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Roma

Da Pamirilla
Roma
È dura……faccio la vaga….ci giro intorno…..prendo un ultimo caffè…..faccio il giro del ponte……saluto il fiume…..saluto le rondini e l’ora più bella dell’ultimo pomeriggio.
E poi mi devo decidere a salire in macchina, partire e allontanarmi da questo paese-presepe e la sua pace. Destinazione Roma, speranza di risolvere tutto in fretta e tornare qui al più presto.
Due ore e mezza di strada e finalmente meta.
Quasi meta.
Quarantacinque minuti dopo trovo finalmente parcheggio. Quarantacinque minuti……..DOPO!!!!!!
Allora non era meglio essere cacati addosso dai piccioni di campagna ma nel parcheggio proprio sotto casa??!!!!!
Lo vedi che il peggio non è mai morto?!!
Ma non è abbastanza, ci vorrà un lunga camminata per raggiungere casa da quaggiù: lo sprofondo dove ho trovato un buco.
E se ancora non è sufficiente ….plim…plum….uuuuna e poi duuuue e poi tante belle gocciolone di pioggia si fanno presto temporale. Così, camminando con il piccolo bagaglio in una mano, l’ombrello nell’altra ed il resto incastrato tra le braccia ed il corpo, sotto il temporale, al buio dei lampioni sporchi e le buche dei cantieri (ma quando li finiscono ‘sti lavori?) recito il mio mantra rabbioso che fa : città di “m….”, città di “m……” città di “m…….” e variazioni tutte irripetibili e pertanto censurate.
E questi sono i convenevoli, i benvenuto e i bentornata.
Il giorno dopo, svegliata dai lavori e dai rumori del nuovo ponteggio che stanno montando davanti alle mie finestre, mi dico “Farò in fretta e al più presto scappo!”
Ma si fa presto a dire in fretta: come la mettiamo con lo sciopero generale che paralizzerà la città?
Non resta che andare a piedi.
Così parto all’alba, per arrivare in tempo, ed affronto la noia del lungo viale residenziale che mi porta fino alla Nomentana. In breve arrivo al “buco”, la breccia, la porta spalancata dal Risorgimento, anno domini 1870…..uuuhhh guarda dov’è la Storia, quella storia dell’Unità d’Italia che in questi giorni rimbalza nei teatri e nelle televisioni! Addio al potere papale e benvenuta, Roma, nel Regno d’Italia!!!!!
Cammino sopra la piazza che ha visto cadere un mondo e costruirne un altro, prendo via xx settembre…e Roma è Capitale. Venti settembre dell’anno domini…….lontano, lontano……..nel tempo……bersaglieri e camicie rosse……
L’incrocio delle Quattro Fontane è un semaforo lento e noioso, un crocicchio grigio e rumoroso.
Esagerate le splendide fontane agli angoli di questo angusto spazio, tanta bellezza e tanta bruttezza strette in uno spiazzo così piccolo: è incomprensibile. Ma dovendo aspettare al semaforo viene da sporgere un poco la testa: da un lato Santa Maria “Gigante” e pellegrini ed alle sue spalle i quartieri popolari della mia infanzia. La colonizzazione cinese di oggi e le lotte tra tolleranza e immigrazione intorno ad uno dei mercati più vecchi di Roma dove da bambina guardavo stupita ed incredula le lumache vive nelle ceste di vimini. A destra in fondo alla discesa ed in lontananza, il Tritone ed i zampilli di piazza Barberini. E so che più in là ci sono i paradisi di bellezza di via Sistina, Trinità dei Monti, il Pincio….un retta lunga e gloriosa.
Sordo al traffico, mi strizza complice l’occhio uno dei capolavori di Borromini, che lo vedi solo se lo sai, se le cose le sai vedere oltre il grigio, il traffico, la fretta e l’abitudine.
Vado avanti dritta lungo i palazzi del Quirinale ed arrivata alle Scuderie assaporo nella memoria l’eco delle bande militari che si esibiscono durante il cambio della guardia, tutti mercoledì alle tre. Dalla terrazza si galleggia sulle cupole ed i tetti della città, bianca di marmo e rossa argilla: i colori di Roma.
Il cielo di Roma è azzurro felicità e l’odore …..l’odore di Roma………l’odore della mia città……il suo profumo in primavera……… come dirlo?
Bernini, Borromini, Bernini, Borromini….si sono odiati con tutto il cuore e tutta l’anima. Ma io tra i due non so chi scegliere. E perché scegliere? Mi sciolgo dentro questi marmi e le forme. Le eliche e le volute e la grazia potente delle fontane. Poi da questo secolo di barocco e Papi, marmi, mani grandi e genio faccio un tuffo di qualche migliaia di anni a ritroso e attraverso i mercati di Traiano. Sui ciottoli di Roma antica, le pietre segnate da carri e sandali di cuoio, sento il rimbombo del mio passo.
Il sole molleggia sui fori e le colonne, tintinna come una moneta scivolata dalle dita rimbalzando sul catafalco del milite ignoto…amato, odiato..amato….romano, alla fine, quanto ognuno di noi romani
Bum…….duemila anni in avanti, là sul balcone, dal balcone i proclami e qui, su questo cielo le bombe e le sirene del coprifuoco. Bum!
Laggiù, ricordo, la sorpresa, una volta, di incontrare all’improvviso Caravaggio e di qua c’è il fiume, i platani, la primavera sull’acqua e tra le fronde. E quella luce speciale che c’è solo qui. La luce delle mie lunghe passeggiate, un tempo, quando a volte venivo al fiume invece che strizzarmi nell’aula del liceo ad ascoltar noia e matematica.
E ancora, il suo profumo, l’odore di Roma……nel ghetto il forno che fa i dolci come cento anni fa: bruciacchiati dal fuoco e buonissimi. Irripetibili. Biscotti nel profumo di fiume e marmi e cielo….come si chiama il profumo di Roma?
Ed è ora di tornare alla ragione, sbrigarmi con le ultime incombenze e tornare a casa.
La bevo con gli occhi e la mangio con il cuore, questa città di “m……”, bellissima e puttana, che se ci cadi dentro ti innamori per forza.
Le regalo le lacrime di commozione che mi ruba sempre.
Ora le poso qui, che scivolino come perle tra le statue e gli obelischi e si perdano dove vogliono.
Al più presto me ne torno al paesello.

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