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Risvolti globali di una scelta a stelle e strisce

Creato il 14 agosto 2012 da Tabulerase

Risvolti globali di una scelta a stelle e strisceIl candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti Mitt Romney ha annunciato che Paul Ryan sarà il suo candidato alla vicepresidenza, così come già accaduto il 29 agosto del 2008 quando l’allora candidato McCain nominò la Palin, prendendo tutti in contropiede.

La risposta all’annuncio di Romney da parte dello staff elettorale del Presidente Americano Barack Obama non si è fatta attendere.

“Scegliendo Paul Ryan, Mitt Romney ha scelto un leader dei repubblicani alla Camera che condivide il suo impegno a favore della teoria viziata che nuovi tagli alle tasse per i più ricchi, aggravando il peso fiscale sulla middle class e sulle persone più anziane, rafforzi in qualche modo l’economia”, ha detto il manager della campagna di Obama, Jim Messina, in un comunicato. “In qualità di membro del Congresso, Ryan ha ratificato le politiche economiche avventate di Bush che hanno fatto lievitare il nostro deficit e hanno rovinato la nostra economia”, ha aggiunto Messina.

 Ma chi è Paul Ryan?

Ha 42 anni è membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Wisconsin. Eletto per la prima volta nel 1998 è stato sempre riconfermato con ampi margini di voto. Presiede la Commissione Bilancio della Camera.

“The Path to Prosperity” rimasta sulla carta, perché respinta al Senato dai democratici,  portò sconcerto anche tra i repubblicani. Il suo piano prevedeva: privatizzazione della Social Security (le pensioni pubbliche) e smantellamento di Medicare, la sanità federale per gli anziani.

Cosa possa importarci tutto ciò? Be’, la scelta del nuovo presidente degli Stati Uniti non è mai stata una faccenda privata del paese più potente del mondo ma, oggi più che mai dovrebbe farci stare con gli occhi aperti e valutare ciò che accadrà. Così come, credo sia altrettanto importante ascoltare le idee che al di là dell’oceano si formano; perché, complice la globalizzazione, ci mettono molto meno tempo a propagarsi, nel continente europeo, di un battito d’ali di una farfalla nel Wisconsin. E se le idee sono quelle paventate dal giovane ultra conservatore c’è da stare attenti.

 Esiste, infatti, e la crisi economica lo ha accelerato, un pensiero, negli Stati Uniti (e non solo), di smantellamento del welfare. Che troppa spesa pubblica non sia più sostenibile è condivisibile ma, che lo smantellamento del contributo collettivo per il mantenimento dei servizi essenziali, porterebbe al risanamento economico e alla risoluzione di tutti i problemi, è una balla colossale della stessa portata di chi ci diceva che il progresso e il capitalismo spinto sulle vette di un liberismo illimitato e incontrollato, ci avrebbe fatti tutti più ricchi. Sappiamo tutti come i mercati di concezione liberista, senza nessun filtro, controllo serio, ci hanno ridotto. Ma ancora non sappiamo fin quando e come uscirne, purtroppo.

 Non si può pensare di risolvere una crisi di sistema magari camuffando le scelte con proclami di bene comune e necessità improrogabili solo per mantenere i privilegi, gli sprechi e gli eccessi attuali.

C’è da pensare sicuramente a un nuovo modello economico ma non si può ridurre il tutto semplicisticamente alla dicotomia: più Stato meno Stato.

Sarebbe interessante, almeno, provare a pensare non più in termini quantitativi ma qualitativi, prevedere non più una rincorsa alla produzione; quella dei bisogni indotti che hanno generato surplus produttivi con il solo scopo di accrescere i conti in banca di pochi gruppi economici o il ritorno a un’economia reale abbandonando quella virtuale fatti di scambi elettronici a velocità esasperate che hanno bruciato milioni di dollari e distrutto parecchie vite umane.


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