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Romics. Non chiamateli fumetti.

Creato il 03 ottobre 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

Entrare in mondi paralleli. Mondi veri: con abitanti obbedienti a proprie leggi biologiche, con città regolate dalle proprie leggi e dai propri costumi sociali. Complesso, quanto la realtà odierna.

Sono mondi che si scoprono vivendoli. Si impara a viverli, a comprenderli. Talora sono mondi in cui ci si rifugia, guidati dalla voglia di entrare in una realtà in cui ogni essere sembra avere maggior consapevolezza di sé, sembra essere in grado di leggere le regole del gioco e giocare.

Non c’è sempre il fair game. Ma ognuno di noi può giocare perché sa che, al contrario della realtà in cui viviamo, le regole si possono imparare .

Romics. Non chiamateli fumetti.

Esistono quei rari momenti in cui questi mondi paralleli penetrano nella nostra realtà. Non solo quando li leggiamo, li vediamo, li immaginiamo. Esiste un giorno in cui in modo pervasivo e prorompente il mondo dei fumetti diventa realtà.

Il Romics è quel mondo in cui la superficialità, la forzata razionalità e la razionalizzazione, il workaholism e ogni forma di criterio di value for money sono osteggiati come un cancro.

Romics. Non chiamateli fumetti.

Incontrare in un sol giorno Capitan America, Rubber, Naruto e Seshomaru. Sfoderare la Light Saber dei cavalieri Jedi (e fare una foto con i Jedi). Vedere Light Yagami ed Elle scattarsi una foto insieme. Cercare il Tex o il Diabolik mancante. Prendere lezioni di spada, potendo scegliere tra sciabola, spada e spadino o spada a due mani. O semplicemente vedere Toy Story 3, mangiando marshmallows. E poi naturalmente i Cosplay.

Romics. Non chiamateli fumetti.

Sentire di condividere il medesimo linguaggio. Il disegno raffinato dei manga, la complessità delle saghe fantasy. Il mondo degli Shinigami.

Una letteratura leggibile dai piccoli. Divorata dai grandi.

Certo tanti mancavano. Inoltre, gli eventi sembravano lasciare poco spazio ai manga giapponesi e ai “nostri” fantasy.

Ma intanto, per un giorno, questo mondo è una realtà in cui tutti noi sognatori di mondi possibili spacchettiamo quel piccolo nucleo di disagio che nascondiamo sui nostri comodini. Questo mondo spesso osteggiato, spesso trascurato, o semplicemente non conosciuto.

A fine giornata resta un po’ di amarezza perché è finito. Perché è stato breve. Perché non ho incontrato il Sergente Sousuke Sagara. Ma mi consola aver portato con me un frammento di quel mondo. In quella busta bianca poggiata sul sedile del treno verso casa, custodisco gelosamente il primo volume di Sin City. La porta di quella che è semplicemente un’altra realtà.


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