Mi spiace dirvelo ma ve l’avevo detto. Abbiamo sperperato sdegno e riprovazione per i miserabili e infami profitti della banda del buco di Buzzi e Carminati e intanto i veri padroni di Roma, con l’appoggio del compiaciuto e compiacente sindaco Marino che in un colpo solo conquista la gratitudine di due fazioni ultras, di due curve sud: cementificatori e irriducibili bi partisan (fattone uno perché non farne anche un altro?), si sono conquistati senza troppo sforzo il loro Colosseo… ma a differenza di quello vero, che vantava come prestigiosa contiguità l’appartamento a sua insaputa di Scaiola e e quello a forte rischio sismico del sottosegretario insostituibile in ogni compagine governativa Patroni Griffi, a guardare dall’alto i suoi 45 mila posti e il prato verde dei contemporanei superpagati gladiatori, ci sarà un colosso frutto del dissipato gigantismo megalomane dei nostri tempi, dove i peggiori incubi diventeranno solide realtà con un hotel di 250 stanze, uffici per 3.800 metri quadrati, attrezzature collettive per 17 mila, un centro congressi da 6 mila, centri commerciali per 12 mila metri quadrati ma anche aree di sosta e parcheggi, per complessivi 900 mila metri cubi: il 14% per lo stadio e l’86% per il resto.
Stima dei costi? Vigono un pudico silenzio, o almeno una certa sottovalutazione delle spese (123 milioni per le opere viarie, 50 milioni il “necessario” prolungamento della metro B, svincolo della Roma Fiumicino,, etc.) e una casta riservatezza sulle voci a carico del bilancio comunale per le infrastrutture da realizzare in virtuosa e fruttuosa “collaborazione” con i privati. Mentre si largheggia nella previsione dei benefici che comporterà l’opera, definita di “pubblico interesse” dal sindaco, con almeno 800 milioni di guadagno per i detentori del brand immobiliare, Pallotta e il costruttore Parnaso. Più sicuri i numeri che riguardano la pressione sull’ambiente e il consumo di suolo che confermano le preoccupazioni espresse a suo tempo dai tecnici della Regione che in conferenza dei servizi denunciarono come la superficie edificata sarà di tre volte superiore rispetto al consentito, o quelle dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, secondo il quale il progetto stravolgerebbe lo spirito del Piano Regolatore, o delle associazioni ambientaliste e dei consumatori che si oppongono all’intervento, temendo la pressione esercitata dalla formidabile colata di cemento a ridosso di un’area vulnerabile, a conclamato rischio idrogeologico , come il Fosso di Vallerano e in barba ai vincoli paesaggistici che gravano sulla Tenuta di Tor di Valle.
Ma i promotori non temono le critiche, nemmeno la puzza del vicino depuratore, nemmeno le accuse di aver deciso tutto senza svolgere una consultazione sull’opinione degli abitanti, in attesa di una Via che sarà quasi certamente favorevole, di questi tempi non si va troppo per il sottile quando si tira su un ponte, una ferrovia, un’autostrada o si scava un canale, né tanto meno il parere del Tribunale fallimentare che indaga sulla vendita dei terreni di Tor di Valle alla Parnasi, da parte di una società, la Sais, in liquidazione per un crack dichiarato. Stanno sereni, ma più di Letta che nella sua legge di stabilità, quella del 2014 aveva sì approvato un piano di rilancio del sistema degli stadi italiani, già di per sé inopportuno, ma limitandolo a quelli piccoli, al servizio di realtà locali e a condizione “che non si realizzino nelle vicinanze aree residenziali”.
Mi spiace dirvelo ma ve l’avevo detto: l’entusiastica adesione del governo all’ipotesi di ospitare a Roma le Olimpiadi è una conferma in più della nuova concezione dello sport come cavallo di Troia per iniziative speculative, dove a vincere sono costruttori, immobiliaristi, cordate del cemento. E mi dispiace dirvelo ma l’avevo detto. Per essere onesti non è sufficiente non sfilare il portafogli dalle tasche dei contribuenti, non basta mettere un magistrato a guardia della lotta alla corruzione, nemmeno non intrattenere disdicevoli relazioni con banditi della Magliana, terroristi neri e mafiosi conclamati. Quello è un requisito necessario, ma non sufficiente. E il sindaco Marino che ogni giorno rivendica di aver spezzato l’infame continuità del malgoverno cittadino, di aver introdotto nuove regole di trasparenza in nome dell’interesse generale contro quello di pochi, disinvolti e discutibili, dovrebbe rispondere a qualche domanda su soggetti magari più educati e presentabili del Cecato, del Porcone, del Fascio boro, ma a loro modo comparse non marginali delle “mani sulla città”. Spiegando se sarà verificata la corrispondenza dei costi dichiarati per la realizzazione dell’opera e quelli sostenuti, chiarendo se comunque andranno a vantaggio del privato che ha realizzato l’intervento o dell’amministrazione comunale. O come è stato accertato il valore effettivo delle aree, in vista dell’entità delle cubature degli edifici e della loro destinazione d’uso. O anche se rientri nel piano del traffico della città la previsione che circa 25 mila impiegati vengano deportati ogni giorno negli uffici che saranno realizzati a finca dello stadio Magico.
E soprattutto non sospetta anche l’amministrazione comunale che tutta la grandiosa operazione si possa configurare come una strenna regalata proprio il 22 dicembre a un gruppo privato? O infine, il quesito più semplice, più ingenuo: di questi tempi non basterebbe dire no alle grandi opere, dedicandosi a quelle quotidiane, indispensabili, insostituibili, quelle che non lasciano impronte, quelle che salvano territori e città invece di oltraggiarli e devastarli?