La comicità è di casa alla Sala Hárpago di Catania. Prosegue, infatti, con “Donne” di Rosalia Porcaro, la rassegna “Prima2012″ organizzata da “ilgattoblu” ed arrivata al suo terzo appuntamento. L’artista napoletana viene introdotta da un monologo del responsabile artistico Gino Astorina che, in realtà, più che fare una breve presentazione, dà vita ad un vero e proprio “spettacolo nello spettacolo”. Astorina chiacchiera col pubblico (per ovvie ragioni pratiche soprattutto con quello delle prime file), prende persino qualcuno in giro ripetutamente, scatenando l’ilarità dei presenti, e, facendo abbondante uso del dialetto catanese, parla del più e del meno, del tempo, di come ha passato le vacanze natalizie, del suo cenone di capodanno. Ovviamente, il tutto con la sua solita carica di ironia che trasforma l’introduzione in un vero e proprio mini-spettacolo di cabaret che l’uditorio gradisce molto, forse anche più di quanto gradirà in seguito lo show principale. L’atmosfera è molto informale, gli astanti (non più di 200 persone), seduti attorno a dei tavolini dove si possono avere per vicini anche dei perfetti sconosciuti, vengono coccolati con un piccolo rinfresco offerto dal locale a base di vino e biscotti. Quando Rosalia Porcaro entra in scena, non interpreta ancora nessun personaggio ma nel ruolo di sé stessa cerca di rompere il ghiaccio facendosi “tradurre” dal pubblico alcune espressioni dal napoletano, suo dialetto, al siciliano, e racconta alcune sue peripezie in chiave comica di quando si era messa in testa di fare la escort. Dopo un breve cambio di scena, la Porcaro inizia ad interpretare quei personaggi che, nel corso degli anni, ha portato in varie trasmissioni televisive. Si comincia con Veronica, operaia napoletana in una fabbrica di borse, che racconta del suo lavoro (ovviamente, in nero) e del rapporto col suo principale, attraverso aneddoti divertenti ma che fanno riflettere perché rispecchiano purtroppo alcune situazioni lavorative che esistono anche nella realtà. Veronica ci parla del suo fidanzato e del litigio avuto con la suocera durante la scelta delle bomboniere… e qui assistiamo ad un veloce travestimento che porta alla ribalta proprio la suocera di Veronica, la signora Carmela. Quest’ultima prosegue nel raccontare dal suo punto di vista la storia delle bomboniere a forma di polipo e del conseguente matrimonio, e ci parla anche di politica, del nuovo e del vecchio premier italiano.
Successivamente entra Barbara Foria che, da brava presentatrice, introduce la nuova identità della Porcaro: Natascia, cantante neomelodica, tra i cui successi più popolari ci sono brani dai titoli assurdi, tra cui il più famoso è “Sesso senza cuore” (che esige il coretto di risposta degli spettatori). La Foria intervista a lungo Natascia, e le risposte di quest’ultima risultano sempre divertenti in quanto giocano sui doppi sensi e sulla storpiatura delle parole (sulla falsariga di Nino Frassica); rimasta poi sola sul palco, la cantante risponde alle telefonate “da casa” e, in qualità di fondatrice di un’associazione dedicata agli amanti degli uomini sposati, dà consigli a chi le pone domande sull’argomento… salvo nella maggior parte dei casi ordinare alla regia di chiudere la chiamata perché ciò che le viene chiesto le sembra assurdo; segue, infine, un ulteriore momento di interazione coi presenti, in cui Natascia chiede se qualcuno vuole da lei suggerimenti sul tema, anche se purtroppo quasi nessuno ne approfitta. Ultimo personaggio, la signora Assundham, una donna talebano-napoletana che racconta, sempre spalleggiata dalla Foria, con umorismo dal retrogusto amaro com’è la vita a Kabul tra lapidazioni, burqa e altre discriminazioni della figura femminile. Lo spettacolo risulta sicuramente gradevole, si ride e gli sketch sono simpatici (il più riuscito e divertente è probabilmente quello che vede protagonista Natascia); da rilevare però una certa freddezza da parte del pubblico, che forse non apprezza troppo l’uso, comunque saltuario, del dialetto napoletano da parte dell’attrice, che all’orecchio non allenato può far perdere qualche passaggio e sfuggire qualche battuta.