“Per ‘neo-popolarismo’ intendo una concezione politica che non è né statalista né liberista, né collettivista né individualista”, scrive Mauro Magatti nell’articolo pubblicato dal Corriere della Sera lunedì 2 giugno col titolo “I neo-popolari argine ai demagoghi. Ma stiano attenti ai personalismi”. “E dire questo è già dire tantissimo, perché significa porsi alla ricerca di un punto di equilibrio tra l’iniziativa personale e la responsabilità sociale, tra i compiti della politica e dello Stato e la valorizzazione delle forze diffuse nella società, tra l’obiettivo di raggiungere un livello accettabile di integrazione sociale e la necessità di garantire un’adeguata efficienza sistemica. Per superare la crisi, tanto a livello italiano quanto a quello europeo, avere in mente il popolo oggi è fondamentale: la pura mobilitazione individualistica, che ha segnato il trentennio neoliberista, non basta più. È quello che ha cercato di fare Obama; è quello che certamente ha fatto la Merkel; è ciò che ha intuito Renzi, il quale vince non perché è un socialista (pur avendo aderito al Pse), ma perché è un neo-popolare. E perché ha cambiato il Pd (a differenza di quanto è accaduto in Francia) in questa direzione. Sapendo così porsi in sintonia con le esigenze concrete della popolazione (con la mossa degli 80 euro e la centralità data ai tagli della politica”.
Magatti ricorda che Renzi, da sindaco, “amava citare La Pira” (un altro sindaco dei fiorentini..!). Ed elenca i ‘doveri’ di un neo-popolarismo che sia cosa ben diversa dal populismo: “a fare la differenza, conclude, saranno gli accenti che si sarà capaci di dare e soprattutto la capacità di avviare una vera stagione di innovazione economica, sociale e istituzionale”. C’è da chiedersi se da noi il neo-popolarismo verrà ‘interpretato’ dal solo Renzi alla guida del ‘polo’ di centrosinistra, oppure anche il centrodestra (dove centristi vecchi e nuovi hanno scoperto di voler essere e chiamarsi ‘popolari’) si porrà alla ricerca di un leader popolare ma non populista. Sempre che, è ovvio, sopravviva un sano bipolarismo.
Gian Paolo Vitale