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Rosaspina la celtica contadina

Da Fiaba


Venerdì 29 Marzo 2013 23:13 Scritto da Silvana

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Si narra qui la leggenda di due folletti appartenenti alla stessa tribù ma rivali in amore.

Kant sfoggiava la giacchina rossa bordata di sette fili di bottoni e sette bottoni per fila.

La ravvivava ancor di più con il purpureo delle orecchie poiché questo gli accadeva quando, in verità spesso, si adirava, inoltre balzava su di un muro girando a mulinello stando in equilibrio su una delle tre punte del cappello.

A kantaki di file ne restavano tre soltanto per via che si abbuffava e vederlo era un portento.

Di natura pacioccosa, sorridente, canterina, poeta ardito amava sera e mattina quest'unico verso intonare al sole e alla luna: " Oh sole astro splendente, non mi far cadere un solo dente.

Oh luna che lassù brilli, fammi udire il canto di cicale e grilli".

La passione che rivali li rendeva si chiamava Rosaspina.

Una celtica contadina dal volto rubicondo e contornato da trecce color biondo, dall'aspetto nerboruto e carattere risoluto.

Ella mungeva le mucche ignara della contesa che alle sue spalle si disputava.

I due presero come campo di battaglia la cucina del pastore Joannes Cardeja.

Ogni notte egli sentiva il fragore dei colpi sventati sulle pentoline e pile, di tazze e piatti frantumati e sul tavolo passi di quadriglia, ce n'era di che morir di bile!

Sette giorni resistette a questo parapiglia prima dall'esser consumato come fuoco di paglia.

Decise di porre fine alle notti insonni e al raccattar delle stoviglie i cocci perché, come dire anche un prete perde le staffe e bestemmia in separata sede poiché non è morale confacente della devota ipocrisia del pulpito dar adito ai credenti di mancar di fede e dovuta scortesia.

L'ottavo dì si recò dov'ella trebbiava giacché l'ora era del desinare, la trovo nel fienile a ristorarsi, a piene ganasce una pagnotta farcita addentava e da una pinta del buon rosso beveva.

Nel sentire il parroco narrare, un fremito come grancassa la fece vibrare, gli occhi presero come ventagli a sventolare e le mani a torcersi come voler una gallina sgozzare.

Inviperita, rispose: "Come osano senza consenso farmi oggetto di contesa".

Accettò all'istante l'invito di presentarsi la sera stessa allo strampalato convito.

Quando i due folletti udirono dalla stridula voce il suo diniego di far la scelta e convolare a giuste nozze, la sollevarono come un fuscello e rimbalzar la fecero in più zozze pozze ed infine la gettarono nel trogolo del porcello.

Continuarono a girovagar per il tondo mondo in cerca di nuove avventure tra verdi pascoli e fresche alture e a battersi ancor per altre mille e più contadinelle.

A Rosaspina l'olezzo gli rimase come unico compagno ma per nulla gli venne lo sghiribizzo di farsi un bagno e rabbonir il carattere focoso con un sorriso gioioso.

Rimase da quest'esperienza imbetita e prese a girar tra dita una sottile cordicella, per questo rimase zitella.

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