Magazine Cultura

Rita SimonittoIn controtendenza

Da Ennioabate
Leonardo-Studio-di-volto-maschile-Battaglia-di-Anghiari-200Fa bene Rita Simonitto nella lettera che segue a rendere pubblica la sua insoddisfazione davanti al «poetare odierno».  L’ho io pure manifestata riferendo sul «Quadernario» della Lietocolle. Ed è la stessa che mi rode quando esploro i blog che pubblicano poesia on line. Meno in sintonia  mi sento quando Rita sembra proporre, sulla scia del post di Mannacio dedicato all’aforisma 518 (qui), di mettersi in attesa di una delle «molte specie di aurore». Un’aurora servirebbe, sì, ma non generica o dei “soliti” filosofi. Perciò attendere non si può. Mentre il «rotolo rovente e prossimo a carbonizzarsi» della poesia (o della nostra poesia e delle nostre vite) si consuma (dando per buono che sia «un buon segno»!), bisogna affrettarsi a decifrare in esso qualcosa d’importante da tenere a mente e trasmettere a chi viene dopo di noi. E se la storia ci sta mostrando l’ampiezza prima insospettata della «terra desolata» in cui ci troviamo, i poeti dovrebbero assumersi la responsabilità di dire meglio l’essenziale che c’è da dire oggi. O anche di tacere, se è il caso. Sempre meglio che assopirsi nelle ninne nanne, nelle elegie, nelle lamentazioni. Oppure eccitarsi con le piccole diatribe o gli applausi di circostanza di improvvisate e distratte corporazioni amicali. [E.A]

(Nietzsche: Si corrompe nel modo più sicuro un giovane, se gli si insegna   a stimare chi la pensa come lui più di chi la pensa diversamente)

 

Caro Ennio [Abate], per un po’ non avrò il tempo necessario per dedicare a questo blog l’attenzione adeguata per intervenire rispondendo a quegli stimoli che tu utilmente (e, ogni tanto, anche ‘provocatoriamente’) metti in campo. Ciò non significa che non continui a leggerlo, a farmi degli appunti che forse più avanti potrò riprendere. Ciò per quanto riguarda i commenti.
Per quanto riguarda lo scrivere versi, accanto a questa mia mancanza di tempo si affianca una mancanza di ispirazione legata ad un sentimento di controtendenza che mi allontana sempre di più dal poetare odierno.
Questa impressione viene potenziata dal mio senso di inadeguatezza nei confronti di una realtà che ormai non fa che ripetersi in modo ossessivo nei suoi ‘disastri’ (Freud diceva che si è condannati a ripetere incessantemente ciò che è stato smemorato e non elaborato), con l’aggravante della delusione di non trovare nel dire poetico odierno (me compresa) qualche cosa di ‘illuminante’, di stimolante che esca dalle secche del dejà vu.
Non è assolutamente una critica la mia (e da quale pulpito, poi!) ma, per quanto apprezzi e valorizzi molte delle poesie che qui vengono pubblicate – particolarmente quelle appartenenti ad autori d’antan (ça va sans dire) – queste non producono in me quello stato di eccitazione, quell’”eureka” che oggi si trova forse un po’ di più in certa ‘saggistica’ (o in alcuni film) più che nelle ‘poetiche’, mentre dovrebbe accadere proprio l’inverso. E, pur approvando quello che acutamente Annamaria Locatelli esprime a proposito della poesia di Selene Pascasi: Nelle sue poesie ritrovo una tale assonanza di sentire da credere di aver scoperto una “sosia spirituale”. C’è dunque una poetessa che sa esprimere il suo il tuo meglio e in cui ti rifletti fino in fondo, non sento la presenza di qualche cosa che mi rappresenti in questo mio bisogno di andare oltre al riflettersi fino in fondo.
Tant’è che da un bel po’ non riesco a scrivere più.
Credo che in una epoca di transizione come la presente sia molto difficile non patire la difficoltà a raccogliere i vari frammenti di cui è (s)composta e tentare di dare loro un senso che non si limiti a ripeterne la frammentarietà, lo scompenso, ma cerchi di restituire loro una ‘visione’ altra, possibilmente pro-gettuale.
Non perché creda che la poesia debba assumersi dei compiti di tale fatta ma perché il rapporto con il dare senso dovrebbe fare parte del suo essere costitutivamente sia ambigua e sia potenzialmente adatta ad uscire dall’ambiguità; del suo continuo stare sul limite fra il noto e ciò che non è ancora noto; del suo gioco fra lo svelare e il nascondere; la discesa negli inferi della tragedia e il suo superamento.
Invece, nel mondo ‘pornografico’ odierno in cui, in barba alla privacy, tutto viene ostentato, pubblicato, eviscerato non c’è più posto per il mistero (che non ha nulla a che vedere con il ‘misterioso’ o con il ‘religioso’) e, di conseguenza, non c’è spazio per il pensiero ‘creativo’ che al mistero si accompagna. La denuncia, lo spionaggio, la critica per la critica hanno preso il posto del confronto tra pensieri diversi.

Io dunque mi sento risucchiata nel ‘passato’ senza peraltro sentirne la forza come invece scriveva P.P. Pasolini nel suo “Io sono una forza del passato”.
Da questa terra desolata ti invio i miei ‘versi del commiato’ (non già più ‘poesie’)[che saranno pubblicati in un un post autonomo.E.A.] in attesa non più del “Sol dell’Avvenir”, né di Eos dalle rosate dita ma di un’alba rigeneratrice, una delle molte specie di aurore, in ciò prendendo lo spunto dal recente post di G. Mannacio su questo Blog, con la citazione dell’aforisma 518 di Nietzsche: La fenice mostrò al poeta un rotolo rovente e prossimo a carbonizzarsi.  Non spaventarti – disse – è la tua opera. Non ha lo spirito del tempo e ancora meno lo spirito di quelli che sono contro il tempo: per conseguenza deve essere bruciata. Ma questo è un buon segno. Ci sono molte specie di aurore.
Di una aurora che non riparta secondo il modello di noialtri filosofi [che] abbiamo l’abitudine di edificare come se si fosse sul terreno più solido e di continuare a riedificare anche se ogni edificio sia crollato (sempre Nietzsche), perché l’aurora non sta nell’opera concreta che è suscettibile agli ‘insulti del tempo’ (e questo è un buon segno) ma in ciò che, nell’opera, travalica il tempo degli umani sia che essi abbiano lo spirito del tempo e sia che essi ne siano contrari. Al pari della Fenice che risorge dalle ceneri ed è lei ma non è più lei. E credo che questo valga anche per la poesia.
Un caro saluto.
Rita


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog