Amo molto il romanticismo (nel senso gentile del termine, non alludo a persone con la testa fra le nuvole), la visione umanistica, sociale, del commercio che Patrizia Signorini rappresenta personalmente e descrive nel brano centrale di un suo commento.
Abbassate quei prezzi grazie
E’ veramente gradevole questo modo di intendere la compravendita. Purtroppo però così si naviga controcorrente e si affonda. E non si smaschera la dolorosa verità, che mette in difficoltà il commerciante come il consumatore. Lo stesso concetto di libera imprenditoria cui si appella per altri versi Patrizia Signorini si è talmente evoluto e disumanizzato da generare enormi meccanismi economici che funzionano indipendentemente dalla volontà dei singoli e dai piccoli gruppi. Purtroppo la democrazia in cui viviamo non è altro che la legittimazione del capitalismo più violento e feroce. O si fermerà questo circuito vizioso (la libertà d’impresa che toglie libertà di vita, persino di fare compravendita umanamente, fra persone) o ne pagheremo tutti le conseguenze. Come fermarlo? Con una rivoluzione, un grande cambiamento. I modelli sono tanti. Dalla ribellione disperata e violenta a quella pacifica alla clamorosa presa di coscienza degli elettori e a uno sviluppo rapido e imponente del senso civile in un popolo tristemente immorale come quello italiano.
Altro problema serio è quello dei prezzi e del potere d’acquisto. I prezzi sono aumentati molto più dei redditi fissi e delle pensioni, nel giro di 15 anni: quando noi consumatori recupereremo tutto quello che ci è stato tolto? I prezzi non calano mai, salvo che per computer e telefoni semplici. Detassare il reddito fisso sarebbe già un passo avanti. Purtroppo poi Patrizia Signorini sostiene che per pagare le tasse deve alzare i prezzi. Questo significa che noi paghiamo le tasse al posto suo dopo aver pagato le nostre: come può essere giusto? Qui s’incrina e crolla il castello di carte di Patrizia Signorini. E’ sempre colpa dello Stato. Facile accusa. Perché il commercio non si riorganizza? Perché ciascun negoziante vuole spremere il consumatore finché può e in più essere riconosciuto dallo Stato con finanziamenti appositi, mentre il lavoratore dipendente perde continuamente diritti e potere d’acquisto? Il discorso non torna. A Cremona si usa dare sempre ragione ai più forti. E’ ora di finirla. I consumatori non possono essere strapazzati e spremuti come limoni o come vittime del conte Dracula. Dal 2001, per non andare oltre, al 2001 il potere d’acquisto è sceso del 40% circa. E poi chi si lamenta sono i commercianti!!!!! Basta cliccare qui per rendersi conto di quanto siano aumentati i prezzi dei signori commercianti. Pagano tutti le tasse? Mah.
Ecco il testo di Patrizia Signorini.
Caro Zignani, grazie per l’interessamento, ma il commercio è una questione molto, molto più complessa di come la tratteggia nel suo articolo. Sommando gli spunti, si arriva ad un concetto da “comune”, da cooperativa, che in sè sono amabili, ma non c’entrano nulla con la libera imprenditoria. Ministore dove il cliente si serve da solo? Cioè lei presume nel consumatore la capacità di scegliere a prescindere e quindi, argomentando a contrario, le andrebbe bene un pacchetto preconfezionato e incontestabile di uno store anonimo dove non c’è nessuno??? [No, non propongo la solitudine disperante del consumatore, solo le distributrici automatiche funzionano così, ndr]. Capisco, in certi casi è utile e fattibile, ma l’essenza del commercio è il rapporto fra chi compera e chi vende, ed è una secolare e straordinaria catena di uomini e conoscenza che non può essere interrotta perchè parte incarnata nel rapporto fra uomo e uomo, fra cosa e cosa. Non posso concordare con lei su questo.
Il vero problema è che il legislatore e gli operatori hanno dimenticato l’arte nobile della compravendita a favore di formule becere di banale scambio, che lei chiama anche franchising e che io lo chiamo cannibalismo. Il commercio soffre perchè diventato formula economica non considerata rispettabile, in più pericolosa perchè non governabile in quanto fatta da singoli non controllabili; non è degna dei piani alti della società e quindi lasciata in balia di individui a cui non viene richiesta una salda preparazione, a cui non viene richiesta una vera etica, a cui non viene richiesta una garanzia di affidabilità. Quasi come ai politici. Allora meglio le multinazionali, almeno qualcuno lassù ci guadagna.
La battaglia di civiltà è riconoscere il commercio come forma imprenditoriale di valore economico e sociale: quindi bisogna esigere formazione, favorire l’avviamento delle nuove generazioni, favorire le locazioni, verificare i carichi fiscali, controllare la correttezza dei soggetti, fare i giusti controlli da parte degli uffici preposti, evitare la concorrenza sleale da parte dei produttori e dei grandi gruppi cooperativistici che non hanno neanche un parametro fiscale a cui assoggettarsi, rivedere appunto i parametri fiscali che ci impongono ricarichi che la gente non capisce e che ci mettono in enorme difficoltà. Se vuole continuo. Ma in fondo si parla solo di libera impresa con regole chiare e rispetto per chi fa il mio lavoro, o sbaglio?