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Robert Fripp, l’anarchico del suono

Creato il 12 maggio 2012 da The Book Of Saturday

Robert Fripp, l’anarchico del suono

Un dei più grandi misteri della storia del rock è la genesi e l’evoluzione dei King Crimson. Uno dei pochi gruppi a vantare addirittura un paroliere (Peter Sinfield), una di quelle meteore che resiste all’usura del tempo e alle varie fuoriuscite lungo gli oltre 40 anni di esistenza. Mistero non perché ci sia qualche punto oscuro (anzi si è detto già tutto, forse troppo). Mistero, per il carattere “esoterico” con cui questo gruppo senza età ha sopravvissuto all’usura del tempo e agli avvicendamenti continui.

Più che di gruppo, meglio però parlare di progetto aperto. Cantiere. Di questo cantiere/progetto, il punto fermo, l’ingegnere responsabile dei lavori è sempre stato uno solo: Robert Fripp. Una delle figure che campeggiano prepotenti nella nostra testata. E dunque, trovo d’obbligo un passaggio su questo meraviglioso e sfaccettato artista.

Lo faccio per larghi tratti, anche perché di materiale ce ne sarebbe per scriverci un libro ma oggi non ho voglia di essere prolisso come in altre circostanze. Parliamo di Fripp e della sua nascita come artista, e prendo spunto da alcune pillole di sue frasi che ho tratto dal sito Planando. L’autrice in questione, si sofferma sul suo approccio iniziale con la musica, definito estremamente personale.

«Ho cominciato a suonare la chitarra ad 11 anni – dirà Fripp in un’intervista – pochi giorni prima di Natale. Non avevo per niente orecchio musicale, non avevo neanche il minimo senso del ritmo. Non sarebbe stato possibile immaginare qualcuno musicalmente meno dotato di me. Quando sei così a secco di doti naturali, devi per forza cominciare a riflettere e a farti delle domande sulla natura del suono. Che cos’è che non ti permette di avvertire la differenza tra una nota e l’altra? Quali sono le parti dell’organismo che reagiscono alle diversi componenti della musica? Dove sono le barriere e i blocchi? Che cosa puoi fare per eliminarli?».

Dopo aver letto queste prime righe, almeno al sottoscritto è venuto un senso di claustrofobia misto a stima immensa verso una testa sicuramente “altra”. Fripp e la sua chitarra, sebbene venga spesso tacciato di vivere una specie di amplesso con essa sul palco, senza curarsi del pubblico, è un rapporto che va al di là dello snobismo: Fripp è la sua chitarra, e il suono che essa emette ne è il frutto di quanto concepito dalla sua testa. Insomma, un essere unico. E quell’atteggiamento che potrà sembrare altezzoso ai più, altro non è che rispetto e devozione quasi sacrale per la sua arte.

Interessante anche questo passaggio, in cui si citano alcune curiosità: il primo amplificatore a 14 anni, tre anni dopo il primo gruppo. Anche se caratterialmente Robert non riesce mai a legare. Uno degli ultimi tentativi con i The League Of Gentlemen e altro flop, infine l’incontro con un gruppo da ballo di Bournemouth: «Musicisti – riconoscerà Fripp – assolutamente superbi, più anziani di me di 15 anni. Io avevo meno di 20 anni e loro più di trenta ma pensai che fossero un’esperienza e un’opportunità troppo belle per lasciarmele scappare. Intorno ai 21 anni mi resi conto che potevo usare la musica come veicolo espressivo».

Poi arriveranno i Giles, Giles and Fripp, ai quali si aggiungerà Ian McDonald che porterà con sé Sinfield. Fu lui a dare il nome “King Crimson”, che dopo un concerto storico in memoria di Brian Jones ad Hyde Park, culminerà con l’esordio del capolavoro assoluto In the Court of the Crimson King. anche se poi le successive battaglie legali per il marchio le vincerà proprio Fripp. Per concludere, ogni gruppo ha una sua idea di base, sono però in pochi ad assegnarsi un manifesto. I King Crimson ne avranno più di uno, ma su tutti potrebbe esserci proprio la seguente massima di Fripp: «Scopo fondamentale dei King Crimson è organizzare l’anarchia, utilizzare il potere latente del caos e permettere a svariate influenze d’interagire e trovare il proprio equilibrio».



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