di Clara Mitola
“Vi comunico che ho deciso di dimettermi dal governo” ha detto Boc lo scorso 6 febbraio. Il premier uscente ha aggiunto di aver rassegnato le dimissioni perché non “aggrappato” al potere: “Per me, rimanere su questa poltrona fino alle elezioni di novembre non è così importante, ma per il Paese è di estrema importanza avere stabilità politica”.
Il presidente Traian Băsescu, nell’arco della stessa mattinata, proponeva la possibilità di un governo tecnico da insediare rapidamente -aggirando le richieste di elezioni anticipate che arrivano da più fronti, piazza e opposizione-, così rapidamente da non permettere un vero e proprio cambiamento, per lo meno non completo.
Il nuovo premier, made in Securitate
Il nuovo premier è Mihai Răzvan Ungureanu, classe 1968, un uomo dal passato brillante, rampante, oscuro. Appartiene anch’egli al Partito democratico liberale (Pdl, lo stesso di Boc) ma la sua formazione concreta, sul campo, l’ha guadagnata in tempi pre-rivoluzionari.In effetti, la rivoluzione del 1989 ne ha stroncato l’ascesa (dal 1985 fino all’89 si era distinto all’interno del Comitato Centrale dell’Unione dei Giovani Comunisti) ma, come appare chiaro, determinate appartenenze non sono mai inutili, né a destra e nemmeno a sinistra. La parola chiave di quest’appartenenza è Pcr, tradotto in Securitate (l’attuale Sie, Servizio d’Informazione Esterna). Non è un segreto per nessuno.
Nel 2007 Băsescu proponeva Ungureanu presidente del Sie, il parlamento lo sosteneva a maggioranza e il neo premier accettava la nomina, promettendo di “non pensare ad altro che alla protezione dell’interesse nazionale”.
Le reazioni del mondo politico, una guerra all’ultimo sangue
Come è stata accolta la nomina di Mihai Răzvan Ungureanu dal mondo politico? Crin Antonescu (Usl) ha dichiarato “è inaccettabile che in Romania, alla guida del Governo, si proponga un uomo che proviene dai servizi speciali […]. Băsescu trasmette con grande chiarezza: qui decido io, i servizi segreti, tutti coloro che sanno cos’è meglio per voi! Nessuno crede che Boc sia stato un premier eccellente. L’elemento in più con Ungureanu è che Traian Băsescu è uscito allo scoperto, cioè governiamo con i servizi segreti in prima linea! Voteremo contro il governo che Băsescu, per bocca di Ungureanu, proporrà. Non parteciperemo ai lavori della commissione, nemmeno alle sedute del parlamento […]. Ungureanu è un uomo che ha tutto il diritto di avere una carriera politica. Nel momento in cui, sfidando il paese, Traian Băsescu prende un capo dei servizi segreti e lo pone a capo di un governo di marionette, in questo momento è molto chiaro che la nostra guerra contro Băsescu e la sua combriccola, dal punto di vista politico, è una guerra all’ultimo sangue”.
Anche il Psd, attraverso Victor Ponta, assume posizioni omologhe a quelle dell’Usl. I conservatori, dal canto loro, dichiarano che Ungureanu sarà un altro Boc per i romeni. “Ogni Governo nominato da Traian Băsescu è il governo Traian Băsescu […].
Il nuovo governo, pochi cambiamenti
Il Pdl, naturalmente si dichiara soddisfatto della nomina. La coalizione di maggioranza ha subito cambiamenti parziali. Invariati sono rimasti i Ministeri dei Trasporti (Anca Boagiou), Lavoro (Sulfina Barbu), Giustizia (Catalin Predoiu), Educazione (Daniel Funeriu) e quello che si occupa dei Fondi Europei (Leonard Orban). Si aspettano le nomine per Interno, Finanze, Economia, Agricoltura e Cominicazioni.
Ma la piazza festeggia
Nel frattempo, in Piața Universității, è inutile dirlo, si festeggia.
La piazza continua a esistere come reazione sociale, e le voci che circolano non parlano affatto di un’interruzione del presidio. Le dimissioni di Boc non sono altro che un assaggio, il preludio a ben altre dimissioni di più ampio respiro, importanza e speranza.
“Jos Băsescu” (Basescu vai via) resta uno dei messaggi principali (rinnovato nel canto “Băse, ti stresseremo fino a quando non ti dimetterai!”).
Boc è stato sacrificato e nemmeno questo è un segreto per nessuno, tanto meno per gli indignați che, al di là di tutto, possono realmente vantare i primi piccoli successi.
Il bilancio degli indignati
Le dimissioni del premier potrebbero essere considerate il primo punto realmente conquistato dagli indignati, ma a guardar bene, nel silenzio che la stampa destina alla voce della società civile dell’intera Romania, le vittorie concrete sono più di una.
Per tutta la giornata di ieri, in rete è rimbalzata una sorta di piccola “lista dei più”, di quello che la piazza ha ottenuto in meno di un mese di manifestazioni pacifiche, pazienti, a 20 gradi sotto zero, colorate, stonate, costanti. Questo il bilancio:
“Raed Arafat: risolto, è tornato ministro; Riforma sanitaria: risolta, si è rinunciato; Baconschi: risolto, cacciato; Iulian Urban: risolto, si è dimesso;
Tassa auto: risolta, è stata posticipata; Elezioni “concentrate”: risolto, si è rinunciato; Boc: risolto, si è dimesso. … e questo in meno di un mese! Congratulazioni Piața Universității!”
Accanto alla vicenda di Arafat (ministro della Sanità che è tornato in carica dopo i primi giorni di manifestazioni pubbliche) vale a dire l’inizio di tutto, le tre settimane di occupazione di piazza hanno avuto davvero risultati concreti, tra gli altri, le dimissioni del senatore Pdl Iulian Urban e la destituzione del Ministro degli Esteri, Teodor Baconschi (entrambi si erano espressi in modo offensivo nei confronti dei manifestanti, cioè dei cittadini, definiti “vermi” dal primo e “gentaglia sostenuta dalla Securitate” dal secondo).
Una vittoria importante, è anche quella che riguarda la rinuncia alle elezioni “concentrate”, una proposta di riforma elettorale attraverso la quale le elezioni locali e quelle parlamentari si sarebbero svolte contemporaneamente. In altri termini, manipolate contemporaneamente.
Le rivendicazioni dei manifestanti
C’è da chiedersi quale sarà, se ci sarà, la prossima vittoria della piazza che, tra le altre, chiede elezioni anticipate e la sparizione di Băsescu dalla scena politica. C’è da chiedersi se questo “ascoltare” da parte istituzionale sia vero o falso e fin dove arriverà il movimento, cos’altro riuscirà ad ottenere. Di certo è rimarcabile la perseveranza di quelli che, ricordiamolo sempre, sono solo cittadini che rivendicano il proprio spazio in una società che, in teoria, dovrebbe essere organizzata, gestita e tutelata in loro favore.
Sono molte le domande che restano aperte, innanzitutto perché davvero in Piața Universității c’è spazio per tutti tranne che per i partiti (“PDL e USL la stessa miseria” cantano gli indignati). Il movimento è apolitico, ma dentro una società fatta di rapporti umani, la politica è solo una questione di governo?