Robocop [Recensione]
Creato il 11 febbraio 2014 da Paopru
Quando il cinema pulula il lunedì sera di nostalgici trentenni dei gloriosi anni 80 (con moglie e figli piccoli al seguito), capisci che sei nel posto giusto per condividere la tua ammirazione adolescenziale verso un mito che da piccolo ti gasava tanto quanto un album da colorare in una piovosa serata invernale. Dopo cinque minuti di incpit iniziale sull’utilità di utilizzare i Cyborg per proteggere l’incolumità dei quieti civili, parte in tutto il suo splendore la vecchia gloriosa theme song del film di Paul Verhoeven, e ti senti come a casa. Questo remake è però il vano tentativo di rivitalizzare una saga morta e sepolta anni fa, che forse doveva essere lasciata riposare in pace piuttosto che essere rimaneggiata per racimolare qualche milione di dollari. Il confronto col primo unico vero sensazionale Robocop è impossibile da non fare, e le differenze sono così nette da far sprofondare questo remake nell’ignominia del fallimento più nero.
E’ un film la cui trama è troppo debole e stiracchiata per poter reggere dei confronti; il protagonista ha così scarso carisma da instupidire tutti gli sforzi della produzione nel dare un minimo di credibilità alla scena e il film paga dazio per non aver avuto dentro la corazza robotica del robosbirro un volto noto. Gary Oldman diventa quindi il pilastro della storia, l’unico che crea interesse e recita coi controcazzi. La sua passione per i ruoli da co-protagonista lo porta inevitabilmente a fare un lavoro sui suoi personaggi sempre molto buono, e questo giova parecchio alla riuscita del film.
La storia ricalca a grandi linee quella dell’originale nel quale l’agente Murphy si trova, dopo aver pestato i piedi sbagliati, a subire un attentato che lo porterà sull’orlo della morte. Lo salva l’intervento della Omnicorp, la società esperta in cibernetica che vuole impiegare i propri robot in affiancamento al servizio della polizia americana. Unico intoppo? Il senato americano la osteggia con una legge che riconosce all’uomo capacità superiori a una macchina. Soluzione: mettere un uomo nella macchina e aggirare il problema. Questo porterà Murphy ad essere scelto per avviare il programma e diventare il RoboPiedipiatti perfetto, anche a discapito dell’incolumità della sua famiglia che si trova in balia di pericolosi equilibri politici (pericolosi si fa per dire).
In questo inutile remake manca la cruda violenza che aveva caratterizzato il film originale, e che Verhoeven ha sempre sfoggiato nelle sue pellicole. La celebre scena della morte di Murphy era un concentrato di violenza senza compromessi: un plotone di esecuzione fatto di criminali apriva in due a distanza ravvicinata l’agente, caduto in una imboscata all’interno di un edifico abbandonato (la scena della mano spapolata era epica). Gli effetti speciali riescono ad arrivare dove il primo film non arrivava, mostrandoci cosa c’è ad esempio dentro Robocop (cosa che mi sono sempre chiesto). La risposta a questa domanda rimasta parzialmente insoluta per decenni mi ha in effetti sbalordito non poco, e anche un po impressionato. La mano che nella nuova versione pare essere la sua vera mano, in verità è finta come tutto il resto del corpo. Il nuovo Robocop è più veloce, più scattante e più docile del suo predecessore, a cui riconosco a priori cazzutaggine e perenne stato di incazzatura (per averlo ridotto a una lattina). E poi un Robocop senza Miguel Ferrer non è un vero Robocop. Quel suo Bob era quanto di più bello si possa ricordare dei film anni ’80; aveva una magia dentro fatta di ambizione, coca e prostitute, che lo rendeva un personaggio unico. Anche la sua morte era splendidamente coereografata, un’uscita di scena degna del Bob più autentico.
Una pellicola insomma su cui è inutile sprecare troppe parole, godibile, di puro intrattenimento, che se non fosse un ramake avrebbe riconosciuti molti meriti per l’originalità e la sua messa in scena. Purtroppo lascia il tempo che trova essendo la stupida copia di qualcos’altro, di gran lunga superiore benchè girato nel 1987.
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