Damien Vignaux o della seduzione (delle immagini).
Dalla Francia a Berlino, dove vive e lavora, Damien ha un approccio alla fotografia influenzato dalla sua attività di grafico e art director. «Scelgo le mie modelle con la stessa cura con cui sceglierei un font», ci dice: linee, colori, volumi – la sua è una fotografia ricercata e semplice, di quell’essenzialità bella, che noi a Enquire amiamo e perseguiamo. Le sue donne sono sottili, lievi e della stessa consistenza dei colori tenui che le circondano; curatissime come la cover di una bella rivista, di quelle che funzionano perché less is more e perché solo un occhio allenato al bello sa cosa togliere, cosa è in eccesso. Pixel cesellati e rumore lievissimo, ma perfetto: Damien dice di raccontare storie, e noi in quelle storie ci vorremmo proprio stare.
Damien Vignaux per Enquire.
Se dovessi descrivere la tua fotografia con solo tre parole, quali sceglieresti?
Versatile, rituale, seducente.
Qual è il tuo primo ricordo legato alla fotografia?
Non saprei quale sia – consumo le immagini molto velocemente, il mio modo di leggerle assomiglia più a un fluire incessante di immagini che a un ricordo legato a storie separate.
Quando hai iniziato a fare fotografia? Hai seguito qualche corso o piuttosto practice makes perfect?
Ho sempre fotografato, all’inizio in un modo molto elementare e geek – quando inizio qualcosa mi piace farlo dal principio, dalle basi, così ho passato ore e ore in camera oscura, collezionando vecchie macchine fotografiche e costruendo pinhole, lavorando con le emulsioni e così via.
Analogico o digitale?
Adesso scatto molto in digitale, con la mia 5D, perché è versatile e veloce. Lavoro molto seguendo le intuizioni e scattare in digitale mi aiuta nella spontaneità. Così posso editare una foto come la voglio piuttosto che spendere una notte in laboratorio per un’unica fotografia.
Spesso fotografi donne, ma cos’è che ami del corpo femminile?
Le linee, le linee sono tutto. Sono un designer e sono ossessionato dalla composizione. Scelgo modelle nello stesso identico modo in cui scelto un font o un elemento di grafica – deve raccontare una storia, e ogni corpo ha una sua storia.
Qual è il tuo mondo attraverso le lenti?
È proprio come lo vedi – il mio mondo fotografico non ha niente a che vedere col mio mondo e nemmeno col modo in cui io vedo il mondo. Non dico che, che so, rivelo bellezze nascoste – i miei contenuti sono evidenti: io racconto storie.
Se tu potessi fotografare una persona, una celebrità, una diva dei tempi andati, chiunque, chi sceglieresti?
Probabilmente Johnny Cash ai vecchi tempi.
Cosa fai quando non scatti?
Sono un art director freelance e lavoro soprattutto in motion e editorial design. Sono art director di un giornale tedesco di moda, faccio pubblicità e video musicali, cose così.
Cosa c’è nel tuo immaginario? Artisti, registi, influenze.
Sono influenzato dai vari miei campi di lavoro. Sono molto legato al cinema e ai registi come Tarantino perché abbiamo lo stesso feticismo per l’immagine e lo stesso comportamento complusivo nel cercar di capire quali siano i generi, come sia fatti e come reinterpretare i segni di uno stile o di un altro per renderli propri.
Quali giovani fotografi dovremmo seguire? Suggerimenti!
Sicuramente Antonella Arismendi, è fantastica.
Damien in una canzone, un libro e un film.
Canzone: Johnny Cash – Hurt.
Libro: qualsiasi libro di San Antonio (Frédéric Dard, NdI) ma devi proprio essere francese per capire di cosa parli davvero!
Film: Playtime di Jacques Tati.
Il suo sito www.elroy.fr