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Romanzi in bottiglia

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

Romanzi in bottigliaQuando, più o meno venticinque anni fa, un po’ per istinto naturale un po’ per la ricerca di identità tipica dell’adolescenza, decisi di pensare a me come a “uno che scrive”, l’obiettivo mio e dei miei analoghi era quello di essere pubblicati.
Oggi, in tempi di migliaia di mini case editrici, print-on-demand a go-go ed ebook fai-da-te, gli scribacchini di ogni età, generazione e livello di talento, si prefiggono uno scopo che già a priori è certezza matematica: pubblicare.
Il verbo che identifica l’editoria è insomma passato dalla forma passiva, sinonimo di filtro, di selezione, di qualcuno titolato a valutare che sceglie sulla base di parametri almeno in teoria meritocratici, a quella attiva, equivalente di democrazia dal basso, di indipendenza, di autogestione ma anche, ahimè, di caos totale.

Ancora un po’ di tempo e la confusione sarà assoluta: migliaia di titoli riversati sul mercato ogni giorno, con un vociare delirante di romanzieri intenti solo a promuovere se stessi sui social network alla disperata ricerca di un Like.
Andrà a finire che ognuno di noi avrà almeno un’operina che lui e lui solo considera un capolavoro, recensita con cinque stellette da amici e conoscenti che si sperticheranno in critiche entusiastiche in cambio di una critica entusiastica a cinque stellette di ritorno.
Sempre di più i “grandi romanzieri” saranno coloro in grado di fare del buon marketing di se stessi; sempre di più la qualità del loro lavoro si rivelerà un dettaglio trascurabile.
Oh sì… non è certo una scoperta il fatto che tutti gli scrittori siano dei narcisisti… L’elemento di novità è che però adesso, grazie alla tecnologia, tutti i narcisisti possono essere scrittori.

Questa evoluzione al contrario potrebbe all’apparenza mettere in crisi la motivazione di chi scrive per urgenze differenti da quella di essere visibile e applaudito ad ogni costo; eppure io credo che, invece, chi è romanziere di suo, narratore di per sé, non dovrebbe lasciarsi minimamente  distrarre dal rumoroso  marmaglione di impostori in cerca di un quarto d’ora di letterarietà.

Quando penso a uno scrittore vero, qualcuno che, al di là del proprio talento, senta la creatività come un bisogno di ricerca, di conoscenza di sé e del mondo, un bisogno insomma slegato da quello di applausi e di condivisione obbligatoria, immagino autori che, approfittando delle opportunità offerte dal web, scrivono rispondendo solo ed esclusivamente alla loro esigenza di disvelare la realtà interpretandola secondo il loro punto di vista poi, una volta giunti al termine del lavoro, lo inviano ad un editore, o se lo autopubblicano in digitale, lo lanciano nel disordine ordinato di cento piattaforme, e poi se ne dimenticano del tutto, non curandosi di ciò che accade dopo, degli entusiasmi, delle reazioni contrastanti o dell’assoluta indifferenza conseguenti.
Romanzi come messaggi in bottiglia, scritti per necessità, compiuti nel loro giungere all’ultima pagina, privi di un post, lanciati nel mare magnum del nulla mediatico e poi scordati del tutto in modo che, se poi, per puro caso, magari a distanza di decenni, qualcosa accade, qualcuno entra in contatto, quel singolo, isolato riscontro valga più di mille stupidi, inutili Like.


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