La capitale stamane si è risvegliata con la consapevolezza che la sfera sociale e internazionale italiana sta cambiando non solo il paese, ma anche ciò che siamo e che vorremo essere. Domani, nel primo pomeriggio, la chiesa romana avrà il compito di sigillare, dopo otto anni le porte della cappella Sistina, affidando al giudizio universale di Michelangelo, il compito di canticchiare il nome del nuovo successore al soglio di Pietro.
L’Italia priva di un governo e di una stabilità socio-politica sente l’esigenza di prendere parte, come non mai, a questo inedito e soprattutto inaspettato conclave, alla ricerca, insieme allo spirito santo di un uomo in toga rossa, che sappia ascoltare e riprendere tra le sue mani, le sorti di una chiesa e di una nazione in frantumi.
La chiesa di oggi è debole, fragile, perde pezzi da ogni parte, ne è diventata lo specchio di ciò che l’umanità è oggi, vuota, spenta e del tutto materialista.
Una nuova generazione, la quale sarà annunciata con una fumata bianca, davanti a migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo per assistere alla proclamazione del nuovo Papa, di un uomo vestito di bianco. Benedetto XVI, ha lasciato il pontificato, lo scorso 28 febbraio a Castel Gandolfo chiudendo cosi le porte, almeno per ora, ai pontificati europei, ma non a quelli africani. È ora di un papa africano.
Secondo i bookmaker inglesi, sarebbe il cardinale ghanese Peter Turkson uno dei maggiori candidati a succedere a Benedetto XVI. E
E Turkson non si tira indietro: “È possibile che magari tra i cardinali elettori vi sia un’ispirazione simile a quella che hanno avuto gli americani, tuttavia lo scenario ecclesiale è ben diverso. L’elezione del Papa non è un processo elettorale, fatto di exit poll ma qualcosa di più grande e alto”. Anche il cardinale sudanese Zubair Wako pensa all’ipotesi di un Papa nero, ma è più cauto: “Non so cosa ne pensa lo Spirito Santo, ma lo capiremo. Non bisogna avere fretta, mancano ancora poche ore per il conclave”.
Written by Giuseppe Giulio