
Ci sono rivoluzionari di ogni estrazione sul web: ci sono comunisti pronti a fare quella rivoluzione mai riuscita e forse mai voluta, ci sono i fascisti che tutt’un botto vanno anche d’accordo, non dico coi comunisti, ma almeno con gli insurrezionalisti di sinistra e tutti insieme vogliono menar le mani, ci sono gli ex berlusconiani delusi (ma non troppo), ci sono gli ex leghisti schifiti (ma non troppo), ex democristiani, chierichetti, irredentisti e irridentisti.
Ognuno, ben inteso, ha la sua ricetta di rivoluzione: c’è chi vuole scendere in piazza e spaccare tutte le vetrine delle banche non disdegnando di rovesciare e dar fuoco a qualche macchina cammin facendo; c’è chi propone la rivoluzione promulgata dagli ex brigatisti rossi che ancora parlano di rivoluzione non si sa con che faccia; c’è chi vuole la dittatura del proletariato, chi quella dell’uomo forte, chi quella di sè stesso medesimo. A leggere tutti questi commenti si direbbe che, da un giorno all’altro, vedremo scoppiare in Italia non una ma cento rivoluzioni diverse.
Ma il web illude. Il web dà il falso messaggio che si tratti di un videogioco, una specie di rivoluzioneville, che ci sia sempre la possibilità di fare un bel reset e ricominciare daccapo se le cose vanno male. Non vorrei illudere nessuno ma fare la rivoluzione con la tastiera non mi pare cosa facile. Fare la rivoluzione dalla propria scrivania è una masturbazione celebrale, come si diceva una volta. Non sarebbe meglio abbassare un po’ le pretese, rimboccarsi le maniche, uscire di casa e provare pacificamente a cambiare le cose, ognuno nel proprio piccolo, ognuno col suo microscopico impegno? Molto più funzionale, molto più possibile, molto più realizzabile ma molto più faticoso.
Luca Craia
