Sono in pista già dal primo pomeriggio e canto un po’ controvoglia i pezzi dei BRUJERIA. È ovvio che non potranno mai più essere fichi come vent’anni fa, quando c’erano ancora Dino Cazares e Bill Gould ed era ancora possibile immaginare che fossero un’accolita di narcos tagliatori di teste contigui all’EZLN. Ci può anche stare che oggi siano un’operazione commerciale vagamente triste ma almeno che sia fatta come Satana comanda. E si può pure glissare sul fatto che Juan Brujo non abbia più voce, dovendo principalmente interpretare un personaggio, ma, se manco Fantasma ce la fa, canzoni che mi sono rimaste nel cuore come Consejos narcos e La migra perdono mordente. A guardarli negli occhi, nemmeno Shane Embury e Jeff Walker, dai volti mezzi occultati dalle rituali bandane, sembrano troppo convinti. Noi marihuanos locos sotto il palco, però, siamo tanti, e Juan Brujo resta con noi a cantare la versione registrata di Marijuana (amabile reinterpretazione della pestilenziale Macarena) che fanno partire quando chiudono i concerti.
Per i NUCLEAR ASSAULT mi metto sotto la transenna. Il soundcheck si prolunga oltre il dovuto e la prestazione degli americani sarà costantemente funestata da problemi di audio. Pago comunque il dovuto tributo buttandomi nel pit a sbraitare Rise from the ashes e Sin. Per ribadire la loro vena punk e delirante, recuperano addirittura Butt Fuck. E Dan Lilker rimane uno dei miei idoli della vita. Non c’è tempo per riprendersi che arrivano i DESTRUCTION. La loro produzione recente non mi ha mai fatto impazzire. The butcher strikes back e Nailed to the cross convivono però alla perfezione con classiconi inarrivabili come Curse the gods e Bestial invasion. Schmier potrà essere pure – dicono – uno stronzo ma ha carisma e cazzimma rari. Ti inchiodano dall’inizio alla fine. A prescindere da quanto possano avervi appassionato gli ultimi album, dal vivo i teutonici si fanno rispettare eccome.
Poi tocca ai POWERWOLF, amatissimi da Roberto. Conosco solo un paio di canzoni sparse, delle quali ripasso sul momento i ritornelli, coinvolto dall’atmosfera birraiola e kitsch che più tedesca non si può. Nel frattempo mi si avvicina un indigeno che è stato appena mollato dalla ragazza, con la quale condivideva l’amore per i Twisted Sister, e aveva un bisogno disperato di parlare con qualcuno. Si era messo una maglietta dei Suicidal Tendencies (ahi) e spero che i Powerwolf, nella loro spensierata cruccaggine, abbiano dato un tono positivo alle cose che gli avrò detto, che non mi ricordo assolutamente. Confido che il potere di Maria (non quella che piace ai Belzebong) lo avrà alfine distolto dal compiere un insano gesto. Vado a nutrirmi appena attaccano gli ANGELES DEL INFIERNO, in giro dai primi anni ’80, capisaldi della scena spagnola insieme ai Baron Rojo. Con tutto il rispetto, mi interessano giusto un filino sopra i Nightwish. Mi riaffaccio per gli HELLOWEEN, che fanno il concerto atteso da tutti i fan che si stessero domandando da anni “ma perché, con tutti i pezzi dal carino allo splendido che hanno scritto con Deris, basano come minimo mezza scaletta sull’era Kiske, dato che Deris è un cantante con caratteristiche completamente diverse?”. Si parte con le obbligatorie Eagle fly free e Dr. Stein ma vengono recuperate If I could fly e l’adorabile Power nonché, seppure in un medley, Sole survivor, I can e Are you metal? Ti piazzano addirittura Waiting for the thunder da Straight Out Of Hell. E alla fine fanno funzionare anche i due estratti da My God-given Right, che Cesare ha definito “il peggior disco degli Helloween da quando esistono gli Helloween”. Io non l’ho ancora sentito.Mark Mendoza, l’uomo più fico del pianeta
È veramente difficile trovare superlativi assoluti che diano una vaga idea di cosa sono i TWISTED SISTER dal vivo. Non voglio amareggiarvi con le solite frasi fatte su quanto siano una delle migliori live band della storia della musica dura e mi limito a constatare che è stata una delle esperienze più coinvolgenti, indimenticabili e appaganti di oltre vent’anni di militanza metallica. È probabilmente una delle ultime chance di vederli dal vivo in Europa. Come saprete, dopo la morte del batterista AJ Pero (sostituito per l’occasione dall’amico Mike Portnoy), i Twisted Sister hanno deciso di sciogliersi, non prima di un tour d’addio che durerà fino all’anno prossimo. Ecco, se non li avete mai visti, non perdeteveli per nessuna ragione al mondo, basate la selezione del festival al quale andare nel 2016 sulla presenza dei Twisted Sister. Ci sono due main stage sui quali i gruppi si alternano senza stacchi, lo stesso meccanismo dei palchi principali dell’Hellfest, quindi, con uno stratagemma collaudato, mi sono piazzato nelle prime file durante gli Helloween, mentre quasi tutti erano accalcati a cantare Future World. Stare a pochi metri dalla transenna e urlare The kids are back e You can’t stop rock’n’roll mentre stai assistendo a uno dei più bei concerti della tua vita ti fa sentire felice di essere vivo e metallaro. Dee Snider è uno dei frontman più impressionanti dell’universo, che ve lo dico a fare. We’re not gonna take it (che, come da tradizione consolidata nei paesi di lingua spagnola, a un certo punto si trasforma in Huevos con aceite) è molto più di una canzone, è un rituale collettivo, un’affermazione di identità, il mondo come dovrebbe essere, ti lascia estasiato come la migliore delle scopate. Il giorno dopo ce l’hai ancora in testa e non se ne va, è uno dei più bei pezzi mai scritti, altro che Imagine. Il giorno dopo, appena svegliatomi, mi affaccio sul balcone in mutande e declamo WE’RE NOT GONNA TAKE IT ai muri del Barrio Gotico e ai basiti turisti sottostanti. Anzi, no, HUEVOS CON ACEITE! (continua…)