“Have you ever thought,” he said after a moment, “that perhaps … all of this could have happened before? That the people of the Time Before, no matter how weak we think them, that they were only making the mistakes of their ancestors, and that we, in turn, are only making the same mistakes as them? Technology or no? That the time changes but people do not, and so we are never really moving forward, only around a bend? That the world only ever turns in circles. Do you think that could be so?”
She met his gaze, fascinated. “I don’t know,” she said. “But even if that’s true, then don’t you think there is always someone who can change it? Who could break the pattern? Or who could try? If they chose to. Don’t you think that has to be true as well?”
“Yes,” he said, “I do think that.” The tiny fire went out, leaving only the candles. “And I would help you.”
“You are helping me,” she said, voice small. “Isn’t that our agreement?”
“You know that is not what I mean. I would help you.”
“Rook” è uno standalone, post-apocalittico, distopico, con un pizzico di retelling di Sharon Cameron, una piccolo chicca che probabilmente non avrei mai letto se non fosse stato per Lorena di Petrichor che prima ne aveva parlato in uno dei suo Cover Lovers (la cover infatti è meravigliosa e se non mi avesse convinto la trama, lo avrebbe fatto lei), e poi mi ha chiesto di farlo diventare il protagonista di uno dei nostri buddy reading. Il libro unisce una marea di cose, tanto da diventare un’opera a sé, originale e speciale, ancora di più visto che è ambientato in Europa, tra una Parigi sconvolta e un’Inghilterra ancora più sconvolta. Un libro che mi è piaciuto proprio tanto, come non avrei mai creduto possibile.
La storia ha un modo tutto suo di ripetersi. Nella città sommersa che una volta era Parigi, tutti coloro che si oppongono alla nuova rivoluzione vengono messi alla ghigliottina. Fatta eccezione per coloro che scompaiono dalle loro celle, un corvo di piume dalla punta rossa lasciato al loro posto. E il misterioso Red Rook è un salvatore degli innocenti o un criminale? Nel frattempo, attraverso il mare nel Commonwealth, il matrimonio combinato di Sophia Bellamy al ricchi René Hasard è l'ultima possibilità di salvare la sua famiglia dalla rovina. Ma quando la ricerca del Rook Red arriva direttamente alla sua porta, Sophia scopre che il suo fidanzato non è tutto quello che sembra. Il che è giusto, perché non lo è neanche lei. Più Red Rook cresce audace più la posta in gioco diventa alta, Sophia e René si ritrovano bloccati in un gioco seducente tra gatto e topo.
Amo l’idea del retelling, e l’idea alla base di questa storia fa appello alla mia base più scientifica e nerdona, e devo dire che la spiegazione nelle note finali della Cameron aiuta la comprensione della storia. Certo potrebbero apparire durante la lettura poco chiare le premesse su cui si fonda la società della “Sunken City”, la città delle luci, questa Parigi distopica dominata da due pazzi isterici. Ma devo dire che la storia principale, pone completamente in secondo piano il perché e si naviga sul come, e il dove. L’Europa è un mondo dominato da una violenza inaudita e un clima di terrore da post rivoluzione francese, la base del retelling. Vige la legge di “non tecnologia”, tutto quello che è macchina o prodotto da una fabbrica è abolito. Persino gli orologi sono proibiti alla popolazione comune. Il worldbuilding è molto curato, l’atmosfera in cui i protagonisti si muovono è descritto in maniera spettacolare e credo che l’intuizione della Cameron di cancellare la memoria del passato, di quello che è accaduto prima della “Grande Morte” sia stata molto azzeccata. Diventa allora difficile capire cosa sia reale e cosa una fantasia tramandata di bocca in bocca. La perdita della tecnologia digitale, dei computer e di tutto ciò che la tecnica ci ha regalato fino ad ora ha portato il mondo sull’orlo del collasso. Ma la cosa più interessante che investiga la Cameron è proprio come, per certi versi, la storia si ripeta sempre. L’umanità sembra ripercorrere gli stessi errori, arrivare alle stesse conclusioni. E quando il clima di terrore è troppo intenso ecco che è facile insinuare un mito, che prende piede e si evolve per diventare un simbolo.
La narrazione in terza persona permette all’autrice di scivolare abilmente da un punto di vista ad un altro, con abilità e senza sconvolgere gli equilibri della vicenda. Da un lato allora abbiamo Sophie Bellamy, la promessa sposa, la figlia femmina di cui si può fare a meno e che si può dare in sposa ad un perfetto sconosciuto per salvare le finanze della famiglia, indebitata fino al collo e messa alle spalle al muro dai creditori. Ma Sophia è molto più di questo, è una sognatrice, una idealista, una ragazza che crede nella giustizia e che non ha nessuna intenzione di lasciare al loro destino gli abitanti della città in cui ha vissuto fin da bambina. Sophia non è la classica protagonista tutta forza irreprensibili e atteggiamenti maschili. Sophia è anche fragile, una donna, che soffre e ama, che non si lascia intimidire dal mondo maschile in cui si ritrova a vivere, e anzi ne prende il meglio, rivisitandolo e usarlo a suo vantaggio.
D’altra parte abbiamo René Hasard (e concedetemi un momento di fangirlismo estremo perché l’HO ADORATO) che si presenta inizialmente come il classico dongiovanni, un personaggio minore a cui quasi non dai peso, e che inizi anche a non sopportare, ma che poi, si smaschera, per scoprire il suo vero volto. Intelligente, attento, percettivo, insofferente, un abile ladruncolo, uno di quei scopritori di misteri che tanto mi sono cari. René è affascinante, affabile, ma anche capace di sporcarsi le mani. L’uomo di mondo con la giacca di broccato dorato e i capelli imbellettati di cipria (Francia di fine settecento signori) o l’uomo dai folti capelli rossi che si arrampica sui muri e finisce sempre per capire cosa nasconde Sophia, perché la conosce meglio di chiunque altro. Un personaggio a tutto tondo, che non manca di niente, che sconvolge ad ogni pagina e che d’altronde finisce per conquistare il cuore di tutti.
Non posso non citare Tom il fratello di Sophia che è quanto di più speciale possa essere, uno studioso, un inventore, che pure non esita a sacrificarsi per il bene della sorella. Spear il loro migliore amico/guardia del corpo/complice che mi ha fregato completamente e che avrei voluto prendere a cazzotti. E poi la famiglia di René, cioè FENOMENALI tutti. Tutto il corollario dei personaggi secondari è super vario, molto interessante e tutti con un ruolo ben specifico.
Non manca certo il the Villain della situazione, LeBlanc il fautore della rivoluzione, il pazzo visionario che muove le file del terrore, il Ministro della sicurezza, che assume sempre più potere in un crescendo di follia che lo porterà a credere al Fato e alla fortuna: “Fate is our true Goddess and Luck is her handmaiden.” Ne nasce allora un culto, affascinante da leggere e una predisposizione al crollo che pure cerca di impedire a tutti i costi.
Solitamente i grandi libri postapocalittici o distopici prendono come ambientazione l’America, invece qui la Cameron, come già detto più volte sceglie l’Europa e in particolare Parigi e le coste dell’Inghilterra, ribattezzata Commonwealth. Le ambientazioni sono meravigliose, a partire da Les Tombs, le prigioni, la Senna e i vicoli angusti dove i poveri si disperano per la loro libertà. La residenza dei Bellamy poi è un mondo a parte, incredibilmente affascinante.
Il particolare da non dimenticare? Una bottiglia di plastica…
Una storia affascinante, un universo distopico ricchissimo, dei protagonisti meravigliosi, uno stile avvincente, una trama ben congeniata, rendono “Rook” una storia da leggere e rileggere, di cui innamorarsi di nuovo ad ogni passaggio, con un René prorompente, Sophia una eroina coraggiosa e fragile e una nazione che cerca di salvarsi dalla follia. Straordinario.
Buona lettura guys!