In un periodo di estrema confusione politica ed economica, nazionale e mondiale, ascoltare voci autorevoli a livello internazionale è particolarmente utile. Almeno per comprendere cosa sta accadendo e dove si sta andando. E’ con questo spirito che ho partecipato al convegno Nobels Colloquia, nella giornata di venerdì primo dicembre…
Il tema affrontato era quello del mercato del lavoro, con implicazioni sociali legate al problema della disoccupazione e delle politiche di intervento. Onestamente il quadro emerso è complesso, con una eterogeneità di risultati riscontrati nei diversi paesi comunitari. Una cosa è certa, tutti si sono soffermati, anche per un secondo, su un aspetto: quello dell’efficienza e dell’efficacia delle politiche. Cioè del loro costo in relazione ai risultati che esse permettono di ottenere.
Si è parlato anche di banche e di governance di questi istituti e, più in generale di etica. E’ strano come, tra tutti i presenti, l’unico ad aver posto questioni di etiche in maniera risoluta e decisa sia stato Edward Lutwak.
Il dibattito ha visto posizioni diverse confrontarsi in maniera civile, ma su posizioni ferme. Da un lato c’è chi considera il mercato ancora capace di raggiungere un livello di massimo benessere collettivo. Dall’altro c’è chi sottolinea che il sistema delle regole non può non imporre valori che tutelino la collettività da posizioni dominanti.
Ascoltando ho avuto la conferma che Profumo, gruppo Unicredit, ha ricevuto una liquidazione di 4 milioni di euro. Peccato che il valore azionario del suo gruppo bancario sia sceso, nel mentre, da una cifra superiore a 10 euro ad azione ad una pressochè prossima ad 1 euro ad azione. Un sistema che premia chi mal governa non può essere considerato tale.
Gli spunti su cui arrabbiarsi e riflettere sono stati molteplici. Tuttavia, le soluzioni proposte sono state veramente poche. Ho avuto la sensazione che nessuno dei presenti, almeno non dichiaratamente, abbia la minima idea di quale possa essere e di come dovrebbe essere la società globale del nuovo millennio. Troppi studi e troppa poca fantasia propositiva…
Anzi, ho avuto certezza che molti aspetti sociali ancora sfuggano ai modelli econometrici dei Nobels. Parlando di globalizzazione, ho sentito affermare che il mercato globale rappresenta un’opportunità generale di crescita professionale dei lavoratori. Su scala globale ciò è vero. Poi, però, si fa un esempio, quello dell’operatore di call center indiano. Tale giovane lavoratore globale, affinando una competenza, quella della conoscenza dell’inglese, riesce ad inserirsi in un mercato globale, per cui i call center spesso vengono delocalizzati in paesi in via di sviluppo.
Per quanto un nobel sia un nobel. Per quanto il sottoscritto possa aver compreso male. Per quanto il traduttore simultaneo possa essersi preso qualche licenza interpretativa… una cavolata resta pur sempre una cavolata.
L’ operatore di call center indiano lavora nel mercato globale, non per le sue maggiori qualità professionali (siano esse tecniche o trasversali), ma solo per un motivo: costa meno di tanti altri operatori di call center.
Tra un indiano ed un inglese, a parità di qualifiche, il mercato globale sceglie l’indiano e lo sceglierebbe anche se fosse meno performante di quello inglese, poichè in ogni caso costerebbe molto meno.
Il mercato globale non mette i lavoratori in concorrenza, per cui si premiano i migliori per competenza ed esperienza, ma li riconduce in gabbie territoriali in cui legislazioni nazionali, oneri sociali, sistemi pensionistici, ecc. ecc. li rendono differenziati e ne inficiano le vere e reali opportunità di autorealizzazione.
Questo un nobel dovrebbe saperlo e, se non lo afferma… ci sarà un motivo, che è anche uno dei principali problemi ancora irrisolti del mondo globale.
Nel dubbio la tentazione di fare le valigie e di partire per un altrove non facilmente individuabile su scala globale è ancor più forte.