedremo perché.
Al Senato invece, il centrodestra di Berlusconi, grazie al solito gioco dei premi di maggioranza regionali, riesce a guadagnare più seggi del csx: 116 contro 113, vincendo in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lombardia, Veneto. Ben 6 regioni, delle quali solo una, prima del voto, veniva data stabilmente al cdx, il Veneto, 3 venivano date come competitive, mentre Puglia e Calabria erano date stabilmente al csx.
La coalizione di Monti ottiene un risultato molto deludente: di poco superiore al 10%, passa per un soffio alla Camera. Non entra alla Camera, dopo decenni, Gianfranco Fini. Al Senato invece, i pochi voti ottenuti da Monti gli fanno ottenere solo 18 seggi, che non servono a nessuno per creare una maggioranza.
La sorpresa di queste elezioni è il Movimento 5 Stelle. Nessuno, nessuno lo dava primo partito, nessuno lo dava al 25%. E invece il movimento di Grillo sfonda addirittura il muro degli 8 milioni di voti e supera di circa 42.000 voti il Partito Democratico. Va a prendersi 108 seggi alla Camera e 54 al Senato, indispensabili per chiunque voglia riuscire a portare avanti delle proposte senza fare muro contro muro con i 5 Stelle e portarli così, al prossimo giro, su vette ancora più alte.
Le domande che ci poniamo noi elettori, stamattina, sono tante. Le domande che si pongono i nostri politici, forse, sono ancora di più. Come ha fatto un partito nato tre anni fa e alle sue prime elezioni legislative, a prendere il 25%, più di quanto ha fatto Berlusconi nel 1994 e fuori da qualsiasi dinamica del mondo occidentale? Come ha fatto il centrodestra, governando così male da essere praticamente commissariato, promettendo in pratica la luna e ricandidando chi ha fallito non una, ma 3 volte in 20 anni, ad arrivare praticamente alla parità con il centrosinistra? E come ha fatto il centrosinistra, dimostrandosi prima responsabile tenendo in piedi il governo tecnico, facendo poi le primarie per aprirsi alla gente sia per scegliere il candidato premier che per i parlamentari, e dato in grande vantaggio per mesi e mesi, a ridursi con un risultato se possibile peggiore di quello di Prodi nel 2006?
Ma soprattutto, come hanno fatto i sondaggisti a sbagliare così tanto, ancora una volta? Siamo addirittura nel paese in cui uno stabile 20% degli intervistati mente addirittura ai sondaggisti, così, per svago? Perché altrimenti non si spiega la differenza fra ciò che ci aspettavamo e ciò che ci siamo trovati davanti. Non solo: come scrivevo circa un mese fa, dai sondaggi dipendono anche le nostre decisioni di voto. E siamo sicuri che tutti avrebbero votato come hanno votato prevedendo una situazione del genere? O forse molti si sono sentiti liberi di scegliere “la protesta” perché da mesi ormai veniva data per scontata la vittoria di uno schieramento? Questo è un dato da non sottovalutare: i sondaggi hanno una percentuale di responsabilità non indifferente in questa tragedia.
Guardando ai dati reali, possiamo forse scoprire qualcosa di più. (tabella)
Aldilà delle percentuali, ciò che conta davvero per capire cosa è successo sono i voti in valore assoluto. E così scopriamo che Monti, in realtà, non vale poi molto: l’Udc nel 2008 aveva preso da sola 2 milioni di voti, con la supercoalizione che doveva ricreare la balena bianca ne riguadagna appena 1 milione e mezzo. Spiccioli fra pezzi da cento. Ingroia riesce a fare peggio della Sinistra Arcobaleno, nonostante insieme ai veterocomunisti ci fosse anche l’Italia dei valori. Spazzati via dalla storia, tutti insieme. Il Movimento 5 Stelle, dal nulla, guadagna oltre 8,68 milioni di consensi. Il centrodestra, nonostante abbia fatto sudare freddo il centrosinistra, ha perso quasi 10 milioni di voti, un tesoro di consensi. Ma il dato che deve far riflettere più di tutti è il saldo del centrosinistra, che ha perso 3,6 milioni di voti rispetto al risultato conseguito da Veltroni nel 2008. Con quei voti, alla Camera non ci sarebbe stata storia, e studierò nei prossimi giorni le conseguenze sul Senato, che prevedo allo stesso modo decisive. Mi tornano purtroppo in mente le parole dette dieci giorni fa a degli amici americani ai quali dovevo spiegare la coalizione di centrosinistra. Center-left has some problem in communication.The slogan is “where politic says the truth”. Truth is important in an electoral campaign, but maybe we need also dreams. Il sogno di Bersani era un grande sogno, si chiamava Italia Giusta. Lui ci ha messo l’anima e ha raccolto ogni sfida sul suo cammino, e i militanti lo hanno seguito fino in fondo. Ma i militanti forse non possono fare tutto. C’è una cosa che si chiama staff, e ogni leader in campagna elettorale ne ha uno. Il suo compito è gestire la comunicazione, le iniziative, l’immagine, il linguaggio e la strategia del leader. Credo che quello di Bersani non ne fosse all’altezza.