Gli anni neri di Roma - Tasse record. Parentopoli. Consulenze strapagate. Scandali. Inchieste. E ancora: redditi in calo, disoccupazione, boom di reati... È la foto della capitale alla fine del mandato di Alemanno (di Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)
A leggere gli slogan dei megacartelloni che Gianni Alemanno ha fatto piazzare in giro per la capitale sembra che a Roma si viva meglio che a Zurigo. "Meno 14 per cento di reati", "90 mila famiglie esentate dal pagamento della tassa dei rifiuti", "Un milione di euro per le start-up" dei giovani, "5.000 aree bonificate e 11 mila tonnellate di rifiuti rimossi". In cinque anni, di fatto, il sindaco avrebbe «salvato Roma» dal rischio fallimento a cui l'aveva condannata l'amministrazione Veltroni.
Confrontando i dati del 2007 con quelli del 2012 dell'Istat, di Confindustria, di Unioncamere e di altri istituti specializzati, però, la realtà sembra diversa da quella dipinta dagli spin doctor del Pdl. Che non solo hanno nascosto le cifre che raccontano il declino della città, ma hanno scelto anche per i poster elettorali numeri parziali adatti alla propaganda. Perché nell'ultimo lustro la tassa sui rifiuti (come le altre imposte comunali) è aumentata a livelli record per milioni di cittadini, mentre la raccolta differenziata media del 2012 (dati Ama) si è fermata al 25,6: una percentuale di un punto più bassa rispetto a quella certificata a Napoli.
Andiamo avanti. Se nel 2012 il ministero dell'Interno dà una diminuzione dei delitti commessi a Roma dell'11,6 per cento (e non del 14), rispetto al 2007 tutti i reati predatori sono in aumento: i casi di omicidi «a scopo di furto o rapina» sono quasi raddoppiati, idem le lesioni dolose, in netta crescita anche le percosse, minacce, ingiurie, per non dire delle violenze sessuali sui minori, dei furti e le rapine nelle case, dello spaccio di droga e via elencando. La task force strapagata capeggiata dal prefetto Mario Mori, in pratica, sembra sia servita soprattutto a limitare i furti di auto e motorini. Un trend, dicono gli esperti della questura, legato alla crisi del settore: le macchine non fanno più gola nemmeno ai ladri.
Per quanto riguarda i giovani, poi, nei suoi spot Alemanno ammette involontariamente che per l'avvio di nuove imprese il Comune ha investito la miseria di 547 euro al giorno. Una somma più bassa di quella guadagnata quotidianamente da decine di dirigenti amici assunti con contratti esterni, e non sufficiente a contrastare l'aumento della disoccupazione giovanile: secondo l'ultimo rapporto di Confindustria Lazio il tasso a Roma è salito al 36,1 per cento, tra i peggiori d'Italia, mentre a Milano - dice Assolombarda - è fermo a poco più del 20 per cento.
In campagna elettorale, è cosa nota, ci si attacca a tutto. Alemanno secondo i sondaggi è dato qualche punto sotto lo sfidante del Pd Ignazio Marino, mentre il grillino Marcello De Vito e l'imprenditore Alfio Marchini - salvo sorprese - difficilmente arriveranno al ballottaggio. Per recuperare terreno, il Dux le sta provando tutte: negli ultimi giorni s'è fatto fotografare con il suo gatto in braccio per strizzare l'occhio agli animalisti, il settimanale "Chi" gli ha dedicato un servizio in sella alla sua moto, ha annunciato urbi et orbi la cacciata di Equitalia da Roma (ma la sostituzione dei servizi di riscossione è già prevista da una legge dello Stato, la quale stabilisce che dal prossimo 30 giugno i comuni italiani possano riscuotere da soli le gabelle), ha tagliato l'Imu a 376 mila famiglie e ha promesso che sarà un «sindaco sceriffo».
Uno sceriffo che ricorda Mel Brooks in "Mezzogiorno e mezzo di fuoco": nell'ultimo lustro il primo cittadino si è infatti contornato di presunti ladri, corruttori e delinquenti comuni. Come i dieci piccoli indiani, i fedelissimi del sindaco di Roma piazzati nelle municipalizzate sono scomparsi dalla scena, travolti da arresti, avvisi di garanzia e scandali di ogni sorta. Dalle "parentopoli" delle società dei trasporti (con centinaia di amici e famigli piazzati all'Ama e all'Atac) all'inchiesta sui filobus comprati a Finmeccanica, passando per le indagini sugli ex fascisti vicini della Banda della Magliana assunti al Comune, quasi tutto il cerchio magico del sindaco è finito davanti alla scrivania dei magistrati. Una via Crucis che non ha precedenti nella storia dell'amministrazione capitolina, tanto che in pochi credevano che l'amico Gianni uscisse indenne dalle valanghe giudiziarie.
Invece, contro tutti e contro tutto (il Pdl, i poteri che lo hanno appoggiato nel 2008 - in primis il costruttore Caltagirone - e perfino i tassisti del 3570 speravano che la destra proponesse un altro candidato), Alemanno è ancora lì a giocarsela, mentre la città assiste stremata ai dibattiti tra i candidati. I romani, come racconta l'ultimo rapporto dell'Agenzia per il controllo dei servizi pubblici locali del Comune (che pure assegna una sufficienza alla qualità della vita generale), non ce la fanno più: bocciano i bus e i tram, puntano il dito sul traffico impazzito (il 6 maggio a causa di un po' di pioggia l'Ansa segnalava file di 5 chilometri in tangenziale), la sporcizia delle strade (nel 2012 l'indice di Legambiente che fotografa l'ecosistema urbano è sceso di oltre tre punti rispetto a cinque anni fa), i parcheggi a pagamento e il servizio taxi.
Ma sono le statistiche economiche a fotografare l'impoverimento della città: se l'emergenza abitativa è un dramma che riguarda ormai 10 mila famiglie su cui pende un'ordinanza di sfratto (l'housing sociale e la mancanza di alloggi popolari sono tra i più evidenti fallimenti del centrodestra), secondo l'ultimo rapporto del "Sole 24 Ore" il Pil pro capite medio dei romani è sceso dai 34 mila euro del 2007 ai 29.400 del 2011, perdendo il 13,4 per cento della ricchezza. Considerando l'apporto della città al prodotto interno nazionale, Unioncamere segnala invece che Roma vale meno rispetto a un lustro fa. La crisi internazionale, di certo, ha pesato come un macigno: eppure a Milano (dove il Pil pro capite è calato del 10,4 per cento), a Bologna, (-11,5), a Torino, Napoli e persino Palermo (meno 3,5 per cento) la congiuntura ha avuto sulle tasche dei cittadini effetti meno disastrosi.
La disoccupazione viaggia a tassi doppi rispetto a quelli registrati a Milano, mentre in quattro anni l'indice Foi dell'Istat (che registra l'andamento del costo della vita) è cresciuto del 64 per cento, raggiungendo il valore più alto tra le grandi città. Una tempesta perfetta per le famiglie di operai e impiegati, che non riescono più a sopportare la forbice tra riduzione del potere d'acquisto, l'aumento delle tasse comunali (anche i biglietti dell'Atac sono stati aumentati del 50 per cento) e dell'inflazione.
Tiene, invece, il turismo. Anche se i dati diffusi da Alemanno sembrano drogati. Gli slogan parlano di "33 milioni di presenze" e di un aumento-monstre del 25 per cento rispetto ai tempi di Veltroni. In realtà, leggendo le cifre dell'Ente bilaterale del turismo del Lazio che lo stesso Comune ci ha girato, nella città di Roma (senza sommare la provincia) nel 2012 rispetto al 2007 le presenze sono aumentate del 14,7 per cento, arrivando a sfiorare i 29,7 milioni. Un buon segnale, comunque. Un altro studio incentrato sui turisti stranieri, però, è assai meno incoraggiante: secondo le statistiche di Bankitalia i loro "pernottamenti" nel 2012 sono diminuiti rispetto ai cinque anni precedenti, mentre le loro spese (in tutto 5,17 miliardi) sono sì cresciute di 200 milioni, ma assai meno del tasso di inflazione a cui sono costretti albergatori ed esercenti.
Se il Colosseo e la Fontana di Trevi hanno comunque salvato il bilancio del settore, dei grandi eventi e investimenti promessi da Alemanno nemmeno l'ombra: la Notte Bianca è stata cancellata, la Formula Uno dell'Eur è rimasta sulla carta, idem la velleitaria candidatura per le Olimpiadi 2020. I progetti per il raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino e il risanamento di Ostia sono stati spostati a data da destinarsi, per non parlare del parco a tema "I ludi di Roma", del "Cinecittà World" o della pedonalizzazione del centro storico.
Certo, la congiuntura negativa ha pesato non poco sulle azioni dell'amministrazione dei post-missini. Così come il buco lasciato dal centrosinistra, una dozzina di miliardi tra investimenti in opere pubbliche (Metro C in primis) e debiti contratti attraverso i famigerati derivati, su cui sta indagando la Corte dei conti. Senza dimenticare che Alemanno - come altri sindaci italiani - ha dovuto governare subendo tagli di trasferimenti dallo Stato, che a Roma pesano per circa 1,2 miliardi.
Epperò, al netto delle difficoltà finanziarie, la gestione della cosa pubblica è stata disastrosa: l'Ama e l'Atac, le più importanti società in house, sono a rischio crac più ancora di quanto lo fossero nel 2007. L'Ama, dichiara Alemanno sui cartelloni, ha chiuso quest'anno con un utile di 2,3 milioni. Verissimo. Ma spulciando i bilanci consolidati del 2007 e del 2011 ci si accorge che il passivo totale è cresciuto di ben 431 milioni di euro, mentre il costo del personale (salito di 793 unità) è aumentato di ben 50 milioni di euro, a cui vanno sommati i 60 in più spesi nel biennio 2009-2010 e i 51 registrati nel bilancio d'esercizio appena approvato. Diminuiti di 26 milioni, invece, i prestiti con le banche, che restano però creditrici di 669 milioni.
Se Franco Panzironi è stato indagato per la Parentopoli nella società che gestisce la monnezza, l'ex ad Adalberto Bertucci è sotto inchiesta per 850 assunzioni sospette in Atac, tra cui spicca quella del figlio del caposcorta del sindaco. L'azienda comunale dei trasporti si è fusa con Trambus e Met.Ro (ecco perché Alemanno può vantare la diminuzione delle società partecipate) ma è alla canna del gas: cinque amministratori delegati in cinque anni (ognuno a contratto da centinaia di migliaia di euro l'anno) non solo non sono riusciti a migliorare il servizio (il parco autobus ha una media guasti vicina al 30 per cento, qualche giorno fa la linea B della metro si è bloccata per l'ennesima volta per un guasto alla corrente) ma hanno assunto centinaia di amministrativi (500 il solo Bertucci) mentre il deficit di autisti restava altissimo.
Anche al Campidoglio forse si poteva fare meglio: il Pdl racconta che la spesa del personale è calata, rispetto al 2007, del 3,4 per cento a 1,166 miliardi, ma dimentica di segnalare che la giunta ha stipulato oltre 300 contratti esterni a tempo determinato tra staff del sindaco, assessorati, segretarie e uffici stampa, per un costo complessivo tra stipendi e oneri previdenziali - ha calcolato "l'Espresso" che ha letto tutte le delibere - di oltre 30 milioni.
Alla faccia del buco in bilancio, sono stati sistemati amici degli amici, famigli e simpatizzanti della destra. Solo per l'ufficio stampa, la giunta dal 2008 al 2012 ha assunto 34 persone: studiando il rapporto annuale che la Casa Bianca manda al Congresso degli Stati Uniti, si scopre che nel 2012 lo staff di Obama ne contava solo 21. Gianluca Scarnicci, "responsabile dei rapporti con il mondo cattolico" per conto del sindaco, prende 144 mila euro lordi l'anno. Dodicimila in più del potente portavoce della Casa Bianca James Carney, fermo a 132 mila.
Chissà se i romani, il 26 e il 27 maggio, perdoneranno anche questa...