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In cima a un altipiano dell'entroterra spaccato dalla fenditura della gola di El Tajo, a più di 700 metri di altezza, si erge Ronda, una delle più antiche città spagnole, la cui storia inizia secoli prima dell'era volgare. La Ciudad, il centro storico, risale in gran parte al periodo della dominazione araba, quando la località era un importante centro culturale brulicante di moschee e palazzi. Ronda era una delle mete preferite degli scrittori romantici di fine '800, quelli che sulle orme di un Goethe, antesignano quanto a sete di conoscenza, si sono messi in cammino per il "Grand Tour", quel lungo viaggio attraverso l'Europa continentale che poteva durare mesi e anche anni di pochi fortunati per censo e cultura. E di Ronda parlano Washington Irving nei suoi "Racconti dell'Alhambra, Richard Ford, Georges Borrows.
E da qualunque parte si guardi, dal Puente Nuevo di fine XVIII° secolo che sovrasta la gola attraversata dal fiume Guadalevìn o dal Ponte Vecchio detto anche Ponte Arabo del 1500, gli scorci panoramici risultano sempre straordinari. Facilmente intuibile il fascino esercitato dalla cittadina sugli scrittori romantici che hanno un rapporto privilegiato con la natura nelle sue manifestazioni più estreme e ne attingono grande ispirazione.
La città vecchia è circondata dalle massicce mura di una fortezza con due porte di accesso: quella araba del XIII° secolo e la cinquecentesca porta di Carlo V°. All'interno della Ciudad, una volta ancora, la pianta tipica della città araba con l'intricato dedalo di viuzze strette, mentre sono rinascimentali i palazzi delle potenti famiglie che sostennero Ferdinando il Cattolico quando nel 1485 conquistò la città.
Per gli appassionati dello spirito Ronda offre numerose chiese, fra cui in piazza la chiesa Santa Maria la Mayor sorta come al solito sulle fondamenta di una moschea; per gli "aficionados" di tauromachia, l'imperdibile arena di Ronda, inaugurata oltre 200 anni fa, fra le più rinomate di Spagna e teatro di corride memorabili. Foto di Hemingway e toreador si sprecano ovunque. Ubicato in un luogo dal nome altisonante, la Casa Palacio de los Condes de la Conquista del 1700, visitiamo il Museo Lara, dal cognome del suo proprietario, collezionista praticamente di tutto dall'età di 10 anni. Forse esagerando, viene presentata come la collezione privata più importante di Spagna, ma più che a una esposizione museale ho pensato a una gigantesca caverna di Alì Babà in cui, sala per sala, senza fascino particolare tale è la quantità degli oggetti, vengono presentati: orologi, armi, strumenti musicali, carrozze, macchine da cucire, macchine da scrivere, macchine fotografiche, vecchie fotografie, vecchi film, strumenti di tortura del tempo dell'Inquisizione, erbe magiche e medicamentose fra cui spicca in primo piano "la mandragora"erba velenosa e allucinogena indispensabile nell'armamentario di chi esercita poteri magici e altro ancora. Bella la collezione di "habanicos", i ventagli. Una scheda spiega che si tratta di una tradizione millenaria, iniziata con quelli enormi di piume degli antichi egizi, di cui credo godessero solo il faraone e altri pochi eletti. In Cina invece era un piccolo oggetto personale di carattere più estetico che funzionale, fabbricato nei più diversi materiali, seta, carta dipinta, piume, canne di bambù. Ma è nel 600 dell'era volgare che un artigiano giapponese inventa il ventaglio pieghevole, sbarcato in Europa quasi mille anni più tardi e che usiamo ancora ai giorni nostri; in Spagna non ne parliamo, c'è una catena di negozi che vende solo ventagli, antica aria condizionata manuale.Vale certo la pena di visitare un altro museo, quello municipale di Ronda, ovvero Palacio de Mondragòn, sintesi di più stili architettonici delle varie epoche. Al di là dei reperti archeologici esposti che risalgono fino al secondo millennio prima dell'era volgare, al di là di sculture di riti funerari romani e arabi, è la costruzione stessa, iniziata nel 1313 per Abomelic signore di Ronda, ad essere superba con i suoi cortili interni e le sue fontane e col suo giardino in cima a un dirupo che si apre sulla vallata.
E poi, e poi, e poi, un'occhiata a quei timidi garofani su un davanzale, rossi come il sangue delle arene e le mantiglie, a quel rumeno che solitario suona melodie appassionate, a quelle parole scritte su un muro da un innamorato poeta. Per i bambini sono gli ultimi giorni di scuola, per noi il tempo di dire arrivederci a questa magica Andalusia!
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