Sono “solo” 429 milioni i chilometri che separano la sonda dall’ESA Rosetta e la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko dal Sole. La sonda, partita 10 anni fa dalla Terra è oggi distante dal nostro pianeta 522 milioni di chilometri, tanto che il segnale radio con il quale trasferisce i dati raccolti al centro di controllo di Darmstadt in Germania, impiega ben 29 minuti e 2 secondi per percorrere questa distanza.
Questa mattina Rosetta si trovava a 30 chilometri dalla cometa 67/P e sul social network, in 140 caratteri, ha annunciato che nel corso di questa settimana cercherà di ridurre la sua orbita a 20 chilometri di distanza. L’incontro al perielio (cioè il massimo avvicinamento al Sole) avverrà il prossimo 13 agosto 2015, quando passerà a 183 milioni di chilometri dalla nostra stella madre, in un’orbita tra la Terra e Marte.
La missione dell’ESA andrà avanti fino agli ultimi giorni dell’anno 2015, quando la cometa si troverà a 2 unità astronomiche dal Sole nella fase di allontanamento. Gli esperti, però, ipotizzano che i pannelli solari di cui è dotata la sonda avranno energia per altre due unità astronomiche e ciò vuol dire che potremo seguire la cometa fino a metà 2016 per poi perderla del tutto. Nel corso dei prossimi mesi, durante tutta la fase di escort, gli strumenti a bordo dell’orbiter effettueranno misure per monitorare l’attività del nucleo e studiare i cambiamenti che l’attività erosiva indurrà sulle strutture morfologiche superficiali. Per dirla in parole povere: man mano che 67P si avvicinerà al Sole sarà possibile finalmente vedere la sua “coda”, che tanto affascina i suoi osservatori. I tecnici, inoltre, sperano che nelle fasi di avvicinamento il Sole riesca a ricaricare le batterie di Philae in modo tale che si possa risvegliare e riprendere la sua missione, interrottasi lo scorso 15 novembre.
Gli strumenti a bordo del piccolo lander hanno fatto però il loro dovere e gli esperti continuano ad analizzarne i dati. Alle 16:20 GMT del 12 novembre scorso (momento dell’accometaggio) il lander potrebbe essersi scontrato con un ostacolo sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, molto presumibilmente con il bordo di un cratere. A dirlo è Hans-Ulrich Auster, co-investigatore principale di ROMAP (Rosetta Magnetometer and Plasmamonitor onboard Philae) del politecnico di Braunschweig (Germania). Questo strumento (uno dei 10 a bordo del gioiellino dell’ESA) viene utilizzato dai ricercatori e dagli ingegneri per ricostruire la traiettoria che ha seguito Philae durante l’accometaggio: vengono sfruttati i deboli campi magnetici prodotti dai circuiti elettrici di Rosetta e Philae che possono essere preziosi come l’oro per fare luce nel mistero della discesa e della posizione precisa del lander (ancora non si sa dove si trovi).
Gli scienziati sono stati in grado di tracciare una tabella di marcia di ciò che è avvenuto quel giorno. La separazione dalla sonda madre Rosetta è stata confermata tramite dal decadimento dei disturbi magnetici mano a mano che Philae se ne allontanava: in quel momento il lander effettuava una rotazione su se stesso ogni 5 minuti. I piedi di atterraggio sono stati posizionati con successo provocando un aumento del periodo di rotazione a 8.5 minuti. Durante le lunghe 7 ore di discesa tutte le misure sono state “nominali” (come si dice in gergo) e ROMAP ha registrato il primo contatto alle 15:34:04 GMT (tempo di bordo). Come detto ovviamente il segnale ha poi impiegato altri 28 minuti a giungere a Terra ed è stato confermato alle 16:03 GMT.
Lo strumento OSIRIS (Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System), a bordo di Rosetta, è riuscito a cogliere i 30 minuti che hanno preceduto l’accometaggio. Dopo il primo touchdown, la velocità di rotazione ha iniziato a salire, perché quando il lander è rimbalzato la prima volta sulla superficie il volano di stabilizzazione interno è stato disattivato e nei 40 minuti successivi il periodo di rotazione è sceso a soli 13 secondi. Successivamente sarebbe avvenuto l’impatto con il bordo del cratere: i tecnici hanno da subito pensato che questo touchdown sia avvenuto con una “gamba ” sola grattando – in un certo senso – la superficie del cratere. In seguito, alle 17:25:26 GMT, Philae ha toccato nuovamente la superficie, all’inizio con una sola zampa e dopo con tutte e tre, dando il tipico segnale del touchdown verticale (cosa che non era avvenuta precedentemente). L’ultimo e definitivo segnale è arrivato dopo aver percorso pochi metri, alle 17:31:17 GMT, quando Philae ha raggiunto la sua posizione finale – sconosciuta al momento.
Quattro immagini della cometa 67P ottenute dalla NAVCAM a bordo di Rosetta lo scorso 26 novembre. Crediti: ESA/Rosetta/NAVCAM – CC BY-SA IGO 3.0
Questa che vedete qui sopra è l’ultima immagine scattata dalla sonda Rosetta alla cometa 67P. Si tratta di 4 scatti uniti dal team dell’ESA in un collage unico nel suo genere. Osservando l’immagine in basso a sinistra e quella in basso a destra (rispettivamente la prima e l’ultima del photoshot) i tecnici hanno rilevato che la rotazione della cometa è stata notevole nei 20 minuti che sono stati necessari alla NAVCAM per riprendere la scena. In questi scatti ad alto contrasto è possibile osservare che la cometa mostra una certa attività, la famosa fuoriuscita di gas e polvere. Questa versione a maggiore contrasto dà risalto anche a particolari e dettagli di alcune delle regioni in ombra che di solito non possibile osservare.
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Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni