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Lo stesso regista milanese Marco Tullio Giordana, allora studente diciannovenne, era in tram vicino Piazza Fontana alle 16:47 del 12 dicembre 1969, abbastanza da sentire l'onda d'urto dell'esplosione e potersi immediatamente recare a vedere cos'era successo alla sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura. Vicenda che dopo 43 anni lui per primo, scrivendola insieme agli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia, ha deciso di raccontare, oggi che questa strage "... ha dei colpevoli ma non dei condannati" (parole di Giordana che sottoscrivo). Da wiki: "Il 3 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all'ergastolo) scrivendo però nella sentenza che con le nuove prove - emerse nelle inchieste successive al processo milanese nel 1972 e alla definitiva assoluzione nel 1987 - gli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura sarebbero stati entrambi condannati. Attualmente non vi è alcun procedimento giudiziario aperto in quanto la condanna arriva tardiva, oltre al terzo grado di giudizio.".
Diviso per capitoli come appunto un romanzo, si parte dall'autunno del 1969 passando per il famoso 12 dicembre, poi al 15 dicembre quando dopo tre giorni d'interrogatorio in questura senza né mangiare né dormire Giuseppe Pinelli "cadde" da un ufficio del 4° piano nel cortile, per finire al 17 maggio 1972 quando Luigi Calabresi venne assassinato da militanti di Lotta Continua dopo una feroce campagna accusatoria a mezzo stampa attuata nei suoi confronti. Raccontare tutta la vicenda ora sarebbe opera lunghissima, eppure il film ci riesce bene a condensare in poco più di 2 ore un notevolissimo numero di protagonisti diretti e indiretti, in un contesto corale che rende le cose, sempre molto complicate, veramente semplici da seguire. E' un grandissimo merito.
Aver incentrato la vicenda soprattutto sulle figure di Calabresi e Pinelli (ottimamente interpretati nell'ordine da Valerio Mastandrea e Pierfrancesco Favino), entrambi vittime a posteriori della Strage, è stato intelligente e storicamente interessante. Non sapevo, come penso buona parte degli italiani, che i due si conoscessero bene, da prima del 12 dicembre. Emerge tra loro non certo un'amicizia, ma una forma di rispetto reciproco, in un certo qual modo di fiducia, avallata da un fatto che è documentato: Pinelli, durante la retata che fecero degli anarchici la sera stessa dell'attentato, si recò in questura col suo motorino, seguendo il cellulare della polizia che non aveva più posto per ospitarlo. Le storie di due uomini sono più facili da ricordare che non un guazzabuglio di intrighi semplicemente enunciati. A sottolineare l'intento la rappresentazione della loro vita familiare con le rispettive mogli. Anche in questo caso, per quanto brevi, ottime le prestazioni di Laura Chiatti e Michela Cescon nei panni di Licia Pinelli e Gemma Calabresi. (Merita ricordare che le due donne s'incontrarono nel maggio 2009 grazie ad un'iniziativa del presidente Giorgio Napolitano, un evento che personalmente mi commosse profondamente).
Non voglio farla troppo lunga. Film eccezionale, con un grandissimo cast di attori italiani tutti al loro meglio. Regia e sceneggiatura di livello assoluto, nelle scene di azione come nei dialoghi. Da cineteca a mio parere tutta la rappresentazione dell'attentato. Un meraviglioso ritorno del cinema che fa inchiesta, che si espone, narra fatti difficili e scomodi, come se ne faceva una volta. Per idee personali non posso dargli l'Olimpo, causa una omissione importante: non si fa cenno della scandalosa "Lettera aperta a l'Espresso sul caso Pinelli". Certo, qualcosa può sfuggire con tante cose da raccontare, ma questa lettera proprio non poteva, e citarla, prima di vedere steso in terra Calabresi, era fondamentale secondo me.
Al cinema in questi giorni, visione consigliatissima.
Robydick
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