Roberto Demarchi, autore delle venticinque tavole che compongono il corpus “Antologia Astratta”, esposto fino a fine mese presso lo spazio di corso Rosselli 11 a Torino, è già stato oggetto, recentemente, di un articolo pubblicato su Tagli, a firma Gali Gaviria.
Torniamo a parlare di lui dopo aver avuto l'occasione di intervistarlo, facendoci raccontare della mostra in corso e dei progetti futuri.
Maestro, l’ispirazione di questo ciclo pittorico in realtà è, se vogliamo, poetica, nel senso che il punto di partenza per la realizzazione di queste venticinque opere sono altrettanti poeti che hanno in qualche modo segnato la sua esistenza.
Qual è stato il criterio della scelta?
La parola “ispirazione” ispira (è il caso di dirlo) in me una certa diffidenza. Preferisco parlare di occasione.
Il mio rapporto con la poesia è sempre stato molto stretto, fin dagli anni giovanili. A tutti gli effetti la poesia fa parte, con la musica e la filosofia, del mio percorso esistenziale – prima ancora che culturale. Non ho mai avuto desiderio di rappresentare pittoricamente la poesia finché il mio linguaggio artistico è stato figurativo: diversamente non avrei potuto fare che illustrazione pittorica di poesie o di versi.
Il mio rapporto pittorico con la poesia si è fatto più intenso da quando è iniziato il linguaggio astratto di “Perì physeos”. In effetti il mio primo ciclo dedicato alla poesia è quello sulle sette tragedie sopravvissute di Eschilo, poeta altissimo. E anche per quanto riguarda molti dei presocratici la mia riflessione pittorica è stata non solo sul loro pensiero, ma anche sulla loro poesia. I loro trattati, sappiamo tutti, erano infatti scritti in versi. Una tipologia di poesia che lo stesso Platone – notoriamente diffidente verso l’arte dei versi – non condannava, cosa che invece implicitamente faceva nei confronti dei poeti epici o d’amore, esclusi dalla sua città ideale.
Filosofeggiare in versi è in effetti un’operazione intellettuale lontana soltanto dalla nostra sensibilità di lettori contemporanei, ma assolutamente naturale in quei secoli.
Era una delle possibilità per i poeti dell’epoca classica, fino a Lucrezio e al suo “De rerum natura”, una delle vette più alte della poesia che è anche, o prima di tutto, un saggio filosofico.
Oltre queste premesse, “Antologia Astratta” nasce da “un non so ché che si trova per caso”, come diceva Juan de la Cruz. Solo in questo senso, oltre tutte le mie diffidenze personali, si può utilizzare il termine “ispirazione”.
Tempo fa mi si è aperto un certo orizzonte mentale e intellettuale per cui ho pensato di mettere insieme, a livello pittorico, quei poeti che in un modo o nell’altro avevano segnato la mia vita. Non è stato il frutto di una lunga elaborazione intellettuale né è stato un parto difficile. Il momento più doloroso è stato forse la scelta dei venticinque poeti, scelta che per sua natura comportava esclusioni eccellenti.
E lasciare fuori qualcuno non è mai semplice, in questi casi.
La mia fortuna è che nessuno, di questi, era vivente, e quindi nessuno avrebbe potuto portarmi un rancore diretto.
Nessun poeta tranne Rossi Precerutti, che sappiamo quanto tenesse a essere inserito nel ciclo.
Un altro poeta vivente che avrei tenuto a inserire è Yves Bonnefoy, che ha voluto dedicare una sua poesia bellissima e notissima – “Dévotion”, credo degli anni ’50 o ’60 –, tradotta in italiano dello stesso Rossi Precerutti, per la monografia pubblicata nel 2003.
Non ho mai incontrato Bonnefoy di persona, ma abbiamo avuto una corrispondenza.
È stato uno dei papabili per “Antologia Astratta”, e chissà che in futuro io non scelga di dedicare qualcosa completamente a lui.
Bonnefoy non se la prenderà per l’esclusione: per la B c’era una certa concorrenza, da Baudelaire in giù. Lei è anche un grande appassionato di musica. Dobbiamo aspettarci, in futuro, un nuovo ciclo che potrebbe intitolarsi, per esempio, “Dai canti gregoriani a Paolo Conte”?
Non sarebbe la prima volta che tocco nei miei quadri il mio rapporto con la musica.
Un’opera ora in mano a un mio collezionista fa riferimento a un passo molto famoso di Franz Liszt. Un paio di anni fa ho avuto modo di stringere amicizia con John Axelrod; il direttore, proprio in occasione del nostro incontro, mi ha regalato un DVD della sua direzione della "Sinfonia n. 3 " del compositore polacco Henryk Gorecki. Questa sinfonia si articola in tre momenti: per ognuno di essi ho realizzato un dipinto; sono tre opere di piccole dimensioni, ma per me sono abbastanza importanti.
Tre mie tavole si rifanno ad altrettanti “Notturni” di Chopin interpretati da Pollini. Dalla “Passione secondo Matteo” di Bach, presentata alla Pinacoteca Ambrosiana da Claudio Strinati, è scaturita un’opera di grandi dimensioni e decisamente impegnativa.
Avevo nella mente, e ce l’ho tutt’ora, un progetto molto ambizioso dedicato a uno dei grandi compositori del primo Novecento.
ProvIAMO a indovinare: è Debussy?
No, anche se a Debussy è uno dei compositori ai quali ho pensato. Non il Debussy pianista, spesso interpretato da Arturo Benedetto Michelangeli, fin troppo evocativo, emozionale e sentimentale.
Penso al breve, meraviglioso componimento “L’apres midi d’un faune”, tratto dai versi di Mallarmé. Un’idea che mi gira da parecchio tempo nella testa. Comunque non penso che dedicherò mai un’intera antologia ai musicisti. Ciascuno necessiterebbe qualcosa di più ampio e completo.
So che questo discorso potrebbe valere benissimo anche per i poeti. Ma se dovessi cimentarmi con Bach, Mozart o Beethoven credo che sceglierei qualcosa di monografico. Sono tuttavia discorsi puramente teorici: non è ancora il momento.
Quanto al momento attuale, nell’autunno 2015 lei ha in previsione un paio di progetti ai quali tiene molto.
Al momento sono due eventi che sfuggono alla mia completa responsabilità, essendo organizzati non direttamente da me.
Il primo dei due eventi è quello che ha la maggiore probabilità di andare a buon fine, ma il museo con il quale collaboro mi ha pregato di non rivelare nulla finché non sarà decisa per certo la data. A quel punto se ne potrà parlare, idealmente per ottobre.
Un altro evento mi è stato proposto da una società che organizza grandi mostre, ma credo che la data sarà procrastinata al 2016. L’evento è “già pronto”, in un certo senso, sia a livello progettuale sia a per quanto riguarda la realizzazione delle opere. Ma anche qui, preferisco aspettare piuttosto che dire cose imprecise.
Pietro Scullino
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