Questo blog ha infatti aperto ufficialmente i battenti con il suo primo post il 16 febbraio 2010, e confesso che quando ho iniziato quest'avventura, la blogsfera mi faceva pensare a qualcosa di simile al palantír (mai avuto un blog prima d'ora, ma nemmeno un palantír se è per questo), dunque non sapevo bene cosa aspettarmi, né come muovermi in quest'universo virtuale, sia come autore, sia come lettore. Ma quello che le circostanze mi hanno fatto capire ben presto è che ci vuole un impegno mica da ridere per tirare fuori qualcosa di sensato, e che un blog richiede assiduità, rigore e disciplina. Insomma tenere un blog è un'ottima pratica zen. Che tradotto significa: tenere un blog significa farsi il culo.
Del resto la cosa che davvero risulta difficile è cercare di scrivere qualcosa che - in un modo qualsiasi - metta sempre la sua testolina fuori dall'angolo dei cliché e faccia vedere il suo bel becco colorato. Che ci sia riuscito o meno, spesso o di rado, sarete voi a giudicarlo. Di certo c'è che per fare questo bisogna tenere sempre in moto quelle due o tre cellule cerebrali rispetto alle cose del mondo e al modo in cui si possono vedere e raccontare. Attività di per sé niente affatto scontata. Considerata poi anche la frequenza con cui tutto questo dev'essere fatto affinché il blog ingrani (e 190 post in un anno, visti oggi mi fanno arricciare le antenne al pensiero di ripetermi), l'alchimia richiede davvero uno sforzo notevole e forse anche per questo bellissimo e utile. Argomenti, battute, idee, toni, stili, immagini, link. Piano piano si scopre che, come in politica, vale tutto. E il tutto aiuta a stimolare processi di pensiero e di espressione inediti e sorprendenti. Al contrario della politica.
Per questo (e la cosa è davvero curiosa e per certi versi straniante), rileggendo i miei primi post, che dunque risalgono solo a un anno fa, mi suonano come i temini delle elementari (non leggeteli, vi prego). Un blog, evidentemente, ha bisogno di rodaggio. Perché per avere un senso deve cercare un suo tono, una sua modalità espressiva, una sua personalità, una sua riconoscibilità. Anche qui, non so se ci sono riuscito, ma so che, comunque sia, questo è un lavoro che non finisce mai, perché un blog evolve con il suo autore e viceversa. Ma non pensavo accadesse in questo modo e fino a questo punto. Dunque mi chiedo con curiosità (e un certo sgomento): come vedrò, tra un anno, i post di questi giorni?!
Posso però riportare il primissimo post, che forse molti di voi non hanno mai letto, dal tautologico titolo: Dichiarazione d'intenti. Eccolo:
Fino a che punto si spinge l'autonomia del nostro pensiero? Possiamo dirci certi che le nostre opinioni siano davvero nostre? Siamo liberi sul serio, o la libertà è solo un'illusione, lucidata e sagomata dal mondo dei media, siliconata come il seno di una starlette del Grande Fratello, scintillante come la vetrina di un Centro Commerciale?E visto così, tutto sommato mi pare di essere stato abbastanza coerente. E questo è già qualcosa.
Credo che mai come oggi sia necessario rimanere vigili, tenere alta l'attenzione e non smettere mai di allenare la mente alla critica, all'autonomia e all’indipendenza.
D'ora in avanti Il grande marziano sarà il posto in cui farlo.
Benvenuti.
Infine le persone. Quelle che - legittimamente - lurkano (e lo so che ci siete: vedo le vostre lunghe ombre colorate...). E quelle con cui il blog e la frequentazione della blogsfera mi hanno fatto entrare in contatto. Che non nominerò per non fare torti. Ma dita vere sulle tastiere, a dispetto delle loro icone e dei loro nick a volte virtuali (peraltro come me), dita interessanti, simpatiche, argute, misteriose, lisce e pelose (eddai, lasciate che vi lusinghi un po': se oggi è la mia festa, voglio che sia un po' anche la vostra!), tutte diverse, tutte civili (un anno senza moderazione e nessun incidente), tutte da cui imparare qualcosa, tutte con cui condividere qualcosa.
Lasciate dunque che vi dica un semplice, ma grande GRAZIE (minchia quanto la sto facendo lunga!). A tutti quanti. (Anche per il pupazzo!) Perché è inutile nascondersi dietro a un dito, anche se si hanno quattro mani come me. Non credo ai puristi della scrittura. Balle! Si scrive per essere letti.
Non so se (e adesso la pianto, giuro) tutto questo sia abbastanza per chiamarvi amici. Ho la convinzione che gli amici, per essere davvero tali, debbano avere un odore. Ma chissà che un giorno non si possa rimediare e ci si possa annusare a vicenda. Li chiamano incontri ravvicinati del terzo tipo.
LA SI SOL SOL RE.
Un nuovo anno terrestre comincia.
Tutto il resto marziano è.