La “Mercy Ships” è l’Ong (organizzazione non governativa) della plurichiacchierata Nestlé, la multinazionale svizzera che, con il suo latte in polvere per neonati, nei Paesi in via di sviluppo, ha arrecato in passato e continua a arrecare, ancora oggi, più danni che benefici alle giovani e inesperte madri del luogo.
Madri costrette a combattere molto spesso con contesti difficili e alle quali sarebbe stato e sarebbe sicuramente più sano e opportuno insegnare, semmai, tutta la validità dell’allattamento al seno materno.
Ma la “Mercy Ships” è sopratutto la faccia buona, il sorriso benevolo della Nestlé, una modalità per proporsi al grosso pubblico, che possiamo chiamare “riparatoria”.
Infatti si adopera da parecchi anni, e a suo modo, proprio per migliorare la qualità della vita delle popolazioni africane.
E lo fa, appunto, a partire dalla salute.
Infatti, da maggio, la “Mercy Ships” farà navigare lungo le coste del Congo (leggi Repubblica del Congo) e attraccare ove necessita la sua nave –ospedale, che esiste dal lontano 1978, per prodigare cure, grazie a medici volontari, alcuni specialisti e personale sanitario, a tutti coloro che ne avranno bisogno.
Le sentinelle della salute della nave-ospedale sono uomini e donne, che provengono da differenti Paesi del mondo. Ben trentacinque nazioni.
E, a dirigerla , ci sarà niente di meno che Roland Decorvet, svizzero, fino all’altro giorno direttore generale e manager gettonatissimo della filiale cinese di Nestlé.
Nonché anche nominato: “Businessman cinese dell’anno” nel 2013 , con 55 milioni di dipendenti e oltre 4 miliardi di euro di fatturato.
E lui lo farà, portando con sé in questo viaggio i propri familiari (moglie e quattro figli) e pagandosi da sé la modesta cabina-alloggio, in cui tutta la famiglia abiterà nel corso della permanenza.
E non è detto che l’impegno di Decorvet non possa divenire qualcosa di più duraturo nei prossimi anni.
Spirito evangelico e buoni affari, specie se si è di cultura pragmatica, qualche volta, e anche più di qualche volta, non è raro che si coniughino bene assieme.
E, pure, con buoni risultati.
E bene, in questo caso, sarebbe proprio il cosiddetto “ fare bene il bene”.
Perché- come si dice- in situazioni di estrema necessità (come un cieco che riacquista la vista o un neonato che si salva dalla malaria fulminante) “a caval donato non si guarda in bocca.
E a questo binomio,inteso quale possibile scelta di vita futura, lo svizzero Decorvet è possibile che ci stia pensando sul serio.
E pare che moglie e figli la condividano.
Noi, quasi certamente, ne seguiremo l’iter ma , intanto, la “Mercy Ships” al momento si dice più che soddisfatta perché, accanto alle scontate doti manageriali che di certo, a livello organizzativo, miglioreranno i servizi a bordo della nave-ospedale, Roland Decovert sta già trattando, con un cantiere navale, la sollecita costruzione di una seconda imbarcazione.
Essa affiancherà la prima e farà rotta sugli oceani, lungo le coste africane e non solo, con il medesimo scopo.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)