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Ritorna Sant'Onofrio

Creato il 03 luglio 2010 da Jessiericetta
Ritorna Sant'OnofrioChi mi legge sa che se c'è una cosa che mi ruga sono le tradizioni che vanno scomparendo. Che si tratti di cucina, di feste, di linguaggio o altro, ogni volta è un pezzettino di identità che si perde.
Non sono una di quelle che rimpiange i prischi valori del passato. E tutti i vantaggi della società moderna & globale li vedo benissimo. Sarò sempre l'ultima a lamentarmi del fatto che le trattorie vengono sostituite da rivendite di kebab. Soprattutto se le succitate trattorie son lì a spennare i turisti proponendo fettuccine dell'hard discount a prezzi proibitivi. E soprattutto se c'è gentaccia pronta a mestar nel torbido e a portar acqua al proprio mulino con la scusa che il suolo italico è invaso dal barbaro straniero. La succitata gentaccia farebbe meglio a preoccuparsi per il fatto che, ad esempio, oramai sia nella periferia milanese che nel borghetto del Salento si vedano ovunque le stesse torme di genti (italianissime, ça va sans dire) con gli stessi mesti tatuaggi, gli stessi calzonacci a vita bassa con il pezzo di mutanda che pietosamente spunta dalla cinta e la stessa abitudine a stare attaccati per ore consecutive al telefonino di ultima generazione. Ma questo, come sempre, fra parentesi.
Va da sé che se uno ha da pensare al calzonaccio a vita bassa e al telefonino nuovo di pacca, di mantenere in vita seccanti tradizioni che prevedono un mucchio di impegno non ha nessuna voglia. Per cui, se proprio si deve, si fa a tirare via.
La tendenza è vecchia, va detto. E' cominciata con il benessere economico. Benedetto, il benessere economico. Che fra i miei compaesani non ci sia più nessuno costretto a vivere in casolari diruti con il riscaldamento fornito dalle bestie nella stalla sottostante la camera da letto (e non sto parlando del Medioevo, ma dei tardi anni Settanta) o che debba chiedere i soldi in prestito per comperare un po' di ricotta ai figli, mi sembra cosa bellissima. Il benessere si è però portato appresso anche la vergogna per la povertà del passato. Una delle conseguenze, ad esempio, è stata che nessuno voleva più scarpinare appresso a un carro per cinque chilometri e ritorno per andare a prendere la statua del patrono e portarla in paese. Vuoi mettere quanto è più comodo farlo con un camioncino, che è pure più moderno. Anzi, facciamo una sfilata con un tot di camioncini. Non hai il camioncino? Va benissimo la jeep. E la decorazione di fiori? E chi ha il tempo di coglierli, mettiamo qualche festone. E visto che non ci sono più i campanacci dei buoi, suoniamo i clacson. Come, ci sono le vecchie che si lamentano per "chille puovere Sante Nuofrie tutto sballottato" e per il rumore? Sono vecchie, lasciale dire.
Tutto ciò per quasi quarant'anni.
Vi lascio perciò immaginare la mia sorpresa quando sabato ho visto la scena che potete vedere in alto. Sant'Onofrio orgogliosamente sul suo carro adorno di ginestre appena colte, trainato dai buoi con le fasce rituali sulle corna.
Come da tradizione, lo seguiva il carro con Sant'Antonio, anche lui trainato dai buoi. E 'a bandarella, la banda musicale in divisa. E tanta, tanta gente, di tutte le età, pronta a farsi i cinque chilometri fino al convento.
Zia Maria mi ha detto che il merito è del nuovo parroco. Il quale, dopo essersi speso insieme a un bel gruppo di volenterosi per far rivivere la tradizione di San Giuseppe, ha ridato alla festa di Sant'Onofrio l'importanza che le spetta.
Io non sono granché di chiesa, e spesse volte ciò che dicono e fanno le alte sfere della gerarchia d'Oltretevere mi causa un vivo desiderio di passare alle schiere della Chiesa vetero cattolica dell'Unione di Utrecht.
Per questo, la mia riconoscenza a Don Michele per tutto ciò che sta facendo per la comunità del mio paesello è ancora più grande.
Viva Sante Nuofrie. E arrivederci al prossimo anno.

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