Poche ore dopo, mentre tutti i riflettori sono puntati sul centro capitolino e le luci delle sirene illuminano ancora le strade di Roma ecco che in un supermercato nella periferia cittadina un’altra rapina è in corso. Questa volta al bottino si aggiunge un ferito.
E’ il direttore del Todis di via Casal de Pazzi, ad essere rimasto ferito ad una gamba da un colpo di pistola dopo aver tentato di reagire all'aggressione dei rapinatori. Secondo una prima ricostruzione, intorno alle 18:30, due dei malviventi sono entrati nel supermercato mentre un terzo faceva da basista e autista pronto a scappare nell'auto una Fiat 500.
I tre stavano portando via i soldi dalle casse, quando il direttore ha tentato di sventare la rapina ma i ladri hanno fatto fuoco colpendolo ad una gamba. Dopo la fuga dei malviventi, l’uomo è stato soccorso e ricoverato al Pertini ma non è in pericolo di vita. Ora sulla vicenda, indaga la Squadra mobile della Questura di Roma. Secondo quanto riferito dal direttore i rapinatori sarebbero due uomini dell'est Europa.
E la paura si spalma in ogni angolo della città, trovando domicilio soprattutto nei negozi.
Già nel pomeriggio, i commercianti di via Vittoria dove oggi è stata messa a segno una rapina in gioielleria, avevano alzato la voce per far sentire le loro preoccupazioni. «Ormai aspettiamo solo che ci sparino - dice uno dei tanti gioiellieri della zona - non ci sentiamo per nulla sicuri, è assurdo che queste cose possano accadere nel pieno centro storico di Roma e di giorno».
E’ assurdo, o sarebbe tale, se stessimo parlando di un’altra città. Ma Roma, da un anno a questa parte, è teatro di delitti sotto il sole o all'ombra delle stelle, spedizioni punitive, gambizzazioni d’avvertimento.
Tutto questo, ormai, sembra essere divenuto la normalità.
Roma spara e spara anche durante le rapine che mette a segno con facilità. E poco importa se i militari che hanno blindato la città continuano setacciarla in lungo e in largo, il male sembra vincere e se non ci si sente sicuri, succede che
«Qualcuno – dice sempre il gioielliere - ha la pistola sotto il bancone. Qui le rapine avvengono fin troppo spesso». «Quando scende il sole è tutto terribilmente buio - dice la titolare di un negozio di abbigliamento - se succede qualcosa non se ne accorge nessuno. Speri solo che non ti succeda nulla, siamo vittime dell'indifferenza». «Se ci sentiamo sicuri? Direi proprio di no», sottolinea, «ma ricordate la rapina da Eleuteri o da Cartier?».
«Sono riusciti ad entrare in via dei Condotti con un carro attrezzi - evidenzia la titolare di un altro negozio in via Belsiana -, ormai non ci meravigliamo più di niente».
«Abbiamo paura, certo - continua un altro commerciante che in strada commenta quanto accaduto oggi - a dicembre rapinarono anche la banca a due passi da piazza di Spagna, tra la gente che faceva shopping».
Sono i commercianti a non dimenticare. E’ la gente che continua a ricordare.
Eppure il messaggio dopo gli arresti in massa e i controlli a tappeto, sembra essere uno: farsi giustizia da soli.
Questa somiglia alla risposta di qualcuno che sente lo Stato assente e, piuttosto che lasciarci le penne, inizia almeno a pensare (ed è dal pensiero che si forma una cultura della legalità e dell’illegalità) da antistatista.
Continueremo a leggere notizie del genere o di commercianti che finiscono in galera dopo aver sparato contro dei ladri per legittima difesa, oppure faremo il piccolo salto che manca alla vita in far west? Quasi tutti i negozi che affollano le stradine nel centro storico hanno comunque sistemi di sicurezza e di allarme, comprese telecamere a circuito chiuso che riprendono 24 ore su 24 quanto accade in strada e nei negozi.
Ma non basta. E non bastano nemmeno i rinforzi arrivati a supportare i militari già presenti e oberati. «Siamo tutti in allerta», saluta un commerciante mentre chiude il negozio e torna a casa: «Per oggi basta così». O almeno si spera.
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