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Roberto Benigni e l'esegesi dell'Inno di Mameli: me-mo-ra-bi-le!
Creato il 18 febbraio 2011 da Nicol LynneIl cantastorie più famoso d'Italia strega, sorprende, affascina e commuove gli spettatori dell'Ariston e tutti i telespettatori a casa (quasi 20 milioni di italiani Doc) presentandosi sul palco in sella a un cavallo bianco, alla garibaldina.
Gli interventi televisivi di Benigni, come ormai ci ha abituato negli ultimi anni, sono sempre nettamente divisi in due parti: la prima metà nettamente dominata dalla sua anima di comico graffiante, separata dalla seconda parte dell'intervento il cui prevale invece il suo amore per la poesia, per l'arte e per tutto ciò che nobilita l'animo umano (campo in cui l'Italia eccelle).
Dopo averci intrattenuto a suon di grasse risate frutto di brillanti e acute battute perlopiù in ambito politico (Dov'è la vittoria, sembra un verso scritto dal PD - Per una nazione, che sono 150 anni? Niente. È una bambina, una minorenne - Silvio Pellico, chi se lo dimentica? Le mie prigioni. Un libro memorabile, uno dei libri padri della nostra fondazione culturale di quell'epoca. Prima di trovare un'altro Silvio che scriva un libro così... - L'eroe dei due mondi: non sto parlando di Marchionne, ma di Garibaldi) Roberto Benigni si cimenta nell'esegesi dell'Inno di Italia, nobile impresa in cui mai nessuno s'era impegnto prima d'ora.
Ecco come il comico si intrufola dentro la storia del nostro Paese: si assiste a un netto cambio di registro e Benigni entra nel vivo dell'analisi dell'Inno di Mameli, quartina per quartina, ricordando tutti gli eroi del Risorgimento senza resistere a pungenti richiami all'attualità. "Dov'è la vittoria, le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò. Umberto! È la vittoria che è schiava di Roma, non L'italia!" grida Benigni, ovviamente rivolgendosi al leader della Lega. E sulla questione del Federalismo, ho ancora la pelle d'oca per la profondità di questo pensiero, lo showman afferma che "L'Unità d'Italia è talmente bella che permette pure che qualcuno dica: non la festeggio!".
Un impresa memorabile. Quella che hanno fatto i nostri eroi è un'impresa me-mo-ra-bi-le, inenarrabile. Tutto il mondo aveva gli occhi puntati sull'Italia e noi, in quel preciso momento storico, abbiamo mostrato la grandezza dell'uomo e delle sue potenzialità. Il Risorgimento: un concentrato di grandezza intrisa di gioventù.
1847 Inno di Mameli. Si tratta di un allegro marziale e l'innamorato Benigni non manca di sottolineare come allegro sia una parola che ci appartiene: una parola che non è traducibile in nessuna lingua del mondo. L'allegria, la felicità dell'animo, l'esuberanza, quello stato straordinario in cui si sentono le bolleccine frizzare nel corpo e nella mente, è una caratteristica del tutto italiana. Che meraviglia!
Fratelli d'Italia, L'Italia s'é desta;Dell'elmo di Scipio,s'é cinta la testa.
Italiani, SVEGLIAMOCI! L'unica maniera per poter realizzare i propri sogni, dice Benigni, è proprio quella di svegliarsi! Scipio, naturalmente, è Publio Cornelio Scipione, ovvero Scipione l'Africano (235 a.C. - 183 a.C.) politico e generale romano. La strordinaria capacità di Benigni è quella si riuscir a sciogliere i più densi versi poetici in immagini vive e in movimento nella nostra mente: "L'Italia si è svegliata è le è caduto l'elmo di Scipio". Ma non si ferma qui, perché Benigni continua a far lavorare la nostra immaginazione portando davanti ai nostri occhi, quasi come se stesse raccontando una favola, la leggendaria battagia di Zama che vedeva per protagonista Scipione contro il più grande genarale di tutti i tempi Annibale Barca. Una battaglia, vinta dagli italiani, che ha cambiato le sorti del mondo. Perchè è così importante da citarla proprio nei primi versi? Le ragioni, sempre secondo Benigni, sono due: la prima è che le cose grandi nascono da atti eroici e la seconda è che ogni impero del mondo è una pallida imitazione dell'impero romano.
Dov'è la Vittoria,Le proga la chioma;Ché schiava di Roma,Iddio la creò
Nessun altro luogo al mondo, sottolinea il nostro showman, ha avuto un'avventura straordinariamente e scandalosamente bella come la città di Roma. Che bel modo di vedere le cose e con quale semplicità è in grado di spiegarle! La vittoria è schiava di Roma.
L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia lo resero subito il canto più amato dell'unificazione e non posso esimermi dal citarlo fino alla fine:
Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morteL'Italia chiamò. Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme: Di fonderci insieme Già l'ora suonò. Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Uniamoci, amiamoci, l'Unione, e l'amore Rivelano ai Popoli Le vie del Signore; Giuriamo far libero Il suolo natìo: Uniti per Dio Chi vincer ci può? Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Dall'Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano, Ogn'uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano, I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla, Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò.Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò. Son giunchi che piegano Le spade vendute: Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia, Il sangue Polacco, Bevé, col cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò
Scusate se mi sono dilungata troppo, ma a me quest'omino qua mi smuove qualcosa dentro; ogni volta, dopo averlo ascoltato parlare, mi sento una persona migliore, arricchita, e sfido qualunque Paese al mondo a vantare un artista completo, arguto e passionale come i nostro Roberto Benigni, partimonio dell'umanità.
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