Roma – Omicidio Morena: ora, una pista da seguire

Creato il 31 agosto 2011 da Yourpluscommunication

Lo scorso 23 agosto, l’omicidio di Edoardo Sforna, surriscaldava la periferia (Morena) della già bollente Capitale lasciando basiti, oltre gli spari, sui perché.

Se, infatti, in meno di un anno, gli ultimi colpi d’arma da fuoco, hanno raggiunto pregiudicati, gente legata indirettamente o per vincoli di “sangue” alla criminalità, sulla fedina penale del diciottenne, freddato con un proiettile dritto al petto, nessuna macchia.

«Vittima di una violenza incomprensibile», così aveva detto il parroco per l’ultimo saluto nella chiesa di san Matteo apostolo, la parrocchia del quartiere dove viveva il ragazzo.

Ed effettivamente, quelle parole trovavano l’appoggio di centinaia di persone, giovani, amici, conoscenti, volontari della Croce Rossa per sostenere il dolore di altre due vittime: i genitori, Antonio e Marina, derubati dell’unico figlio.

Una vita tranquilla quella di Edoardo che si divideva tra scuola, casa, lavoro, amore e sport.
Una famiglia per bene alle spalle, di quelle poche, che riescono ancora a trasferire sani principi, giusti valori.

Per gli inquirenti difficile percorrere una strada sebbene le tracce lungo il percorso che portavano o facevano fuggire, dal luogo del delitto erano tante.

Il ritrovamento dello scooter bruciato con il quale i suoi killer si erano dati alla fuga, infatti, si aggiungeva alle due pallottole andate a vuoto prima di suonare il terzo e ultimo colpo letale.

Ma per togliere la libertà agli assassini, come l’aria che si respira, saranno gli esiti delle ricerche condotte dai Ris su quei caschi bruciati che potrebbero nascondere frammenti di capelli, epidermide o sudore. Elementi per i quali, gli specialisti delle identità, potranno risalire al dna dei killer.

Oggi, come per un puzzle, quelle tracce hanno trovato una collocazione e a queste, si aggiungono le testimonianze di una rissa avvenuta qualche giorno prima della morte di Edoardo.

E’ stato un diverbio tra ragazzi (una decina circa), pare, a far “partire l’embolo” al bullo del quartierino dopo la brutta figura da cancellare insieme ad Edoardo, con uno sparo, per non compromettere la sua carriera.

Una discussione tra gruppi che la pensano in maniera diversa trasformata in una violenta lite con urla, insulti e schiaffi annessi.

Una zuffa come quelle a cui tutti hanno partecipato, quelle che ieri venivano definite una “ragazzata” finendo a riderci sù ma che oggi, per seguire la tendenza dello “sparo facile”, quegli stessi ragazzi, hanno trasformato in un fatto grosso: davvero grosso.

A dirla tutta, di rumore, ancor prima degli spari, quella lite ne aveva fatto eccome.

Infervorati e assetati di violenza, i ragazzi, per regolare i loro conti erano finiti in strada attirando l’attenzione degli abitanti della zona. Ogni particolare, oggi, è più che mai importante, per questo, la gente e gli amici sono stati chiamati dai militari del gruppo di Frascati a rievocare quel fatto.

Edoardo pare avrebbe messo in difficoltà (per la sua stazza e il suo atteggiamento deciso) qualcuno degli avversari del gruppo di cui faceva parte.

Tra questi, secondo le ipotesi degli investigatori, anche al bulletto di zona.

Un delinquente che voleva far “carriera”.

Un teppista che per essersi sentito umiliato, secondo gli investigatori, ha fatto credere di essere “uomo” sparando. Ma che uomo è un ragazzo che usa la pistola e non il cervello? Che usa la violenza e non le parole?

Ciò che è stato detto, al momento, rende certa l’incompetenza dei piccoli delinquenti che, secondo le nuove testimonianze, avrebbero non solo abbandonato il mezzo prima di andare a sparare ma, pare, anche percorso la scala antincendio del centro commerciale che porta alla pizzeria.

Non è certo importante, al momento, sapere se quella lite è iniziata dentro o fuori gli spogliatoi della palestra dove Edoardo andava ad allenarsi. Quello che conta, oggi, è che finalmente, si è aperta una pista da seguire.

Una via, seppur piccola, che potrebbe allargarsi tanto da riuscire a far identificare e arrestare coloro i quali, senza averne il diritto o la legittimità, hanno scritto la parola “fine” sulla vita del ragazzo di fronte alla pizzeria dove, da pochi giorni, effettuava consegne a domicilio.

E a breve, il cerchio potrebbe stringersi sugli assassini come un cappio intorno al collo.

Ma adesso, alle parole, si preferisce il silenzio.

Del resto, di parole, in merito alla violenza che ha letteralmente invaso Roma in lungo e in largo, ne sono state spese tante.

A volte troppe. Come quelle che, affiancate ai numeri, hanno cercato di abbassare la soglia dell’allarme sicurezza (effettivamente mai lanciato) o innalzare i dati delle statistiche degli arresti (le stesse che non mettono in chiaro, però, quante manette sono state poi allentate per “enne” motivi).

Marina Angelo


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