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L'ascesa del Dandi e gli sforzi del Freddo non potranno nulla contro il progressivo disgregarsi dei vecchi compagni di batteria che, inesorabilmente, cadranno uno dopo l'altro, vittime del potere, della vendetta, della vita e della strada che hanno scelto fin da bambini.
E' il tramonto drammatico e terribile di un'epoca. Un passato che il presente, o quello che ne resta, non può dimenticare, prima di andarsene con lui.
In chiusura del post dedicato alla prima stagione di questa incredibile serie, avevo scritto quanto non volessero essere giustificati per le loro vite e le loro scelte, i protagonisti di Romanzo criminale, così come non vorremmo esserlo noi, commossi e lasciati senza fiato dai crescendo segnati dal sangue delle loro esistenze.
Ed è proprio così, in un ultimo respiro di libertà senza spiegazione, che si chiude la storia della Banda.
Si chiude, in qualche modo, dov'era nata, e stringe attorno all'ultimo sopravvissuto delle due batterie un tempo guidate da Libanese e Freddo tutto il calore di quei ragazzi perduti radunati attorno al biliardo del bar, da Franco.
Ma torniamo indietro, quando il tempo era ancora clemente, e forse questi stessi ragazzi avevano motivo di credere di avercela fatta.
Sono gli anni sessanta, e nelle borgate dei poveri c'è un certo Libano sempre in giro con Mario De Angelis non ancora Dandi, pronto a dar man forte al futuro Bufalo, quel bambino che si butta a capofitto anche quando rischia una lezione indimenticabile e pericolosa dal teppistello di zona.
L'inizio di una batteria che sarà l'inizio della Banda. E della fine dei suoi membri.
Aleggia un'aria mortuaria, sui grandi protagonisti della scena criminale romana, dalla notte della morte del Libanese, che aveva sacrificato tutto, di se stesso, affinchè quel gruppo unico crescesse e prosperasse, senza sapere davvero che il sogno era finito ancor prima di cominciare.
E c'è chi emerge, chi lotta, chi si arrende e chi va alla deriva, chi spara e chi intuisce che le armi del nuovo millennio sono ben altre: ma tutto sarà inutile.
Arrivati in cima, non resterà nient'altro che attendere il giorno della sconfitta.
Potrei dire molto, a proposito di questa seconda stagione: dalle differenze più marcate rispetto al romanzo - quasi ovvie, data la mole di avvenimenti descritta dallo stesso, e l'arco temporale abbracciato - ai cambiamenti radicali legati soprattutto ai personaggi femminili - Donatella e Roberta - e al Freddo, definirla meno omogenea della prima eppure più ricca di momenti assolutamente indimenticabili - Bufalo e la bara del Libanese, la fine di Sergio Buffoni, l'incontro tra Fierolocchio e lo stesso Bufalo fuori dalla chiesa, il rapporto tra Gigio e il Freddo, l'incredibile ultimo episodio -, eppure l'unica cosa che mi sento di fare è gustarmi la potenza delle emozioni che è stata in grado di suscitare.
Perchè pur restando il fatto che ritrovarsi sospesi sul filo, con il groppo in gola, per quella che è, di fatto, una banda di spietati assassini e criminali, possa effettivamente risultare disturbante, siamo di fronte ad una delle vicende narrate più umanamente ed intensamente che abbia avuto il piacere di vedere sul piccolo schermo, tanto da scomodare nel cuore del sottoscritto paragoni con l'impatto devastante che ebbe la traversata unica di Lost.
Perchè in realtà, pur essendo criminale, questo romanzo - o meglio, questa serie - non fa altro che raccontare la lotta che si intraprende per poter vivere, una lotta inesorabilmente segnata fin dal principio, perchè per tutti i suoi protagonisti è prevista, in un modo o nell'altro, una fine.
"Si vive insieme, si muore soli", recitava un vecchio adagio dell'isola dei survivors più famosi della storia della televisione.
Ed è così che muoiono tutti i membri della Banda.
Inesorabilmente soli.
C'è chi ha tradito, chi è stato tradito, chi ha conservato la sua identità e chi l'ha venduta, chi è rimasto legato al passato e chi, amaramente, non ce l'ha mai davvero fatta.
Nessuno avrebbe potuto pensare che quei ragazzini scapestrati sarebbero finiti così.
Neppure loro.
Perchè da bambini non si pensa mai che un giorno potremmo anche diventare vecchi, e non avere più nessuno, attorno, che riconosca la nostra esistenza.
E' in quei casi che si trova la forza, la rabbia, il dolore, il furore, la passione per ruggire di nuovo, e ricordare alla vita che ci siamo stati anche noi.
Con i nostri mezzi, i nostri limiti, il nostro cuore.
"Io stavo col Libanese!", grida una voce furiosa, dritta al futuro.
E' l'ultimo capitolo del suo romanzo, e chiunque lui sia, è certa una cosa: se lo sarà guadagnato.
Perchè si possono infrangere tutte le regole, vivere ai margini, essere malvagi.
Ma la vita non si può rubare. Si può solo vivere.
E tutti, tutti noi abbiamo diritto alla parola fine.
MrFord
"Liberi liberi siamo noi
però liberi da che cosa
chissà cos'è?.......chissà cos'è!
Finché eravamo giovani
era tutta un'altra cosa
chissà perché?.......chissà perché!
Forse eravamo "stupidi"
però adesso siamo "cosa"...
che cosa....che?.....che cosa...se!..?...
"quella voglia", la voglia di vivere
quella voglia che c'era allora...
chissà dov'è! ........chissà dov'è!?"
Vasco Rossi - "Liberi liberi" -
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