Roberto Saviano da testimone a imputato. Anche questa è l'Italia di Silvio
Creato il 08 ottobre 2013 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Èmefitica l'aria che si respira, scientificamente schizofrenici gli atteggiamenti, ricorrenti i falsi storici. È l'Italia di Silvio, quella che (se n'è accorto anche Epifani), prima di cambiare dovranno passare vent'anni. Siamo il paese in cui se non sei d'accordo con il manovratore, ti ritrovi sputtanato sui giornali e in tivvù, altro che metodo Boffo, qui si parla di disinformazione pianificata a tavolino e chirurgicamente applicata. Roberto Saviano è a Napoli. Testimone nel processo contro Francesco Bidognetti e Antonio Iovine del clan dei Casalesi, lo scrittore ha raccontato le minacce ricevute dai legali dei boss durante l'appello del processo “Spartacus”. Lucidissima la testimonianza di Roberto Saviano, che ha ripercorso, si può dire minuto dopo minuto, quello che accadde nel marzo del 2008 quando, durante una udienza del processo d'appello contro il clan, l'avvocato Santonastaso (che con il collega D'Aniello assisteva i boss e finito poi in galera per associazione mafiosa), lesse in aula un lungo comunicato a firma di Bidognetti e Iovine alla fine del quale si manifestarono le minacce contro i giudici Raffaele Cantone e Federico Cafiero De Raho e i giornalisti Roberto Saviano e Rosaria Capacchione. Ma l'accusa e la minaccia più pesante venne fatta proprio nei confronti di Roberto Saviano reo, secondo i boss, di aver “condizionato” i magistrati. Quello che accadde lo sanno tutti, Saviano vive da allora sotto scorta. Ebbene, in un processo in cui va a testimoniare su quanto accadde allora, lo scrittore si ritrova improvvisamente sul banco degli imputati per un'accusa che non c'entra nulla con il dibattimento, quella recentissima di plagio letterario e per le querele ricevute dagli stessi boss che si sono sentiti (poverini) diffamati. Ricordate i calzini turchese del giudice Mesiano? Tale e quale. Ricordate Silvio contro Travaglio a Servizio Pubblico? Uguale. Ricordate Gasparri contro i partigiani il 25 aprile? Uguale. È l'evidenza del berlusconismo, quel processo diffamatorio che porta a mettere tutti sullo stesso piano, colpevoli e innocenti, per dimostrare che siccome tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole e se per arrivare a questa conclusione occorre diffamare, ben venga la diffamazione: un titolo a nove colonne fa effetto, una smentita nelle “brevi” in penultima pagina, insieme ai necrologi, non se la fila nessuno. A Napoli, il pm Ardituro è dovuto intervenire pesantemente in difesa di Saviano e ha esclamato: “Qui l'imputato non è Saviano. Stiamo processando Iovine e Bidognetti, due camorristi, non uno scrittore”. Ma quanti altri hanno avuto il coraggio di dire ai berluschini che gli imputati sono loro e non il giudice Mesiano, il direttore Boffo, il presidente della Camera Fini, Marco Travaglio e i partigiani? Inutile, con questa destra intrisa di berlusconismo, non si governa e non basta il pelo sullo stomaco di LettaLetta, perché se parli di Imu per le abitazioni di lusso ti ritrovi di fronte un muro di gomma, di omofobia una linea gotica, di abolizione della legge Bossi-Fini un fuoco di sbarramento. Per assurdo, questa situazione sta favorendo in modo sfacciato il Pd perché si cominciano a intravedere quali sono i motivi reali di una diversa collocazione politica. Non è un caso che nei sondaggi, i democratsiano arrivati al 32 per cento, superando di slancio la destra più confusa degli ultimi dieci anni. E non è un caso che forse, finalmente, si comincino a capire quali sono le differenze (che esistono) fra destra e sinistra perché, gentili signori, questa differenza esiste ancora nonostante i partiti e i movimenti post-ideologici per modo di dire, la neghino decisamente. Ritorneremo a essere un paese normale quando gli imputati saranno imputati e i testimoni solo testimoni. Ma soprattutto quando qualcuno si assumerà le responsabilità senza giri di valzer, un ballo notoriamente di una pallosità estrema.
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