Ricordate il film “Qualcuno volò sul nido del cuculo”? Un fantastico Jack Nicholson veste i panni di Randle McMurphy, un delinquente che viene spedito da un campo di lavoro carcerario in un ospedale psichiatrico al fine di valutare la sua presunta malattia mentale. Nell’ospedale però McMurphy, poco incline a rispettare le regole, ha un comportamento anticonformista. I degenti, seguendo il suo esempio, iniziano a ribellarsi alla disciplina imposta e ad esprimere liberamente i propri problemi e bisogni in quanto capiscono che non solo solamente dei “malati di mente” ma delle persone. La “variabile impazzita e incontrollabile” McMurphy, dopo un particolare episodio, viene dichiarata pericolosa e ridotta ingiustamente allo stato vegetativo tramite un trattamento di lobotomia.
Ma non tutte le storie sono dei film. Purtroppo la lobotomia negli anni ’40, e non solo, veniva praticata su persone sane di mente ma considerate troppo emancipate, libertine, poco incline alle regole o un problema. Ed è il caso di Rosemary Kennedy, che tanto mi ricorda McMurphy, la quale fu lobotomizzata all’età di 23 anni e ridotta ad uno stato quasi vegetativo.
Rosemary è stata per tanti anni il segreto della famiglia Kennedy. Nata a Brookline il 13 settembre 1918 è stata la terza figlia di Joseph P. Kennedy e Rose Fitzgerald. Sin da piccola la sua famiglia la considerò come una ritardata mentale in quanto aveva difficoltà nell’apprendimento, forse a causa di una probabile dislessia. La sua famiglia, e in particolar modo la madre, tentò di darle una vita normale facendola partecipare a feste da ballo, organizzandole viaggi e comprandole vestiti. Tutta l’eccezionale vitalità e sensibilità di questa donna sono documentate nei suoi diari, scritti prima della lobotomia, in cui vengono raccontate queste esperienze. Il suo comportamento però non rispettava le regole della “perfetta signorina di buona famiglia” poiché aveva scoppi di ira, momenti di ribellione e crescendo si mostrava incline a una libertà sessuale che spaventava il padre, poiché un comportamento del genere e le sue possibili conseguenze avrebbero potuto nuocere alla carriera politica dei figli John, Robert ed Edward.
Così a 23 anni, nel 1941, ad insaputa della moglie, Joseph P. Kennedy fece lobotomizzare la figlia Rosemary, tramite un trattamento barbaro il quale veniva praticato spesso senza anestesia e con dei punteruoli simili a dei rompi ghiaccio.
Rosemary, ridotta ad uno stato quasi vegetativo, fu rinchiusa in un istituto di igiene mentale. Per anni si cercò di nascondere la verità sulla triste sorte toccatale: venne detto che era diventata suora di clausura e successivamente che lavorava con i minorati mentali.
Negli anni ’60 la verità iniziò a venire a galla e la sorella minore Eunice iniziò un’opera di riscatto della famiglia: trasformò la fondazione Joseph P.Kennedy Jr in un ente benefico a favore dei ritardati mentali; nel ’68 lanciò le “Olimpiadi Speciali” riservate alle persona con malattie mentali; dagli anni ’80 in poi convolse la sorella Rosemary in alcuni meeting familiari.
Si è sempre cercato di far passare la lobotomia di Rosemary come un atto di amore e carità nei confronti di una figlia affetta da un –lieve- disturbo mentale.
Rosemary morì a 86 anni, il 7 gennaio 2005, a Fort Atkinson nel Wisconsin in un istituto per disabili.
La sua tragica storia è stata documentata e raccontata nella biografia non autorizzata “Le donne Kennedy: la saga di una famiglia americana” di Laurence Leamer.
Purtroppo quella di Rosemary è una delle tante storie di persone lobotomizzate perché fastidiose. In America andava quasi di moda lobotomizzare sia uomini che donne, negli anni ’40, la lobotomia transorbitale si diffuse con tanta energia che si passò dai 500 ai 5000 interventi eseguiti ogni anno nei soli Stati Uniti. La lobotomia in America divenne così popolare da essere pubblicizzata apertamente come comodo rimedio ai più diffusi casi di disagio mentale.
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