I nuovi risultati, che vengono pubblicati in un articolo sull’ultimo numero della rivista Science, sono basati su 138 misure raccolte dallo strumento ROSINA (Rosetta Orbiter Spectrometer cor Ion and Neutral Analysis) a bordo di Rosetta tra il 17 e il 23 ottobre scorso, quando il veicolo spaziale orbitava a circa 10 km dal centro della cometa.
«Identificare le zone dove si trova l’azoto molecolare ci permette di fissare vincoli stringenti sulle condizioni in cui si è venuta a formare la cometa, poiché questo composto richiede molto basse per essere intrappolato nel ghiaccio», dice Martin Rubin dell’Università di Berna, primo autore dello studio.
La cattura di azoto molecolare nei ghiacci presenti nella nebulosa protosolare dovrebbe essere avvenuta a temperature analoghe a quelle richieste per l’intrappolamento di monossido di carbonio. Così, gli scienziati hanno confrontato il rapporto tra azoto molecolare e monossido di carbonio sulla cometa a quello della nebulosa protosolare, come calcolato sul rapporto tra azoto e carbonio misurato su Giove e nel vento solare.
Tale rapporto per la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko risulta essere circa 25 volte inferiore a quello del valore ricavato per l’ambiente di formazione del Sistema solare. Gli scienziati pensano che questa diminuzione possa essere una conseguenza della formazione di ghiaccio a bassissime temperature nella nebulosa primordiale.
Un altro interessante aspetto legato alla presenza di azoto nella cometa è il ruolo che questi corpi celesti possono aver avuto nel disseminare questo elemento chimico sui pianeti del Sistema solare, Terra inclusa.
«Così come abbiamo indagato per conoscere il ruolo delle comete nel rifornire di acqua la Terra, vorremmo trovare vincoli sul rilascio di altri ‘ingredienti’, in particolare quelli che costituiscono i mattoni della vita, come l’azoto», dice Kathrin Altwegg, sempre dell’Università di Berna, Principal Investigator per ROSINA.
Le indagini condotte, basate sui rapporti sui rapporti di due isotopi dell’azoto, 14N e 15N, indicano però che le quantità di questo elemento nell’atmosfera terrestre non possono essere completamente spiegate attraverso il meccanismo del rifornimento da parte di comete come quella che sta studiando Rosetta.
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani