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[ROD] Grand Hotel di Edmund Goulding. Nothing ever happens

Creato il 23 settembre 2011 da Spaceoddity
Ad A.e alla nostra amicizia
[ROD] Grand Hotel di Edmund Goulding. Nothing ever happens[rod] Grand Hotel (1932) di Edmund Goulding è proprio uno di quei film che dà un senso a questi miei post "su commissione", come li ho chiamati: se non mi fosse stato segnalato e prestato, in effetti forse non l'avrei mai visto.
Siamo a Berlino, nell'albergo più lussuoso e caro della città. L'imprenditore Preysing (Wallace Beery), in procinto di concludere affari importanti, assume una nuova, meravivgliosa dattilografa, Flaemmchen (Joan Crawford), ma entra in contrasto con un suo dipendente malato, il fragile Otto Kringelein (Lionel Barrymore), nei cui confronti la donna mostra gentilezza ed empatia. Intanto, l'étoile Grusinskaja (Greta Garbo) rifiuta di andare in scena, boicottando quel che rimane della sua carriera. Mandata via la servitù e il produttore dello spettacolo, Meierheim (Robert McWade), la donna scopre che un uomo, il barone Felix von Gaigern (John Barrymore), si è nascosto nella sua stanza, ma questi riesce a stabilire un dialogo, rivelandole tutta la sua ammirazione per l'incredibile bellezza, salvo rivelarle in un secondo incontro di essere al verde e di essere entrato per rubarle una meravigliosa e ricchissima collana di perle.
Grand Hotel di Edmund Goulding è la storia di un incontro tra persone infelici, ma in grado di raccogliere, almeno per un attimo, le lusinghe di una felicità tanto effimera quanto elettrizzante. Gli uomini e le donne di questo film soffrono di una sbalorditiva assenza di prospettive. L'albergo, luogo di passaggio, di una permanenza provvisoria, in un lungo straniero e senza appoggi, diventa condizione di creature disperate dei loro sogni. La subitanea felicità danzante della diva, una Greta Garbo straordinariamente bella, contribuisce al quadro d'insieme broncio dell'incantevole Joan Crawford; la morte vicina di Otto Kringelein, la sua ricerca spasmodica di una tardiva gioia, gli ultimi momenti appesi a un filo, si sposano con l'arroganza del potere, con le menzogne per conquistare un affare vantaggioso e perfino con un omicidio in piena regola.
[ROD] Grand Hotel di Edmund Goulding. Nothing ever happensBerlino, in Grand Hotel di Edmund Goulding (da Vicky Baum), durante la Repubblica di Weimer, non è la città cupa di infernale di Le vite degli altri, né quella affettuosa, tenera e piena di fiducia nel futuro di Goodbye, Lenin!; non è neanche quella morbosa e popolata di creature del sottosuolo che ha visto la genesi de L'angelo azzurro, ma siamo pur sempre in quella metropoli al sorgere degli anni '30. Questo scenario d'interni non è neanche Berlino, all'insegna del provvisorio potrebbe essere ovunque. Le figure sono sagomate, eccessive, marionettistiche e briose, la recitazione démodé: niente della viscerale Marlene Dietrich infesta il Grand Hotel di Edmund Goulding: la seduzione non diventa mai ossessione del desiderio, ma improvviso bisogno, il bisogno cocente dell'altro, di vita, dell'altro.
La sequenza d'apertura, spezzata nelle spasmodiche telefonate internazionali, nella richieste che portano, nell'ansia che le domina, è un capolavoro colmo di senso, di amarezza, di ciò che vuol dire vivere in un posto che è sempre lo stesso, dove tutto viene coperto, sostituito, dove tutto è sempre uguale e dove non accade ciò che conta alle persone, perché tutto rimane sempre uguale. Come se il tempo, l'effimero, non si compromettesse mai con i nodi esistenziali più profondi, la morte e quel sorriso sbieco della vita che infine rinasce. E il resto non conta.

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