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Ritratto maldoniano di un esule inconscio (quinta parte)

Da Villa Telesio

Ritratto maldoniano di un esule inconscio (quinta parte)

leggi la prima  la seconda  la terza e la quarta  parte (questo racconto è figlio del ciclo maldoniano di Gaetano Veninata)

leggi la prima, la seconda, la terza e la quarta parte della versione alternativa (di Moises Di Sante)

Mario non riusciva a distinguere chiaramente se fosse un quadro, o una vera finestra, quel rettangolo fosco e arancione in mezzo al quale si stagliava una collina di rifiuti. Quella era l’unica cosa che non sapeva. Per il resto aveva un’idea ben precisa del fatto di essere seduto di fronte a un tavolo di legno dipinto di blu, dentro una cucina piccola, ma per lui estremamente familiare.

Il fatto che non cogliesse sfumature tra i colori (nel senso che il quadro-finestra era arancione e la cucina blu: e basta, solo arancione e blu, blu e arancione)..beh, nemmeno questo lo sorprendeva. Mario sapeva anche di avere indosso un paio di espadrillas nere, e di essere letteralmente inchiodato alle assi di legno del pavimento: due grossi chiodi arrugginiti gli attraversavano i piedi, rendendolo un santo seduto in una cucina blu, senza dolore, e senza la capacità di saper distinguere un quadro da una finestra.

Ritratto maldoniano di un esule inconscio (quinta parte)

Di fronte a lui sedeva, nelle stesse identiche condizioni, suo padre. Era la prima volta che si vedevano dopo i fatti che gli storici maldoniani chiamavano l’Era Sabbiosa. Il padre disse al figlio: “Preghiamo, Mario”. Lui annuì.

Padre misericordioso,
che hai mandato il tuo Figlio per darci la vita,
benedici noi e la scossa che stiamo per prendere,
tuo dono e frutto del nostro lavoro,
affinchè, rinvigoriti nelle forze,
attendiamo vigilanti la sua elettrica venuta.
Per la Bobina. Amen.

Tzozius senior continuò, mentre Mario si accorse che sanguinava dal naso, e che un gruppo di androidi di seconda generazione (Kimber02) si era accalcato dietro la finestra chiusa (o era apparso dentro il quadro, non aveva importanza per Mario, nessuna importanza). Mentre il padre continuava le sua odi elettriche, gli androidi iniziarono a cantare in una lingua incomprensibile.

(continua)

(Fonte immagini: Retronaut.co)


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