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Cazzo, l'era Madonna dev'essere stata davvero dura. Ci sono voluti otto lunghi anni al regista inglese per tornare (quasi) il regista di una volta. Tanto è il tempo intercorso tra The snatch e questo Rocknrolla, otto lunghi anni nei quali Ritchie ha confezionato Travolti dal destino, remake dalla Wertmuller che mi sono rifiutato di guardare, e il mediocre Revolver che, seppure mostrasse qualche volontà di ripresa, risultava parecchio fiacco. Intendiamoci, amo il cinema di Guy Ritchie dai tempi di Lock & Stock, uno dei primi post di questo blog lo dedicai proprio a lui, e mi sembra che quel regista degli esordi, o ancora meglio quei film degli esordi, non ci siano più. Forse è inevitabile, soprattutto oggi che la via del blockbuster hollywoodiano ha portato a casa grandi risultati (in termini monetari).
Però questo Rocknrolla, seppur non all'altezza di quei due grandi predecessori, mi ha divertito davvero parecchio. E' un film corale che più corale non si può, si fatica a trovarne un vero protagonista e la storia, immersa nell'ambiente criminale londinese come si conviene al buon Ritchie, è portata avanti da una serie di volti ben amalgamati tra di loro. Certo, lo Statham pre action-movie ci aveva regalato molto di più, qui non ci sono Brad Pitt o Benicio Del Toro, si sente la mancanza di Vinnie Jones e di tutta quella banda di fuori di testa che Ritchie ci ha propinato nei suoi primi film. Ad ogni modo la nuova crew, forte anche di qualche nome ben conosciuto, si fa rispettare e, dopo i primi minuti abbastanza concitati, gira sempre al ritmo giusto.
Montaggio frenetico, incipit della storia che parte a mille, presentazione glamour dei personaggi, interazioni continue tra le vicende dei protragonisti il tutto condito con una colonna sonora ben ritmata e coinvolgente sono alcune di quelle cose che abbiamo già visto diverse volte, e non solo in Ritchie (cinema postmoderno dicono?), ma che ti riportano immediatamente a casa e che ti spingono a stamparti, fin dalle prime sequenze del film, quel sorriso ebete e compiaciuto in mezzo alla faccia.
La trama è parecchio incasinata ma allo stesso tempo classica per questo genere di film, un grande Tom Wilkinson è Lenny Cole, un disonesto maneggione che ha agganci un po' in ogni dove ed è in grado di smuovere parecchie cose, almeno nel campo dell'edilizia londinese, settore in pieno boom economico. One Two (Gerard Butler) e Mumbles (Idris Elba) sono due esponenti del gruppo di piccoli delinquenti chiamato Il Mucchio Selvaggio, alla ricerca di una proprietà immobiliare da far fruttare a dovere, un tipo di affare che richiede le giuste licenze e la giusta quantità di contante, liquidità per la quale i due si rivolgono al vecchio Lenny. Bene, i soldi arrivano, le licenze no. I soldi vanno restituiti perché se no Lenny e il suo consigliere Archy (un ottimo Mark Strong) si incazzano, e va da sè quella è gente che non vorresti far incazzare. Lenny ha in ballo anche un grosso affare con il magnate russo Yuri Omovich (Karel Roden), altro tipetto che te lo raccomando, che si affida per eludere il fisco alla bella contabile Stella (Thandie Newton), tanto brava quanto ahimè annoiata e amante del brivido. Se ci mettete anche un sempre bravo Tom Hardy nel ruolo di uno dei membri del Mucchio, parte molto interessante tra l'altro, e una rockstar costantemente fusa (Toby Kebbell) il quadro è quasi completo. Ah già, il quadro...
Insomma, chi ama questo genere di film in queste cose ci sguazza e sa di cosa sto parlando. Rocknrolla è divertente, diverse scene fanno ridere, se non c'è la freschezza degli esordi siamo distantissimi dal precedente Revolver e, a mio modesto parere, si sta andando a crescere. A conti fatti questa poteva essere una sorta di rinascita, forse lo è stata, e i titoli di coda del film lasciavano presagire un seguito alle vicende di alcuni dei personaggi coinvolti nel plot. Il successo dell'Holmes di Ritchie ha forse stoppato o rallentato il progetto (si parlava di trilogia addirittura), cosa che personalmente mi dispiace parecchio anche perché Sherlock Holmes non mi aveva fatto impazzire e trovo che Ritchie stia meglio tra queste strade che non tra quelle dell'Ottocento. Comunque la speranza è sempre l'ultima a morire.
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